Scrivere un editoriale su un anno terminato da due settimane, è qualcosa di strano e inquietante. Ma anche bello, al tempo stesso.
Abbiamo aspettato tutti insieme che quest’annus horribilis volgesse al termine, come se la fine del 2020 potesse riavvolgere il nastro di questi mesi e azzerare tutto, regalandoci un nuovo inizio, una palingenesi ideale capace di far respirare le nostre vite.
E invece siamo qui, alle soglie del 2021, e potremmo già scrivere un nuovo libro di storia: invasione del Congresso in America da parte dei “patrioti” di Trump, una crisi che ha smosso il governo italiano proprio in piena pandemia, regioni che continuano a tingersi di tutti i colori possibili e immaginabili.
Questa è la Storia, quella con la S maiuscola.
Noi, in questo lembo di terra, protetto da confini pressoché invalicabili e da fortini di ferro che fanno rima con isolamento, abbiamo sbirciato tutto questo dal buco della serratura.
Il fiume della Storia ci bagna solo i piedi, e ci arrivano degli sporadici spruzzi d’acqua.
Questi spruzzi d’acqua ci accecano, come se fossero cascate, ogni volta che la Storia tenta di straripare da quel buco della serratura: la notizia di un contagio, di un probabile positivo nei nostri borghi, è vista come un evento capace di stravolgere l’ordine precostituito.
Uno strappo nel nostro fragile cielo di carta. Si ricostruisce la catena di contagi, ci si inizia a dannare, si ricorda di quella volta che si era andati in piazza, la chiacchiera a distanza con quella persona, quella poltrona vicina dal parrucchiere, la fila alle Poste, la coda alla bottega dell’alimentari.
Il covid si è infilato, sottilmente, tra le fessure delle piazze e tra le panchine, ma non ha preso pieno possesso: sono nate nuove figure, e nemmeno i nostri borghi hanno fatto eccezione.
Da Felitto a Vallo della Lucania, da Sapri ad Ascea: conoscete tutti un negazionista. Quelli che “io non ci credo a questa storia del virus”, “ho dimenticato la mascherina in macchina, tanto non serve”, quelli che “qualcuno dall’alto doveva dare una pulita al mondo, ecco perché ‘sto virus!”
La loro ignoranza, però, fa tenerezza: è come quella dei bambini che vedono che il loro piccolo mondo, fatto di colori e giocattoli, si sta sgretolando, e tentano di difenderlo con le unghie e con i denti, negando la realtà e aggrappandosi a una narrazione diversa da quella ufficiale, per darsi un ruolo e un tono diversi.
Una contro-narrazione, capace di farli sentire, ancora una volta protagonisti di quelle piccole piazze che ormai sono vuote. Contro-narrazioni capaci di farli sentire ancora “normali”, con una storia da raccontare, pareri da esprimere e opinioni da scambiare.
C’è chi, invece, le regole le conosce e se ne infischia: bar in zona rossa che continuano a far assembrare gente all’interno, con il beneplacito di popolazioni che sanno e non parlano, perché sennò “pare brutto”.
La filosofia del “pare brutto” è ancora più letale della pandemia di covid, perché è impossibile da estirpare: è come l’edera rampicante o l’erba gramigna, cresce e germoglia ovunque, anche nelle menti delle persone “perbene”, quelle che sembrano integerrime.
Il covid si è intrecciato, felicemente, con i meccanismi che già vigevano nei nostri piccoli borghi: la Storia con la S maiuscola ci ha resi migliori? Peggiori? Oppure non ci ha sfiorato proprio?
Con tutti i difetti e i passi vacillanti del caso, il 2020 è stato affrontato anche dal buco della serratura: proviamo, per quest’anno, a non limitarci più a guardare da quel buco, ma anche a sfondare la porta, se necessario.
Perché la Storia con la S maiuscola è anche la storia dei piccoli borghi del Cilento, Vallo di Diano e Alburni: lo meritiamo, meritiamo una visione limpida e pulita. E non più di sbirciare da un buco della serratura.
Per farlo, abbiamo bisogno anche di inforcare un nuovo paio di occhi: non di occhiali, ma proprio occhi nuovi, come cantava De André nella sua canzone “Un ottico”, contenuta nell’album “Non al denaro nè all’amore nè al cielo”.
Se vogliamo un posto da protagonisti, dobbiamo cominciare a ragionare da tali: le regole riguardano anche noi. Sì, è vero, molti sacrifici sono stati compiuti, e tante cinghie sono state tirate. Attività, aziende, negozi, ne hanno risentito. La vita sociale, anche.
Ma questi ultimi sforzi potrebbero essere i decisivi, potrebbero farci tornare sulle nostre meravigliose spiagge al più presto, sulle nostre coste, nei nostri boschi, nelle foreste misteriose che costellano le nostre vie. Tra i sentieri dei fiumi e anche in montagna, senza paura di intravedere altre figure umane, senza il terrore di calpestare suoli diversi.
Nonostante i nostri passi incerti e falsi, abbiamo reagito come abbiamo potuto. Continuiamo a provare e fallire, perché solo tentando, fallendo e poi tentando ancora, potremo far scaturire quella chiave che potrà salvarci.
E renderci, finalmente, protagonisti della Storia vera, e non solo spettatori passivi.
Monica Acito