È il paese che c’è, ma non si vede quell’insieme di case sparse aggrappate alla montagna, eternamente in bilico su aerei macèri della Costiera Amalfitana, dove matura l’uva di odorosi vini e s’arrossa il piennolo a raccolta di profumo di mare.
È Furore, a mezzo dell’ansa di costa, senza una piazza a godimento di ritrovo sociale; solo uno svolgersi di case lungo il percorso della strada che dalla statale 143 amalfitana sale sino ad Agerola a sorpasso di quella cima ciclistica intitolata al campionissimo: Fausto Coppi.
È Furore, unico paese su quest’ansa della luna, ad essere “borgo dipinto”, con le mura esterne delle case fattesi tela immaginaria per quegli artisti internazionali che lo hanno “affrescato” con murales a racconto di una civiltà antica, agricola e marinara.
Qui ha sede la tranquillità, è il luogo nascosto, sospeso tra cielo e terra. Scriveva Alfonso Gatto: «Le case tranquille, sognanti la rosea vaghezza dei poggi, discendono a mare in isole, in ville, accanto alle chiese». Ed è la “cartolina” di un poeta mediterraneo, che sapeva cogliere le cifre più vere di questi paesi costieri, così montuosamente marini. Paese in salita, per secoli è stato la dannazione di quanti erano costretti a portare, a spalla, i sacchi di farina dai mulini del fiordo all’abitato e a portare giù al mare del fiordo i limoni da imbarcare per le tavole dei lords.
Il Fiordo, lì dove il mare s’incuneava a insaporire lo scomparso Schiatro e i mulini raccontavano storie alle insonne barche dei pescatori, fu lo scenario dell’amore tra Roberto Rossellini e Anna Magnani. Era il 1948, il regista neorealista aveva scelto quel luogo dai pochi monazeni stretti l’uno all’altro a riparo di roccia, da lui definito “l’orrido più bello del mondo”, come set del film “Amore”, in specie per l’episodio “il miracolo” ideato e scritto dall’amico Federico Fellini, allora suo aiuto regista.
Anche se appassionato, l’amore tra la Magnani e Rossellini era anche abbastanza litigioso. «All’imbrunire, dopo le riprese nel pittoresco scenario del fiordo, i due amanti si recavano al paese per trovare ristoro dalla calura marina. Tra vigneti distesi al cielo, Anna aveva scoperto un posto spalancato sull’infinito – ricorda Raffaele Ferraioli per anni sindaco di Furore e patron della locanda Bacco – dove assaporare i “ferrazzuoli ai pomodorini al piennolo” di Donna Letizia». E i furoresi ricordano ancora quella sera in cui, in quella locanda, la “dolce e bella” Nannarella sbatté in faccia a Rossellini un piatto di ferrazzuoli avendo appena scoperto uno scambio di telegrammi con una “certa Ingrid Bergman”. In una lettera inviata al regista, la Bergman scriveva: «Caro Signor Rossellini, ho visto i suoi film “Roma città aperta” e “Paisà” e li ho apprezzati moltissimo. Se ha bisogno di un’attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire ‘ti amo’, sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei».
Da quel momento i rapporti tra i due “amanti del Fiordo” cominciarono ad andare a precipizio.
Vero è che da allora quel tipico piatto di Donna Letizia fu chiamato “i ferrazzuoli di nannarella” ma è pur vero che quella storica locanda, che oggi festeggia 90 anni di ininterrotta arte dell’ospitalità, fu lo scenario della fine del grande amore.
Era il 1930 quando «Don Raffaele Ferraioli, magnificentissimo e ospitalissimo ristoratore – raccontava Raffaele Viviani – degno dei fasti di Lucullo, una vita dedicata al suo paese, sempre pronto a narrarvi storie, luoghi, persone» decise di aprire una trattoria dedicata al dio dell’ebbrezza e del vino, della natura feconda e dell’agricoltura: Bacco. E fu l’inizio di una storia d’amore fatta di radici, tradizioni, profumi autentici che si è dipanata lungo gli anni con il sorriso, i sapori buoni di una volta che sanno di terra alta, quella dei Monti Lattari, e del sottostante mare dei miti, di profumi di mosto e di odori caseari. Qui si può mangiare totani e patate in tortiera e assaporare il liquore o i dolcetti al fico d’india, quello che spontaneo s’inerpica a rigoglio di natura, il tutto innaffiato da uno splendido “fior d’uva”. A deliziare il palato degli ospiti è donna Erminia, moglie di Raffaele ed erede di donna Letizia, che da quasi mezzo secolo è attenta alla preparazione delle varie ghiottonerie della tavola, mentre il figlio Domenico con la moglie Imma fanno sì che gli ospiti si sentano a casa loro. E’, in fondo, la Costiera con i valori autentici, eterni della famiglia e dell’accoglienza, con il sorriso di sempre.
Nel frattempo l’antica “Hostaria” è divenuta anche hotel, “nido sognante tra cento giardini”, sospeso su un panorama ineguagliabile.
La forzata “clausura” imposta dalla pandemia non ha, però, fiaccato l’entusiasmo e la voglia di ospitalità dei componenti la famiglia dell’Hostaria di Bacco. Con il suo consueto sorriso e l’enfasi dell’innata ospitalità, Raffaele Ferraioli, che ha dato un volto all’identità di un paese piccolo, ma bello e per il quale ha speso non parole, ma amore, dice: «Venite qui a Furore, nel “paese che non c’è”. Vi aspettiamo! Sono 90 anni che siamo a vostra disposizione per creare momenti di felicità».
Raffaele, che porta il nome del nonno fondatore dell’Hostaria, è la storia di Furore, una vera istituzione radicata nel tempo.
Nel raccontare questi mesi Domenico Ferraioli dice: «Ho sorriso senza accorgermene, deve essere così che si ricomincia e questo la dice lunga su ciò che stiamo vivendo. Qualche mese fa, ricominciare faceva quasi paura ma poi tutto è venuto da sé. Semplicemente. Proprio come un sorriso che nasce spontaneo».
Nonostante le incertezze dei mesi scorsi, Domenico e Imma non si sono mai persi d’animo, sapevano di dover far ricorso a tutte le loro energie per non arrendersi. «Ci siamo stretti alla nostra squadra, anche a distanza, abbiamo cercato di trovare tutti assieme nuove idee, nuovi stimoli e soprattutto di non perdere mai di vista l’obiettivo: riaprire e ricominciare! E abbiamo riaperto in ogni senso. È un po’ come buttare fuori l’aria dopo aver trattenuto il respiro a lungo, una vera e propria rinascita: riaprire gli occhi, spalancare le braccia e darsi finalmente una pacca sulla spalla per dirsi: jamme bell’!»
L’Hostaria di Bacco esiste da 90 anni, «siamo quelli della quarta generazione – ha concluso Domenico – e non potevamo arrenderci ora. Abbiamo trovato nuova linfa, forza e caparbietà. Ora ci siamo e siamo tutti un po’ più cresciuti, meno spensierati, ma molto più forti di prima».
È la Costiera del “rimbocchiamoci le maniche”, la Costiera del fare familiare, la Costa Diva anche per questa forza dei suoi abitanti.
Vito Pinto