Nel pubblicare sul settimanale UNICO l’articolo di Luigino Rossi, “La Chiesa locale alla vigilia di un Decennio epocale”, nel quale c’è un richiamo forte alla “Chiesa locale” all’agire per andare oltre “superando la poco efficace strategia dello struzzo, può impegnarsi per dare qualche risposta a queste emergenze e porre riparo agli effetti della coscienza anestetizzata di cristiani anagrafici”, mai avremmo immaginato che a, stretto giro, lo stesso Papa Francesco avrebbe richiamato la CEI (Conferenza Episcopale Italiana) ad attivarsi per la convocazione di un Sinodo.
Papa Bergoglio lo aveva già fatto al convegno ecclesiale di Firenze nel 2015 quando aveva chiesto se non fosse giunto il momento di convocare un Sinodo per discutere “apertamente su come agire.”
Nel corso dell’udienza concessa all’Ufficio Catechistico Nazionale della CEI, il Papa è andato oltre e ha detto che “non basta un semplice raduno sinodale, serve piuttosto un cammino sul territorio, diocesi per Diocesi, parrocchia per parrocchia: tutti devono avere voce ed essere ascoltati!”
E allora, come si fa a non cogliere che viene dal basso di don Luigi che, riprendendo le parole del Papa, ci ricorda che “”Chi usa l’IO invece del NOI oggi non è all’altezza del proprio compito” e che c’è necessità di “trasformare il suo invito in opportunità, la comunità ecclesiale e, in particolare, il suo presbiterio potrebbe decidere una sorta di sabbatico pastorale per valutare quale programmazione adottare in vista di una efficace ripartenza. deriva la necessità di confrontarsi su alcuni problemi generali che assillano la cattolicità e, di conseguenza, anche il Cilento. per trasformare il suo invito in opportunità, la comunità ecclesiale e, in particolare, il suo presbiterio potrebbe decidere una sorta di sabbatico pastorale per valutare quale programmazione adottare in vista di una efficace ripartenza”.
I Dati che cita l’autore dell’articolo citato “comprovano il progressivo allontanamento degli italiani dalla fede. I non credenti, secondo Franco Garelli, sono cresciuti del 30% e seguaci di altre fedi passati dal 2% all’8%. I cattolici nostrani appaiono sempre più stanchi. Invece della linfa sollecitata al solido tronco della chiesa, si limitano alla corteccia muschiosa, preludio all’inesorabile abbandono, vieni alla fine dello scorso millennio ha profeticamente asserito il cardinale Martini. La situazione dei giovani, se possibile, è ancora più grave. Il 34-40% tra i 18 ei 34 anni si ritiene ateo, disinteressato alla preghiera e al culto, mentre i matrimoni religiosi sono precipitati al 50% rispetto all’80% degli anni Novanta. Per le statistiche, oggi il 22% dichiara di frequentare la messa domenicale, dato sorprendente se si fa mente locale alle chiese cilentane sempre più deserte durante le liturgie festive già prima della pandemia. Una eventuale consolazione, tra tanto sconforto per gli animatori della pastorale, è la constatazione che la Chiesa rimane un riferimento nei momenti personali più significativi. Questi mesi di emergenza, la diffusa paura del virus, le prospettive ignote per il futuro hanno determinato dei cambiamenti in questo progressivo disinteresse. Infatti, l’indagine registra un 20% di ritorno alla preghiera, in particolare i “cattolici culturali”, che hanno assunto atteggiamenti attenti, invece di tagliare definitivamente il cordone ombelicale col loro battesimo”.
Pertanto, per dirla con don Luigi “Sollecitare il dibattito interno al presbiterio risulta una necessità perché troppo tempo si assiste ad un progressivo sfilacciarsi di già labili identità diocesane.”
Probabilmente, con l’arrivo di Don Domenico Battaglia alla guida della diocesi di Napoli per sostituire il Cardinale Crescenzio Sepe, anche nella diocesi di Vallo della Lucania si avvertirà il bisogno di andare oltre il “frammento” per ridare slancio al mondo cattolico che invita a considerare “la Speranza” una risorsa grande per risollevare le sorti della nostra regione, dell’Italia e della Chiesa militante.
Bartolo Scandizzo