‘Voi sapete che siamo in cerca dei resti di un santuario antico e l’inseguimento vostro è veramente ridicolo; ma veramente credete che sono venuto a complottare con le bufale?’ scriveva così Umberto Zanotti Bianco, il 4 aprile del 1934, al Prefetto che gli aveva posto due poliziotti alle calcagna. ‘Dopo due giornate tra le paludi e le boscaglie, animate soltanto da mandrie di bufale e da torme di uccelli migranti.’. La Gromola di allora era questa: c’era il feudo di Marietta Pinto che poi passò alla “Fondi Rustici”, un’azienda romana. Il centro delle attività era presso la bufalara che qualcuno vuole disegnata da Vanvitelli. ‘Ha sicuramente più di tre secoli.’ racconta l’anziano Felice Morena, sceso giovanissimo da Pruno di Piaggine per la più ubertosa Piana del Sele. ‘Sulla campana c’è la data del 1911. Quando suonava voleva dire che stava scorrendo il siero ottenuto dopo la lavorazione di provole e mozzarelle e richiamava i maiali. Pur pascolando liberi anche a distanza di diversi kilometri, i suini, tornavano da soli verso il centro dell’azienda dei Pinto. Bufale, maiali, vacche allo stato brado. Questa era la Gromola di qui tempi. La Gromola di oggi è invece una località al centro della fertile Piana del Sele, dotata di una bella piazza e di un’imponente chiesa, originale complesso architettonico, opera dell’arch. Ezio Caizzi. L’originale architettura della Chiesa, centro ideale del Borgo omonimo, conclude la piccola piazza ed afferma, nelle sue linee ascensionali, un simbolico senso di elevazione. Non a caso è al centro di una lieve altura di travertino.
L’avvio del dopoguerra.
La grande rivoluzione comincia con gli anni Cinquanta. Così ce la racconta una cronaca rimasta anonima. ‘Nel 1950 il territorio di Gromola era un latifondo di proprietà della “Fondi Rustici” parte ed acquitrino (in modo particolare il terreno prospiciente il fiume Sele), ed il resto destinato prevalentemente a culture estensive ed a pascolo, privi di sistemazione idraulica agraria. Gli interventi effettuati dal 1952 in poi dalla Sezione Speciale per la Riforma Fondiaria compresero in sintesi le seguenti opere: Messa a cultura dei terreni con le relative opere di trasformazione (dissodamenti, sistemazione del terreno, opere irrigue). Fabbricati per l’insediamento poderale dei coltivatori; ricoveri per gli allevamenti e pro-servizi. Opere di carattere interpoderale (strade, acquedotti, elettrodotti). Borgate di servizio, destinate a soddisfare le essenziali esigenze di ordine sociale ed a favorire le condizioni di vita della popolazione insediata in campagna. Il sistema dell’insediamento sparso, attuato nella Piana del Sele, mentre offriva evidenti vantaggi per la continua presenza dei coltivatori sul podere, richiedeva peraltro provvidenze atte ad eliminare l’inconveniente dell’isolamento delle famiglie. Il Borgo di Gromola, costruito sulla sinistra del fiume Sele, fu la principale realizzazione di questo tipo compiuta dalla sezione nella piana del Sele, inaugurato dall’On. Mariano Rumor, allora Ministro dell’Agricoltura e Foreste.’.
La “fortuna” di Gromola
Non c’è la località della Piana così al centro delle relazioni civili ed economiche com’è Gromola: si trova a 4 km dalla statale 18, a 3 da Capaccio Scalo attraverso Via Fornilli, oppure 4 Km. dalla Via Provinciale litoranea. Pietro Noce vi è arrivato invece da Trentinara. La sua famiglia, come altre trecento, vi ebbe un podere. “Da allora le nostre infrastrutture sono rimaste uguali. Un po’ di illuminazione, una panchina o una vetrata. Sono cambiate le nostre case, le nostre famiglie, il nostro modo di rapportarci alla coltivazione della terra. Ma la piazza di Gromola, che pure è molto bella, è sempre la stessa. La terra? Ormai la lavorano solo gli anziani o la si concede in affitto. Che volete che uno ci faccia con un ettaro di terreno?
Le storie
Giovanni Torlo è un vecchio socialista capaccese. Non gli piace ciò che oggi è diventato l’Ersac, l’ex Ente di Riforma. ‘E’ fatto da gente che si prende solo lo stipendio. Da decenni tutto ciò che toccano fallisce. Io ho più volte proposto di organizzare un’assistenza tecnica a tutti gli agricoltori di Gromola. Per fargli capire come e quando usare concimi ed anticrittogamici. Macchè!’.
Domenico Salzano ha la faccia cotta dal sole tipica dei contadini, resa ancora più nera dal naturale colorito bruno, e sogna un museo dell’agricoltura nella bufalara di Gromola. ‘Mettiamoci anche un caseificio, qualsiasi cosa pur di non farla crollare. E’ il nostro simbolo.’. Salzano ce l’ha anche con la legge che ha permesso di dividere i poderi tra i figli degli assegnatari. ‘Tutti noi avremmo scelto altre strade per vivere. Hanno portato lo scompiglio nelle famiglie ed eccoci qui a portare a “morire” al Mercato ortofrutticolo coi nostri carciofi ed ortaggi.’
