Era l’anno 1936, il cinquantasettenne fisico Albert Einstein propose un suo articolo alla rivista scientifica Physical Review; lo scritto presentava il titolo: “Le onde gravitazionali esistono?”. L’interrogativo esprimeva le difficoltà che si prospettavano allorquando si tentava di violare il buio dell’incertezza ruotante intorno a tali entità energetiche, per finalmente schiudere l’alba radiosa dell’agognata conoscenza. Alba effettivamente dischiusa l’11 febbraio 2016,quando dalla comunità scientifica venne annunciato al mondo che uno strumento, l’apparecchio LIGO (Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory), aveva rilevato il transito di onde gravitazionali, l’individuazione apriva straordinari scenari di conoscenza nel campo della Astronomia. Splendide sinergie, impiego di sofisticate apparecchiature, collaborazione tra diverse strutture tra le quali VIRGO (facente capo allo EGO: European Gravitational Observatorya) avevano condotto all’ambìto esito. Ma in cosa consistono le onde gravitazionali? Immaginiamo una nave che fende l’acqua, il suo passaggio provoca oscillazione delle onde marine; in termini analoghi, il movimento di sistemi dotati di grande massa (stelle o buchi neri) sortisce l’effetto di produrre increspature ossia vibrazioni del tessuto spaziotempo, nel contempo si riduce l’energia delle stelle o dei vortici che inghiottono quel che incontrano nel loro percorso, i buchi neri. Svolgenti il ruolo di “genitori”: dalla fusione di 2 buchi neri, verificatasi qualche miliardo di anni orsono a miliardi di chilometri di distanza dalla superficie terrestre, sono nate le onde gravitazionali. Uno dei moti della Terra è il movimento intorno al Sole, in virtù di tale rotazione sono prodotte onde gravitazionali, simultaneamente la Terra “consuma” energia; a causa di tale perdita di energia,il nostro pianeta manifesta la tendenza ad avvicinarsi al Sole che può dunque attrarre la Terra in maniera “più agevole”. È stata calcolata la misura del percorso quotidiano di avvicinamento, è pari a 0,000.000.000.000.000.1 metri; l’Universo “vive” da –all’incirca– 15 miliardi di anni, occorrerebbe il tempo di 10.000.000.000.000 moltiplicato il valore di 15 miliardi, affinché la Terra possa “pervenire” sul Sole; tale ipotetico “assolaggio” (il progressivo avvicinamento sino al contatto col suolo solare) indurrebbe, all’atto dell’impatto, una dilatazione all’astro brillante, che infine diverrebbe una nana bianca, definita anche nana degenere; in sostanza, una stella di modeste dimensioni caratterizzata da bassissima luminosità. La cattura di onde gravitazionali ha consentito, agli scienziati, una importante valutazione matematica, con sufficiente grado di approssimazione: la massa dei buchi neri generanti le onde gravitazionali. L’esistenza, l’effettiva presenza di tali sinuose vibrazioni, viaggianti a 300.000 chilometri al secondo ed aventi bassa frequenza (ovvero piccola velocità di vibrazione), costituisce un vincolo per la velocità di interazione tra i sistemi dell’Universo: a titolo di semplice esempio, il movimento di un corpo nell’aria, risulta assai più agevole rispetto al moto di tale corpo in un mezzo viscoso, la viscosità chiaramente funge da ostacolo al movimento. La natura elettromagnetica (simultaneamente elettrica e magnetica, come dire una particella elettrizzata e un magnetino viaggianti “incollati”) delle onde gravitazionali, è stata dimostrata attraverso il cosiddetto “effetto lente”: i raggi luminosi “si piegano” quando attraversano una “distorsione spazio temporale”, allo stesso modo della variazione di percorso d’una sferetta inizialmente viaggiante in linea retta, poi lungo un piano inclinato, dunque deviante il suo percorso, una inclinazione di traiettoria causata appunto dal piano inclinato. Un ammasso di galassie (pesante ossia dotato di Forza di gravità) lontano 7,5 miliardi di anni luce, provoca, a causa appunto della gravità, tale deformazione dell’ambiente compatto “spazio tempo”. L’effetto lente era stato previsto dalla Teoria Generale della Relatività, elaborata da Einstein, dalla cui fantasiosissima mente venivano partorite perfette apparecchiature scientifiche; Isacsonn, biografo dello scienziato di Ulm, sosteneva che la caratteristica di “praticone” evidenziata, provenisse dalla trascorsa esperienza svizzera (a Berna) in un ufficio brevetti, dove osservando schemi e disegni realizzati dagli inventori ed illustrativi della richiesta di brevetto, lo scienziato tedesco doveva necessariamente immaginare, “vedere” le apparecchiature e la loro interconnessione: immaginazione e visione sicuramente di grosso ausilio, implicanti l’ “osservazione” di onde gravitazionali e l’infinitesimale deformazione da esse indotte nel tessuto spaziotempo, ovviamente corredate di numerosi computi, rigorose valutazioni integrate da fini e ricercate argomentazioni e deduzioni. La presenza di tali eventi gravitazionali, la dimostrata realtà elettromagnetica definita col termine “onde gravitazionali” conferma dunque che da sempre hanno percorso la Terra, transitando lungo il nostro pianeta da evento ignoto; sino alla loro scoperta, misurata dallo strumento “interferometro laser” (sensibilissimo apparecchio che confronta l’interferenza, la sovrapposizione di 2 raggi laser prodotti da una medesima fonte); ma prevista e dimostrata da Einstein all’incirca un secolo prima, una diretta conseguenza della Einsteiniana Teoria della Relatività Generale, che illustreremo nel prossimo numero.
Giuffrida Farina