Prima località di sepoltura dei Lucani, poi Feudo delle grandi casate nobiliari a partire dal medioevo e infine Borgo della Riforma, nel secondo dopoguerra. Spinazzo non solo bufale, ma tanto di più. Spinazzo è un Area Archeologica fondamentale per capire la storia di Paestum, qui nel 1968 l’archeologo Mario Napoli scoprì la Tomba del Tuffatore, una delle maggiori scoperte archeologiche del ‘900. Qui sono son state scoperte centinaia di tombe Greco-Lucanane, che fanno del museo Archeologico di Paestum la più grande pinacoteca del mondo antico. In località Varco del Cerro (Varco Cilentano), fu rinvenuta una vasta necropoli del IV sec. a.C.. Spinazzo è stata interessata, negli anni 1948-1950, dal rinvenimento di una necropoli del IV-III sec.a.C:. L’archeologo Pellegrino Claudio Sestieri, dal 1950 al 1957, scavò a Spinazzo 26 tombe a Tempa del Prete, fu rinvenuta una necropoli del V-IV sec. a.C. di 15milamq. Tra il 1972-1973 a Spinazzo fu rinvenuta una necropoli con 180 tombe. Spinazzo ha vissuto una storia millenaria, era una delle aree agricole dell’antichità, ove i ricchi possidenti avevano costruito le loro fattorie, di cui rimangono tracce sparse. Il principale edificio storico di Spinazzo è la Masseria Baronale del XVIII sec.. Il palazzo è stato realizzato su due livelli, dotato di corte, una cappella in stile barocco, case coloniche, fienili e scuderie. Il Feudo di Spinazzo fu di proprietà dei Sanseverino, che lo vendettero nel 1466 ai Brancaccio che a loro volta lo cedettero nel 1536 a Giovanni Michele Gomes. Nel corso del 1600, come racconta l’abate Tanza nelle sue memorie, Spinazzo, diventato proprietà feudale, si era inselvatichito e nel corso del secolo era diventato incolto e disabitato, solo i terreni di “Campo di pera”, dove oggi è l’agriturismo Porta Sirena, erano coltivati, perché più fertili, piccoli appezzamenti di terra coltivabile, gravata di canoni, che i contadini dovevano alla Mensa Vescovile di Capaccio e Giungano. “Campo di pera” rimarrà sempre nel nostro cuore, in quella masseria vissero i nostri avi nel secondo dopo guerra, quand’erano fittali della famiglia Salati. Nel 1705 il marchese Pinaides de Guimera, proprietario del Feudo di Spinazzo, morì senza lasciare eredi e Spinazzo passò al fisco. Nel 1706 Marco Garofalo marchese di Rocca e Rutino, acquistò il Feudo di Spinazzo. In seguito il Feudo di Spinazzo passò Garofalo Juniore, duca di Giungano, che lo vendette nel 1749 al marchese Marcantonio Doria conte di Capaccio. Dai contratti di fitto dei mulini, negli anni dal 1743 al 1784, si scopre del declino economico dell’area di Spinazzo. Particolare è il caso di quattro mulini, che il Conte di Capaccio fitto, tra il 1743 e il 1746 per 300 tomoli di grano l’anno. Gli stessi 4 mulini, a distanza di dieci anni furono fittati per 160 tomoli di grano l’anno, tra il 1754 e il 1761. Nel 1778, il fittavolo del Conte di Capaccio, il Forlano, li sub-affitta per sei anni, dal 1778 al 1784, ai fratelli N. e P. Barlotti, per 50 tomoli di grano all’anno. Una storia feudale che dura fino alla seconda metà del ‘900. Con la Riforma Fondiaria e la Bonifica Integrale della Piana del Sele, Spinazzo da Feudo baronale, prima del Conte di Giungano, poi del Conte di Capaccio, in seguito del Principe Doria d’Angri e infine dei Baroni Salati-Bellelli, diventa Borgata Agricola spezzettata in tanti piccoli poderi. Poderi da quattro a sei ettari, che verranno assegnati ai contadini di Pontecagnano-Faiano e Capaccio. Le terre in pianura vennero assegnati alle famiglie provenienti dalla periferia di Salerno. Le terre in collina, invece, furono acquistate da agricoltori provenienti da Fonte di Roccadaspide, più avvezzi alle pendenze. A Spinazzo, Borgata rossa per eccellenza, fu fondata, nel 1975, una delle cooperative più antiche della Piana del Sele, ebbe come primo Presidente il sig. Eugenio Manzo. La Spinazzo Rossa aveva nominata Presidente della Cooperativa Paestum, un comunista storico. Oggi Spinazzo vive un periodo di grandi trasformazioni e incertezze, si è passati dalle coltivazioni orto-frutticole alla zootecnia intensiva, la bufala la fa da padrone con tutti i suoi reflui. I terreni coltivati a carciofi, pomodori, melanzane, pere, albicocche, pesche, tabacco, cavolfiori broccoli, scarole, insalata…sono diventati distese monoculturali di mais ed erba, per alimentare le migliaia di bufale ammucchiate in stalle putride e maleodoranti. Si è voluto trasformare un giardino fiorito e profumato, in un letamaio puzzolente. Quello che poteva diventare uno splendido esempio di Borgata agricola turistico-rurale, è stata trasformata in un’unica bufaleria. Ma non tutto è perduto con un po’ di buona volontà, si potrebbe trasformare la Contrada Spinazzo in una virtuosa realtà, valida anche per le altre Borgate, che veda nella riqualificazione del paesaggio agrario, nel turismo rurale, nell’agricoltura buona, sana e giusta, nel lento percorrere la campagna su piste ciclabili e ippovie, da realizzarsi lungo i canali, i fiumi e le strade consortili, un elemento di innovazione e di futuro. I discendenti di quei contadini, che in trent’anni dal 1960 al 1990, trasformarono una terra di spine in un giardino fiorito, hanno la responsabilità di dare alla propria Borgata un futuro degno dei propri avi. Hanno di fronte una sfida, che li porti verso un futuro di qualità e bellezza, oppure restare incatenati alle proprie personali vicende di una vita grama e solitaria! La scelta sta nel cuore e nelle menti di tutti coloro, che hanno passione e credono nei cambiamenti!
Lucio Capo