Una libro/guida a “tiratura limitata” che tra le sue pagine raccoglie e illustra il 1° cammino che tocca le terre dello spartiacque del medio Appennino Campano, luoghi che furono distrutti dal sisma del 1980. Un libro/guida che contiene al suo interno foto d’epoca, racconti, testimonianze e storie testimoniate dalla viva voce dei sopravvissuti a quella tragedia e di coloro che aiutarono a superare quei primi, difficili momenti. Una completa full-immersion nel cuore della “verde” Irpinia, tra le valli fluviali dell’alto Sele e quella dell’Ofanto. Un cammino che supera incredibili orizzonti, un itinerario denso di emozioni, un percorso attraverso i ricordi che si sviluppa lungo 6 tappe e che tocca i luoghi più colpiti dal disastroso terremoto del 23 novembre 1980.
PERCHE’ UN CAMMINO… DOPO 40 ANNI?
il “CAMMINO delle TERRE VIOLATE”
Nasce il PROGETTO: Il progetto “ATTRAVERSO LE TERRE VIOLATE©” Dieci anni fa chiudevo l’ultima pagina di un mio libro (“Cratere ’80, Gigli tra le Pietre”) con queste parole: “Crediamo che più di questa, nessun’altra tragedia potrà mai insegnare l’autentico senso della sofferenza umana, quel senso di vuoto e di impotenza che solo chi ha vissuto quegli attimi difficilmente potrà dimenticare di ciò che è stato… Fra trent’anni ancora, forse, non basteranno più le parole, gli scritti, le foto magari ingiallite, i ricordi sbiaditi nel tempo. Solo chi ha toccato con mano, solo chi ha perso qualcosa, quei tanti che hanno perso qualcuno, anche un semplice conoscente. “Loro”, e soltanto loro, saranno gli artefici del recupero di una memoria storica e di un retaggio culturale che non devono andare assolutamente smarriti per nessuna ragione; tutto ciò non solo per ridursi ad una semplice rievocazione del drammatico evento ma anche, e soprattutto, nel ricordo di coloro che oggi non sono più qui tra noi.”
Narravo delle vicende vissute direttamente da testimone durante quei tragici giorni immediatamente ad una delle più grandi tragedie dello scorso secolo che colpì la dorsale appenninica tra Campania e Basilicata: il terremoto del 23 novembre 1980.
Oggi, come ho sempre fatto in 40 anni, ritorno spesso a percorrere quelle piste e quelle strade che s’inerpicano tra villaggi arroccati e borghi abbandonati, case e palazzine ricostruite tutte belle nelle rifiniture e dai vivaci colori pastello ma… prive di vita, con ampi viali, portali restaurati ma tutte coi portoni, le ante e gli infissi chiusi.
Decenni di esperienze dedicati allo sviluppo della conoscenza e alla fruizione dei territori interni del sud, per mezzo della pratica del turismo escursionistico e ambientale, mi hanno portato a progettare questo cammino lungo l’Appennino “martoriato” non solo dalle ferite della geomorfologia dei luoghi, ma anche da quelle ferite interiori che hanno lasciato nella mente e nell’animo segni indelebili di sensazioni mai dimenticate. Un cammino che condurrà, portatori sani di curiosità e appassionati, alla conoscenza di luoghi, di terre e di gente che oggi ancora le popolano.
Questo non è un cammino di solidarietà, qui la ricostruzione nonostante tutto – a differenza di altre realtà italiane recentemente disastrate – è avvenuta, ma questo itinerario a tappe desidera essere un percorso esperienziale che conduce alla scoperta di luoghi bellissimi e, laddove è ancora possibile, conoscere e ascoltare le storie di chi, dopo 40 anni, ancora ci vive in questi luoghi.
Un itinerario a tappe che coniuga la bellezza di luoghi ove perdere lo sguardo su orizzonti di straordinario fascino è, forse, l’emozione più grande, ad una fruizione turistica rispettosa dei luoghi trasformati dal sisma che ancora oggi riescono ad offrire tesori d’arte, di natura, di cultura, di fede.
Un percorso di scoperta di terre e di genti per conoscere i protagonisti, le storie, la ricostruzione e la rinascita di queste comunità, il loro futuro; momenti di autentica e profonda relazione tra gli ambienti naturali e le persone che rendono ancora vivi questi luoghi trasformati definitivamente dalla tragedia. Un cammino che attraversa i più disparati ambienti, territori aspri e montuosi, che entra in contatto con comunità (un tempo molto unite) oggi purtroppo disgregate dalle necessità imposte dalla ricostruzione.
L’itinerario ripercorre piste e sentieri, strade bianche e carraie, sterrate e tratturi, sfruttando quella viabilità interna che, laddove ancora persiste, crea ed attraversa scenari paesaggistici e panorami davvero unici. Una proposta di poter donare a questa terra e alla sua gente una opportunità di sviluppo da proporre soprattutto a quei giovani che hanno scelto, nonostante tutto, di restare.
È un cammino, questo, che lascia il segno; un percorso – se si vuole – anche interiore ove sono possibili vivere esperienze profonde, momenti che possono nascere dall’incontro con le bellezze ambientali di questi territori e le labili fragilità delle comunità che ancora ci vivono ed operano. Può sicuramente essere una profonda e particolare esperienza di un camminare lento al ritmo dei passi, senza fretta, guardando il mondo all’altezza degli occhi perché capire, comprendere un territorio passa anche attraverso queste semplici azioni della percezione, del rapportarsi, del lasciarsi coinvolgere emotivamente da spazi e mute volumetrie e da luoghi e paesaggi solo in apparenza vuoti ove il denominatore comune è il silenzio.