Gli immigrati
Nei racconti e le testimonianze di questi abitanti risalta il rimpianto di ciò che la zona poteva essere e quella che è restata. La presenza di centinaia di immigrati da una parte indica che c’è un’economia agricola che richiede tante braccia dall’altra manca un’adeguata dotazione di alloggi. ‘La sera non sanno che fare e per questo esagerano con la birra ed altri alcolici.’ Racconta un commerciante. ‘Stazionando per ore, a centinaia, nella piazza di fronte alla chiesa fanno paura alle giovani donne che preferiscono non venire più a fare la spesa, da sole, nei nostri negozi.’ aggiunge un altro. ‘Mai successo niente di grave.’ ammettono. C’è un problema di integrazione che non può certo essere risolto tutto a Gromola.
Morena e Cerrato
Chi invece è andato oltre sono i Morena ed i Cerrato, proprietari di importanti aziende vivaistiche. Sono riusciti ad imporsi al monopolio delle più agguerrite multinazionali cementieri olandesi e delle aziende del Settentrione. Morena (il padre nella foto) esporta soprattutto nel centro-sud italiano. Ha cominciato dal 1987, “costretto dall’evoluzione dei mercati”. Nella sua azienda ci sono più di 20 operai e ci lavora l’intera famiglia. Sforma migliaia di contenitori con tutte le solanacee e i fiori. Dalle chicas alle viole. Il padre arriva dalla sperduta Pruno di Piaggine mentre lui “ha solo la terza media” dice orgoglioso, è un punto di riferimento dell’agricoltura italiana più moderna. Il suo settore è quello che è stato investito dalle più veloci innovazioni tecnologiche e di marketing. La gdo, la grande e moderna distribuzione organizzata, detta legge. Con i vecchi mercati ortofrutticoli costretti a cambiare pelle e a mettersi alle spalle un certo folclore, o, peggio, l’antico sospetto di “pressioni” delinquenziali. C’è poi l’esplosione del biologico, con migliaia di aziende agricole che hanno bandito la chimica dai loro metodi di coltivazione. N’è passato di tempo da quanto tutto si riconduceva al pomodoro, con il “contorno” di carciofi, peperoni, finocchi, cetrioli ed insalate. Ora c’è tutto un mondo di nuove produzioni, i tecnici li chiamano della IV e V gamma. Sono i prodotti orticoli pronti per il consumo. Chi li produce è costretto a rincorrere le mode e modificazioni culturali che investono la società. Con le donne che lavorano la preparazione di pranzo e cena dev’essere sempre più veloce e gli ingredienti (come gli ortaggi) devono sempre più essere adatti all’uso. Ed è la Piana del Sele ad essere una zona d’avanguardia. Grazie alle piantine di Cerrato e Morena.
La Chiesa
L’originale architettura della Chiesa, centro ideale del Borgo omonimo, conclude la piccola piazza ed afferma, nella sue linee ascensionali, un simbolico senso di elevazione. Notevole la leggerezza della struttura, tutta in cemento armato, che tocca le fondazioni in soli cinque punti di appoggio. La chiesa e la canonica coprono una superfice di 450 mq. L’interno della modernissima chiesa, nella sua lineare semplicità e nei suggestivi effetti di luce, crea una particolare atmosfera di raccoglimento. L’illuminazione è realizzata mediante una finestratura a piano di calpestio, una luce diffusa proviene dalle finestre in alto e si concentra sull’altare mentre la zona vicina all’ingresso rimane in penombra. La chiesa è dedicata a S.Maria Goretti.
Alberghiero-Agrario
Due sono le scuole superiori di Gromola. L’Agrario e l’alberghiero. ‘Solo che l’agrario è stato trasferito per fare lavori di ristrutturazione. Che non sono ancora iniziati. Non è che vogliono togliercelo?’ dice il macellaio Carmine Seno.
Museo di Hera Argiva
‘Dopo la Foce del Sele, la Lucania è il santuario di Hera Argiva, la fondazione di Giasone è vicino, cinquanta stadi di Poseidonia.’ Scrisse Strabone. Tre le bufale che pascolano placide in una pianura dominata da ampie pozze d’acqua (siamo sotto al livello del mare) c’è una delle meraviglie dei beni culturali italiani, il “Museo Narrante.”. Ci accoglie Maria Falcomatà, complete e gentile archeologa della Kosmos Archeo Service che gestisce la parte culturale della struttura. L’aspetto tecnico è invece della società mista “Ales”. Fino alla fine di giugno 2003 l’ingresso continuerà ad essere gratuito. Una bella “centa” ci racconta subito il percorso religioso-culturale di Hera al culto popolare della Madonna che tutti conosciamo. ‘Al comune di Capaccio chiediamo di mettere qualche cartello in più per individuare più facilmente la zona visto che sono soprattutto gli stranieri a farci visita.’ chiede la dottoressa Palcomatà.