Dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del D.L. n. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) sono migliaia le domande che i cittadini si fanno. La maggior parte delle quali riguardano le detrazioni fiscali del 110% (c.d. superbonus) che è ormai diventato il centro di gravità permanente su cui ruotano praticamente tutti gli interessati al mondo dell’edilizia: contribuenti che vogliono ristrutturare, professionisti che devono occuparsi della fase progettuale, consulenti che devono verificare la conformità della documentazione, imprese che devono eseguire i lavori e banche che devono prevedere prodotti per la cessione del credito.
La domanda alla quale bisogna rispondere prima di decidere è se risulta più conveniente usare direttamente la detrazione o cederla?
Innanzitutto va considerata l’aspettativa su ciò che può succedere nei dieci anni che seguono la ristrutturazione:
Quando la casa viene venduta, la detrazione passa all’acquirente, salvo altri accordi; se il beneficiario muore, la detrazione si trasferisce agli eredi, ma devono mantenere la l’uso diretto dell’immobile; se il beneficiario passa al regime forfettario o subentrano altre detrazioni e/o perché il reddito si abbassa o si azzera, la norma consente di cedere il credito d’imposta – per le spese sostenute nel 2020 e 2021, anche in annualità successive.
Chi usa direttamente la detrazione ne sfrutta tutto il valore nell’arco di tempo medio-lungo.
Chi cede il credito d’imposta, monetizza subito, ma ci perde qualcosa. Chi non ha un’Irpef abbastanza capiente deve tener conto che il superbonus si recupera in cinque anni. Per cui la cessione diventa una soluzione obbligata. Per i bonus “minori” conviene fare un’attenta valutazione con il commercialista.
Ecco un esempio di detrazione del 50% … se si sono spesi 44.000 euro per ristrutturare un appartamento, si ha diritto a 22.000 di detrazione (50%), da dividere in dieci rate da 2.200 euro l’una a partire dal modello Redditi o 730 del 2021. Con un’inflazione all’1% annuo, alla fine del 2030 i 22.000 euro via via recuperati dal contribuente diventano 20.825 in termini reali; con un’inflazione al 2% (oggi assai improbabile) scenderebbero a 19.719 euro.
Cedendo, invece, il credito d’imposta a una banca, alle Poste o a un’assicurazione, si può ricevere circa 17.600 euro (80% del valore).
I vantaggi per gli intermediari finanziari sono diversi: l’apertura di un conto corrente, la possibilità di proporre l’acquisto di prodotti finanziari o polizze assicurative, ecc…
Nel confronto tra utilizzo diretto e cessione si può inserire anche la variabile del prestito ponte. Chi non intende pagare interamente i lavori di tasca propria, può valutare di farsi anticipare dalla banca il corrispettivo per la cessione del credito d’imposta. Se la pratica va a buon fine, va messo in conto un costo del finanziamento per famiglie e condomini nell’ordine del 2,5-3% (Taeg) su base annua.
Chiedere un finanziamento è una possibilità interessante per chi sta acquistando una casa da ristrutturare ed ha acceso un mutuo per l’acquisto dell’immobile. Il costo per la ristrutturazione può essere coperto con la cessione del credito d’imposta.
Bartolo Scandizzo