Cosa spinge i giovani ad avvicinarsi all’agricoltura? Se fino a qualche anno fa fuggivano dalla terra alla ricerca di un impiego redditizio, oggi molti di loro ne comprano un pezzo, lo coltivano e danno vita ad un progetto imprenditoriale. Non è una leggenda metropolitana. Le stime sono chiare: su Agricoltura.it, in un articolo di febbraio 2020, leggiamo che «sono 57.083 le imprese agricole italiane condotte da under 35 e 210.402 le realtà guidate da donne» rispetto al 2019. Mentre un’analisi Coldiretti ci informa che l’Italia con i giovani alla guida di imprese agricole è leader UE. In testa le regioni del Sud, con la Campania che ne vanta ben 6252. Ma capiamo perché i numeri sono così alti e se è un bene.
Per secoli i campi sono stati visti come un qualcosa da cui fuggire. Una mentalità forse figlia del riscatto di tempi trascorsi sotto il sole cocente, di mani sporche di terra, di fatiche non retribuite. Negli anni ’50 e ’60 del Novecento vi fu un vero e proprio spopolamento. I contadini abbandonarono le campagne per riversarsi nelle città industrializzate, in Italia ma anche all’estero. Oggi, assistiamo ad un fenomeno inverso, che vede giovani al di sotto dei 35 anni interessarsi all’agricoltura. Così in crescita che si parla dei cosiddetti Millennial farmers. Ragazzi immersi nelle grandi trasformazioni, ben istruiti, dotati di capacità critica e tanta curiosità. Costantemente connessi, usano internet per informarsi, leggere, crescere e dare una svolta al mondo in cui vivono. Ma sono anche giovani insoddisfatti immersi in un mercato che privilegia il precariato. Giovani che dinanzi a loro non vedono prospettive, se non una ricerca spasmodica di lavoro e il dramma della disoccupazione, acuita anche dal Covid-19.
Così, c’è chi decide di fare una scelta radicale, e pur provenendo da altri studi, (tanti i laureati o in ingegneria, giurisprudenza, psicologia…) decide di abbandonare tutto, investire in un progetto o portare avanti l’azienda di famiglia. Quindi, lasciandosi alle spalle percorsi apparentemente soddisfacenti, rincorsi per fare carriera o per raggiungere il fatidico posto fisso. C’è ancora chi lascia tutto perché avverte l’esigenza di ricongiungersi con qualcosa di primordiale, alla ricerca di quel benessere che il contatto con la natura rilascia. Altri, invece, vicini all’emergenza climatica avvertono l’esigenza di dare vita ad un’agricoltura sostenibile. Tante le aziende nate anche in Cilento che hanno a cuore la preziosità dei suoi prodotti, così da prendersene cura seguendo con scrupolosità ogni passaggio. Aziende con all’interno persone autentiche, che lavorano la terra, ma al contempo la amano e fanno sì che questa possa regalare frutti sempre più genuini. Che hanno scelto di restare qui, investire, guardare al futuro senza allontanarsi troppo dal sentimento dei loro nonni; e che fanno in modo che quei prodotti coltivati con tanto sudore possano raggiungere vette sempre più alte.
Tuttavia, l’errore che si tende a fare è credere che la pratica agricola sia superata e che la strada del successo possa essere determinata solo da alcuni impieghi. Il settore richiede figure sempre più specializzate e qualificate per affrontare le nuove agricolture, fatte di competenze tecniche ed agronomiche. Infatti, il numero delle immatricolazione alle università di Agraria cresce. Sintomo che non sarà un fenomeno transitorio; che si tratta di un vero sbocco occupazionale; e che c’è volontà di dare una nuova vita al comparto, che si evolve di continuo. «Le nuove tecnologie digitali per l’agricoltura 4.0 di precisione sono uno strumento strategico per lo sviluppo delle aziende in un’ottica di una sempre maggiore efficienza ma anche per la sostenibilità ambientale e la lotta ai cambiamenti climatici nell’ambito del grande piano per il Green Deal europeo» – leggiamo in una nota del presidente della Coldiretti, Ettore Prandini. Perciò, non possiamo parlare più di un ripiego. Chi si avvicina all’agricoltura ha il dovere di comprenderne le logiche e specializzarsi. Perché il settore introdurrà via via sistemi digitali, anche grazie alla rivoluzione apportata dai Millennials Farmers.