Vincenzo La Valva, Giuseppe Tarallo, Domenico De Masi, Amilcare Troiano e Tommaso Pellegrino sono stati i 5 presidenti dell’ente Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni (PNCVDA). C’è stato, per la verità, anche un breve periodo di commissariamento che interruppe l’esperienza di Tarallo: fu nominato commissario dall’allora ministro Altero Matteoli, Nicola Rivelli un costruttore Napoletano.
Ognuno dei 5 presidenti ha dato un’impronta all’ente che gli è stato affidato pro-tempore … alla della “macchina” amministrativa si sono avvicendati Domenico Nicoletti, Angelo De Vita e Romano Gregorio che, attualmente in carica, rappresenta la memoria storica essendo stato il vice sia di Nicoletti che di De Vita.
La Valva, professore universitario e riconosciuto naturalista, con il neo direttore Domenico Nicoletti, pose le basi per l’avvio dell’attività dell’ente partendo dalla sede provvisoria a Futani e con il trasferimento a Vallo della Lucania.
A La Valva subentrò Giuseppe Tarallo, ex sindaco di Montecorice. La sua nomina fu salutata come una “vittoria” del territorio che, tramite un suo figlio, prendeva in mano il suo destino. La sua presidenza fu segnata da due commissariamenti, annullati dal Tar, e da una gestione contrastata anche in seno al consiglio direttivo dove si trasferirono tensioni politiche locali che videro il punto più alto quando, lui assente, non fu confermato come direttore Domenico Nicoletti in un tempestoso consiglio tenutosi a Villa Matarazzo in Santa Maria di Castellabate. La sua presidenza fu procrastinata con una serie di commissariamenti, questa volta a suo favore, perché il ministro “verde”, Pecoraro Scanio, lo voleva confermare ad ogni costo per altri 5 anni contro il volere di Bassolino.
Lo stallo si superò con la nomina di Domenico De Masi che “atterrò” nel Cilento con un fragore che stordì sia la struttura operativa guidata da Angelo De Vita, nominato direttore al posto di Nicoletti, sia la sorniona pletora di portatori di interessi che si muovevano intorno al PNCVDA. De Masi diede una scossa ma, con la pretesa di essere legittimato nella carica dalla ministra dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, del governo Berlusconi, diede fuoco alla miccia che fece deflagrare la protesta dei partiti di governo a livello locale. La conclusione fu che De Masi diede le dimissioni. A suo posto arrivò Amilcare Troiano, ex presidente del parco del Vesuvio, che ha retto la carica mediando tra un consiglio nominato dal governo di Centro Sinistra e un ministero in mano al Centro Destra. Il sodalizio rispettoso dei ruoli con De Vita, direttore, e le sue entrature a Roma garantì un periodo tranquillo alla gestione dell’ente. Anche Troiano, pur in non buone condizioni di salute, dovette sobbarcarsi un surplus di responsabilità come commissario fino all’arrivo di Tommaso Pellegrino.
Con Pellegrino, l’ente ritorna in mano ad un presidente del territorio, sindaco di Sassano, con un passato da deputato Verde, per poi passare nel PD e finire con il candidarsi alle ultime elezioni regionali con Italia Viva. Il suo mandato scadrà in primavera inoltrata ma già da gennaio ha lasciato molte incombenze nelle mani di Cono D’elia, ex sindaco di Morigerati e Sicilì, vicepresidente, che non nasconde la sua intenzione di succedere a Pellegrino alla carica di presidente.
Tutti gli uomini che si sono alternati nella carica di presidente hanno “marchiato” il territorio con i loro atti e portato avanti la loro visione dell’area protetta non rinunciando ad una sostanziale continuità d’intenti che ha proiettato il PNCVDA in una dimensione nazionale, prima, e internazionale, poi.
Allo stesso tempo, l’ente ha occupato sempre più rilevanza nel contesto territoriale di competenza sia per la mole di risorse delle quali è stato destinatario sia le competenze di controllo e regolamentazione che la legge 394/91 emanata in attuazione del più ampio principio costituzionale di tutela dell’ambiente e degli ecosistemi, che regola la vita delle aree protette.
C’è da sottolineare che, dopo oltre 20 anni di esistenza in vita, la percezione dell’ente da parte dei residenti risulta diffusa ma non sempre in senso positivo a garanzia della qualità della vita ma come un ente burocratico che condiziona la vita sociale e lo sviluppo del comparto economico.
Questo nonostante che grazie all’ente siano state riversate sul territorio risorse ingenti sia per finanziare progetti tesi a difendere e conservare la natura sia al recupero funzionale palazzi storici sul punto di andare in rovina per destinarli ad ospitare iniziative in linea con i suoi obiettivi. Non mancano i “resti” di iniziative che si sono arenate subito dopo l’inaugurazione come l’archeodromo tra Scassano e Monte San Giacomo, le case Bamonte a Roccadaspide e il museo Virtuale a Caselle in Potrete.
Toccherà al prossimo presidente rilanciare su basi moderne, aggiornandolo, il ruolo dell’ente …
Si tratta di recuperare fiducia nei cittadini, implementare l’anima ambientale delle imprese e immaginare un progetto che sappia comprendere più che escludere ogni forma di sensibilità esistente: soprattutto quelle che immaginano di essere penalizzate dalle regole stringenti e irrinunciabili che segnano limiti e prescrizioni.
La sfida è, mai come in questo caso, epocale perché ne va del futuro di un’area grande come una regione ma che è ancora prigioniera di un provincialismo che fa fatica ad entrare nel terzo millennio. La scommessa può essere vinta solo dando spazio a qualcuno dei tanti giovani che hanno saputo farsi valere dentro e fuori del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, preferendogli l’usato “sicuro”.
Bartolo Scandizzo