In questi giorni, sui social, si sono sprecati i post su Mario Draghi. In pochissimo, Draghi è diventato trend topic ovunque: Facebook, Instagram, Twitter (forse manca solo Tik Tok, ma non me la sentirei di escluderlo).
Articoli di opinione, post e didascalie non sono mancati. Anche i meme si sono sprecati: molte vignette e caption umoristiche hanno dipinto Draghi come il nuovo Chuck Norris, capace di compiere prodigi fin dalla tenera età, di dividere le acque o moltiplicare i pani e i pesci.
Qualcun altro, più incline al “gombloddo” e alla solita tiritera dei “poteri forti e delle banke!”, invece, non approva questa figura, e tenta di informarsi su qualche sito del calibro di “noncielodikono.org”, per poter fare bella figura nei dibattiti sotto l’ennesimo post della Meloni.
Tipico dell’opinione pubblica italiana: dividersi in fazioni e ragionare come membri di tifoserie, quando sarebbe molto più costruttivo e proficuo analizzare la realtà, libera da pregiudizi di sorta.
Ovviamente, non bisogna fare di tutta l’erba un fascio. C’è anche chi vuole affidarsi con fiducia a questa nuova figura, rimanendo consci del fatto che sia una personalità indubbiamente preparata e con un’esperienza monumentale.
Ma c’è anche chi ha deciso di scrivergli, a Mario Draghi.
Spesso, nei nostri articoli, abbiamo parlato di Storia con la S maiuscola (riferendoci sempre e comunque a Elsa Morante) che spesso non interseca mai le piccole storie dei nostri borghi.
Quasi come se gli avvenimenti più grandi si limitassero solo a sfiorarci, senza mai toccare la nostra pelle per davvero.
Abbiamo tutti voce in capitolo, anche chi sembra non avere più fiato. Deve aver pensato così Giuseppe Amorelli, avvocato cilentano che ha scritto una lettera per Mario Draghi.
Amorelli parla di capitale umano di ogni uomo e donna italiani:
“Umilmente, da cittadino italiano, chiedo che, superando i “temi divisivi”, emersi tra le forze politiche, il governo che verrà, da Lei presieduto, sia improntato su di un programma che metta in primo piano il capitale umano di ogni singola donna e uomo italiano. Vorremmo quindi, Noi Italiani, che siano tradotte in atti concreti le “Considerazioni finali che Voi, Sig Presidente Draghi, riferiste, il 31.maggio 2011, all’assemblea dei partecipanti della Banca D’Italia”.
E se smettessimo di considerarci soltanto entità performanti? L’umanità è qualcosa a cui non pensa nessuno. La politica soprattutto: è un termine che non si trova più nel vocabolo della politica; completamente spazzato, cancellato, se non in qualche campagna elettorale.
Due temi molto scottanti sono quelli dell’istruzione e della giustizia.
L’Istruzione italiani? Solo a pensarci, si cade in un vero e proprio ginepraio. Amorelli scrive così:
“Occorre proseguire nella riforma del nostro sistema di istruzione, già in parte avviata, con l’obiettivo di innalzare i livelli di apprendimento, che sono tra i più bassi nel mondo occidentale anche a parità di spesa per studente. Troppo ampi restano i divari interni al Paese: tra Sud e Nord, tra scuole della stessa area, anche nella scuola dell’obbligo. Nell’università è desiderabile una maggiore concorrenza fra atenei, che porti a poli di eccellenza in grado di competere nel mondo; è ancora basso nel confronto internazionale il numero complessivo di laureati”.
Bisognerebbe aggiungere, e sottoporre all’attenzione di Draghi, anche un altro punto importantissimo se si vuole parlare di università e laureati: i laureati italiani, in realtà, non è che scarseggino più di tanto. Più che altro, è molto diffuso il fenomeno dell””Overeducation”, secondo cui non c’è un placement adeguato per i laureati, i quali si ritrovano a essere sovraistruiti e a ricoprire mansioni decisamente inferiori al proprio percorso di studi. L'”Overeducation” è l’eccesso di istruzione.
Sul sito dell’Istat e del Sole 24Ore, si parla molto approfonditamente di questo fenomeno. Quindi, oltre alla problematica del numero dei laureati italiani, sarebbe giusto anche proporre a Draghi la problematica della sovraistruzione della maggior parte dei laureati, il mancato placement e la disoccupazione sempre più diffusa.
Amorelli continua con la Giustizia:
“Va affrontato alla radice il problema di efficienza della giustizia civile: ladurata stimata dei processi ordinari in primo grado supera i 1.000 giorni ecolloca l’Italia al 157esimo posto su 183 paesi nelle graduatorie stilate dallaBanca Mondiale; l’incertezza che ne deriva è un fattore potente di attrito nelfunzionamento dell’economia, oltre che di ingiustizia. Nostre stime indicanoche la perdita annua di prodotto attribuibile ai difetti della nostra giustiziacivile potrebbe giungere a un punto percentuale”.
Prosegue con la condizione della Donna:
“Oggi il 60 per cento dei laureati è formato da giovani donne: conseguono il titolo in minor tempo dei loro colleghi maschi, con risultati in media migliori, sempre meno nelle tradizionali discipline umanistiche. Eppure in Italia l’occupazione femminile è ferma al 46 per cento della popolazione in età da lavoro, venti punti meno di quella maschile, è più bassa che in quasi tutti i paesi europei soprattutto nelle posizioni più elevate e per le donne con figli; le retribuzioni sono, a parità di istruzione ed esperienza, inferiori del 10 per cento a quelle maschili. Il tempo di cura della casa e della famiglia a carico delle donne resta in Italia molto maggiore che negli altri paesi: aiuterebbero maggiori servizi e una organizzazione del lavoro volti a consentire una migliore conciliazione tra vita e lavoro, una riduzione dei disincentivi impliciti nel regime fiscale”.
Qui Amorelli spiega molto bene il quadro attuale riguardo la condizione della donna in Italia. Ormai sono in aumento le donne che raggiungono ottimi risultati anche nelle discipline scientifiche (facoltà una volta considerate solo ad appannaggio maschile), ma la loro occupazione è molto più bassa.
Rimane, ed è difficile da sradicare, il problema culturale legato alla mentalità che vorrebbe la donna ad occuparsi da sola della casa e dell’educazione dei figli. Molto importante il punto in cui Amorelli parla di maggiori servizi e organizzazione del lavoro per conciliare vita e lavoro.
Che la Storia con la S maiuscola passi anche da noi? Non lo sappiamo, ma forse moriremo provandoci.
Monica Acito