L’ARCOBALENO simboleggia quel ponte che unisce il Creato (il cielo) con gli uomini (la terra), un indelebile segno di comunione che da sempre lega la magia di un evento che si eleva al di sopra delle nubi e che rappresenta la speranza di rinascita, di crescita e di prosperità per le popolazioni che ne colgono il significato.
In una Italia che negli ultimi decenni ha riscoperto il gusto e il piacere per la conoscenza e la scoperta dei propri luoghi, quella del camminare si è rivelata una scelta intelligente ma, soprattutto, vincente.
E’ un viandare di solidarietà ove giovani generazioni di appassionati camminatori, escursionisti, pellegrini, trekker sono invitati a conoscere luoghi, persone, storie e momenti dimenticati; un rapportarsi profondamente col tessuto sociale e con l’ambiente circostante, ma – soprattutto – un vivere attimi e momenti con gli abitanti dei luoghi, sopravvissuti a quella immane tragedia; coloro che ancora popolano questi territori definitivamente trasformati dalla “ricostruzione” e che, nonostante tutto, credono nelle risorse che questi territori ancora riescono ad offrire.
Il percorso attraversa pievi, borghi isolati (e abbandonati), boschi e montagne, tratturi e antiche vie, villaggi e nuovi nuclei ed entra in contatto coi territori di due tra le provincie che all’epoca furono distrutte completamente; camminando lungo piste e sentieri a cavallo di quel valico, conosciuto – fin dall’antichità – come la Sella di Conza,
Mettersi in cammino ed attraversare queste zone è proporre una nuova esperienza di contatto, un immergersi emotivo/sensoriale che giunge dopo lo scorrere di 4 decenni (appena 8 lunghissimi lustri) e che aiuta a scoprire interiormente, a capire ciò che qui successe e a conoscere in profondità come – questi territori – hanno subìto una drastica e sconvolgente trasformazione durante lo scorrere del tempo stravolgendo completamente quelli che erano gli antichi tessuti sociali e intorno a cui ruotava la vita di queste comunità solo in apparenza fragili ma, soprattutto, è un cammino che induce a godere delle bellezze naturalistiche e paesaggistiche offerte da un territorio così vasto laddove lo sguardo scorre lungo tutta la dorsale dello spartiacque dell’Appennino Campano-Lucano.
Questo cammino infine viene proposto come un “lento viandare” al ritmo dei passi, un viaggiare attraverso questa parte di mondo cogliendo attimi, emozioni e sensazioni vivendo stati d’animo all’altezza dei propri occhi; un immergersi in questi luoghi adottando uno “sguardo selvaggio” per comprendere quanto di buono è stato fatto in questi anni e se si è riusciti a mantenere (almeno in parte) gli equilibri di un tempo che qui, più che altrove, hanno determinato solo in parte la ricostruzione.
(di ©Andrea Perciato)
Il “CAMMINO dell’ARCOBALENO attraverso le TERRE VIOLATE” (le pietre non “dimenticano”) tocca e attraversa le località di
Oliveto Citra (SA),
Senerchia (AV),
Calabritto (AV),
Ponte Sele,
Laviano (SA),
Santomenna (SA),
Castelnuovo di Conza (SA),
Sella di Conza (SA/AV),
Conza della Campania (AV),
Sant’Angelo dei Lombardi (AV),
abbazia del Goleto
Lioni (AV),
Caposele (AV),
Materdomini (AV).
il “CAMMINO dell’ARCOBALENO” in NUMERI:
*) 11 i Comuni attraversati;
*) 2724 i metri di dislivello in salita ↑
*) 2661 i metri di dislivello in discesa ↓
*) 96 i km complessivi;
*) 2 le valli fluviali attraversate (Sele e Ofanto);
*) 2 i confini tra Provincie (Salerno e Avellino)
*) 2 i confini tra Regioni (Campania e Basilicata);
*) 2 le Oasi Naturalistiche toccate (valle Caccia e lago Conza);
*) 2 i gruppi montuosi interessati (Picentini e Marzano/Eremita);
*) 2 i luoghi di culto importanti (Abbazia del Goleto e S. Gerardo a Materdomini);
*) 2 le Comunità Montane (Picentini e Alta Irpinia);
*) 2 le strade a scorrimento veloce (Fondovalle Sele e Ofantina);
*) 2 le Statali importanti (la 7 variante “Appia” e la 91 antica “Via del Grano”).
il “CAMMINO dell’ARCOBALENO”: LE TAPPE
*) 1a tappa: Oliveto Citra (SA), Senerchia (AV), Calabritto (AV);
(+ 487 m↑ – 294 m ↓ 17 km)
*) 2a tappa: Calabritto (AV), Ponte Sele (AV), Laviano (SA);
(+ 475 m↑ – 377 m ↓ 13 km)
*) 3a tappa: Laviano (SA), Santomenna (SA), Castelnuovo di Conza (SA) Sella di Conza SA), Conza della Campania (AV); (+ 509 m↑ – 567 m ↓ 16 km)
*) 4a tappa: Conza della Campania (AV), lago di Conza (AV), Cappella San Vito Martire (AV); (+ 701 m↑ – 566 m ↓ 17 km)
*) 5a tappa: Cappella San Vito Martire (AV), Sant’Angelo dei Lombardi (AV), Abbazia del Goleto (AV); (+ 275 m↑ – 367 m ↓ 14 km)
*) 6a tappa: Abbazia del Goleto (AV); Lioni (AV), Caposele (AV), Santuario S. Gerardo a Materdomini (AV); (+ 593 m↑ – 433 m ↓ 19 km)
Andrea Perciato, ideatore, progettista e curatore del Cammino
[email protected] – 0039 339 745 6795