La visione idilliaca del ‘nessuno escluso’ durante la prima fase pandemica è stata spazzata nel giro di qualche giorno. Gli stessi slogan “uniti ce la faremo”, volti a promuovere una visione d’insieme, hanno riportato a galla le disuguaglianze, ricordandoci che l’ingiustizia sociale esiste e bisogna fronteggiarla. Spazi ristretti, mancanza di strumenti tecnologici adeguati, difficoltà a seguire le lezioni a distanza, e in ultimo – non per ordine di importanza – mancanza di cibo.
In Italia 4,6 milioni di persone vive in condizioni di povertà assoluta, ovverosia chi non può permettersi spese minime per una vita accettabile; di questi più di un milione sono bambini. La pandemia tuttavia ci sta mostrando il volto dei nuovi poveri. «Fra i nuovi poveri – sottolinea la Coldiretti – ci sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalla limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi». Persone che per la prima volta si sono trovate in condizioni così disastrose e che si sono viste costrette a chiedere aiuto ad organizzazioni come la Caritas Italiana, il Banco Alimentare, la Croce Rossa Italiana, la Comunità di Sant’Egidio.
Tuttavia, si parla e si parlerà di Agenda 2030. Ma cos’è? È un piano d’azione per le persone, il Pianeta e la prosperità, sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi delle Nazioni Unite, tra cui l’Italia per garantire un futuro migliore al nostro Pianeta e alle persone che lo abitano. Questa sorta di ‘patto’ globale definisce 17 Obiettivi e 169 sotto-obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Oggi l’idea di sviluppo sostenibile non è più unicamente ambientale, ma abbraccia anche la dimensione economica e sociale. Il primo obiettivo da raggiungere è la volontà di «eliminare fame e povertà in tutte le forme, garantire dignità e uguaglianza» tra gli uomini. Non è povero solo chi ha poco denaro, ma anche chi scarseggia di mezzi o servizi base per una vita serena. «È povero chi non ha accesso ad acqua pulita, cibo, casa, abiti. Ma è povero anche chi non può frequentare in modo adeguato la scuola, chi mangia cibo di scarsa qualità, chi vive in una casa senza toilette o elettricità, chi non può curarsi, chi non viene assistito se ha problemi di salute o disabilità, chi è costretto a mandare a lavorare i propri bambini». Un obiettivo, che oltre a risolvere un problema economico, vorrebbe garantire i servizi base a tutta la società. Infatti uno degli slogan dell’Agenda 2030 è “Nessuno escluso”. Tuttavia il nuovo anno si apre «con 4 mln di italiani senza cibo, costretti a chiedere aiuto per mangiare a Natale e a Capodanno; costrette a fare ricorso alle mense dei poveri, ai pacchi alimentari, anche per le limitazioni della pandemia» – il dato emerge da una stima della Coldiretti sulla base dell’ultimo rapporto di attuazione sugli aiuti alimentari distribuiti con il fondo di aiuto agli indigenti (Fead) sul periodo 1994-2020. «L’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa» – dal report 2020 della Caritas “Gli anticorpi della solidarietà”. Se il patto sulla povertà ci fa credere che si può sconfiggere o in qualche modo limitare, la realtà dei fatti ci mostra un nuovo scenario di crescita. Una fotografia dei tempi che spinge a chiedersi: fine della povertà, sogno o utopia?
Anais Di Stefano