Vi è stato un tempo in cui le nostre contrade, e i mezzi pubblici che le collegavano, erano frequentate da un personaggio familiare e amato da tutta la gente. Era il frate di cerca, un fraticello per lo più francescano, senza ordinazione sacerdotale, che aveva scelto di essere al servizio dei suoi confratelli, per i quali chiedeva l’elemosina, qualche spicciolo o qualche altro dono che potesse servire al sostentamento loro e del convento.
Un frate francescano era particolarmente conosciuto e amato dalla gente della Costiera Amalfitana. Era fra’ Ludovico di Nardo del Serafico Convento di Ravello”. Per ben 55 anni, ogni giorno, dopo i doveri religiosi che attengono ad un frate, fra’ Ludovico scendeva da Ravello a piedi sino ad Atrani o Minori da dove, a volte, con i mezzi allora disponibili, raggiungeva Salerno, Scafati, Pompei, Positano per raccogliere quelle offerte che servivano al Convento, dove studiavano numerosi fratini oltre ad ospitare i Padri francescani. Ma pensava anche alla povera gente e ai tanti mendicanti, storpi e infelici, che lui conosceva e aiutava. “San Francesco ha carità e fa carità!” soleva ripetere quando, per alleviare gli altrui bisogni, si disfaceva delle offerte ricevute. E furono non poche le opere di carità di questo fraticello. La popolarità e la venerazione che la gente della Costiera aveva per questo frate, ha del singolare: lo sentiva vicino e ancor prima che iniziasse la questua lo chiamava, gli andava incontro con le offerte chiedendogli in cambio preghiere e benedizioni, soprattutto per i bambini, che sfiorava con una carezza dicendo: “crisci santo e viecchio”. Agitava il cingolo e faceva tintinnare la cassettina di legno con la frase “Marì, Marì” richiamando il nome della Madonna. Mentre sul selciato le monetine cadevano ai suoi piedi da ogni dove, frotte di ragazzi lo attorniavano e allora fra’ Ludovico, ponendo le mani nelle ampie saccocce del suo saio, cavava fuori quelle gustose “sciuscelle” (le carrube) da lui scherzosamente distribuite come… “cioccolata”!
Nei periodi in cui le barche di pescatori, al primo calare della sera, prendevano il largo dalle spiagge di Atrani, Minori e Maiori per la pesca notturna, spesso fra’ Ludovico era con i suoi pescatori. Sino a notte alta, dalle “paranze” e dai “vuzzi” giungeva una sommessa invocazione, una preghiera corale, che i pescatori scandivano a modo di litania e quasi ritmo per il sollevamento della rete: “Sant’Anto’… Sant’Anto’…”. A tirare il coro era lui, quel fraticello di “cerca”, che si imbarcava con i lavoratori della notte. Scendeva dal Serafico Convento di Ravello per accompagnarsi ai pescatori e propiziare una sorta di “pesca miracolosa”; forse era un caso, ma quando fra’ Ludovico era a bordo, le reti erano sempre incredibilmente piene. E quando era il tempo della pesca delle alici con le “lampare” vi ritornava anche due volte.
Fra Ludovico Di Nardo era nato a S. Eufemia Maiella in provincia di Chieti il 24 settembre 1858. Entrò nell’ordine francescano il 2 febbraio 1887 nel Convento di Portici, dove svolse il noviziato pronunciando, al termine della formazione, la Professione semplice il 2 febbraio del 1888. Fu, quindi, destinato al Convento di Ravello, ove rimase sino alla morte, avvenuta il 20 marzo 1942; tutto il popolo della Costiera Amalfitana lo pianse come se avesse perduto una persona amica, un “santo” come egli era stato sempre considerato. Suo primo Superiore fu Padre Giuseppe Maria Palatucci, divenuto, successivamente, Vescovo di Campagna, dove si prodigò, insieme al nipote Giovanni, ultimo Questore di Fiume, nel salvare molti ebrei dai campi di sterminio nazisti. In un documento inedito firmato a Ravello il 26 giugno 1960 dall’allora Arcivescovo di Amalfi, sono ricordate le doti e le virtù più esemplari, in senso religioso ed umano, di quell’umile frate di “cerca” che ancor oggi è nel ricordo di molti.
Spulciando tra i ricordi della sua giovinezza, il compianto prof. Mario Schiavo di Ravello annotava: “Ogni famiglia di queste nostre contrade sapeva (e spontaneamente si preparava) che fra’ Ludovico a gennaio, tempo delle uccisioni dei maiali sarebbe passato per lasciare ‘e pigniatielli (orciuoli di terracotta) da riempire di sugna, a maggio per ritirare i vasetti di “alici salate” e che in autunno si sarebbe fatto rivedere per raccogliere le conserve di pomodoro (essiccate sui “lastrici” infuocati dal sole) e, poi, olio nuovo e vino paesano”. E la gente della Costiera non si è mai tirata indietro, anzi ha sempre generosamente contribuito alle necessità della comunità religiosa di Ravello e di quanti fra’ Ludovico porgeva il suo aiuto di sopravvivenza.
In quegli anni si diceva che fra’ Ludovico avesse anche delle altre virtù straordinarie. Vi furono dei casi in cui si sussurrò al “quasi miracolo”, come nel caso della rottura della catena del timone della motonave “Ebe”, che collegava i paesi della costiera con Salerno, e il guasto al trolley del tram sulla linea Vietri-Pagani. Quest’ultimo, strano avvenimento capitava ogni qualvolta che qualche dipendente della società di trasporti costringeva fra’ Ludovico a scendere dal tram, perché sprovvisto di biglietto o perché non gradiva che facesse la questua sul mezzo pubblico: fra’ Ludovico si difendeva dicendo “Sant’Anto’ piensaci tu!”. Ancora oggi c’è chi racconta questi fatti, tenendo viva una tradizione orale, importante patrimonio delle nostre contrade.
Una lapide del 1934, posta all’interno della chiesa del convento francescano di Ravello, ricorda che la balaustra dell’Altare maggiore e l’intero pavimento in marmo furono il frutto del mendicare di fra’ Ludovico ad onore del Beato Bonaventura da Potenza, le cui spoglie mortali sono in quella chiesa, avanti alla cui urna egli, appena all’alba, si prostrava prima di iniziare la lunga giornata di bene.
Ancora oggi, a distanza di decenni dalla sua scomparsa, se si chiede a qualche abitante di quei paesi costieri se conoscono fra’ Ludovico Di Nardo, vi sentirete rispondere: “Chi?… Marì, Marì?”.
Vito Pinto