Le nostre campagne si ripopolano di giovani agricoltori che, grazie ad incentivi mirati a favorire il ricambio generazionale tra padri e figli sia nella proprietà sia nella gestione delle aziende agricole.
Il motivo è presto detto: oltre alla qualità della vita lavorativa e alla redditività in termini di ritorno economico e sicuro, c’è anche una risalita importante in termini di riconoscimento sociale e di orgoglio professionale.
Nel primo dopoguerra (1918-1922) e poi nel secondo (1947-1970), intere generazioni lasciarono i campi per inseguire il sogno americano (Nord e Sud) e Australiano dove, in molti casi, trovarono condizioni difficili sia di integrazione sia lavorative.
A un secolo di distanza l’arrivo dei grandi mezzi meccanici ha trasformato il lavoro in agricoltura raccordando la millenaria tradizione con la modernità di internet e le sue applicazioni.
Non si tratta, quindi, di prendere la zappa e la vanga per accingersi a dissodare i terreni ma è la presa di coscienza del fatto che l’agricoltura, che è stata dai tempi dei tempi, l’attività primaria dell’uomo che smise di essere nomade per stabilirsi vicino ai corsi d’acqua adiacenti a terreni adatti alla semina e alla piantumazione.
Infatti, l’agricoltura torna di moda, diventa attraente e le giovani generazioni possono spendere le conoscenze apprese nelle scuole professionali frequentate nelle aziende di famiglia.
Nel momento in cui milioni di persone sono state o si sono auto “confinate” a casa e lavorano a distanza, il lavoro nei campi necessita di una presenza umana imprescindibile sia pur mediata da strumenti che non hanno niente da invidiare ad altri settori produttivi.
È un vero piacere vedere giovani che scorrazzano nella nostra pianura del Sele, lungo le pendici delle colline e sugli alti pascoli dell’Appennino con mezzi dotati di ogni più moderna tecnologia: computer a bordo dei mezzi impegnati ad arare, seminare, irrigare, raccogliere, stoccare e indirizzare al consumo che consentono di lavorare senza doversi abbruttire.
Certo i tempi di lavoro sono ancora dettati dall’alternarsi delle stagioni in una percentuale importante, ma anche su questo con la realizzazione sovvenzionate delle produzioni, raccolta e confezionamento di molti prodotti sotto serra stanno determinando il ridimensionamento del rischio d’impresa legato all’andamento climatico.
Bisogna riconoscere che l’Unione Europea, fin dagli albori, non ha fatto mai mancare le risorse necessarie al mondo agricolo e questo ha consentito all’intero settore delle produzioni agricole destinate al consumo umano o alla zootecnia di sopravvivere lungo la traversata nel “mare aperto” che ha modificato la natura stessa del mondo rurale italiano.
Le “Misure in favore dello sviluppo dell’imprenditorialità in agricoltura e del ricambio generazionale” introdotte con decreto legislativo n.185 del 21 aprile 2000 avevano aveva già dato una grande scossa al mondo agricolo delle regioni meridionali. Oggi, con il DL Semplificazione n. 76/2020, convertito nella Legge 11 settembre 2020 n.120 pubblicata in GU n.228 del 14 settembre 2020 S.O.n.33, ci sono tutte le modifiche migliorative e l’estensione delle agevolazioni a tutte le regioni.
È anche vero che i problemi, atavici e nuovi, non mancano in questo settore che ha un peso molto ridimensionato rispetto al PIL (prodotto (Interno Lordo), che rispecchia la ricchezza di una nazione. Ma proprio perché la produzione agricola è il settore primario che incide fortemente sulla qualità dell’alimentazione e, pertanto della vita di tutti i consumatori, è indispensabile che siano sempre di più le donne e gli uomini che vorranno impegnarsi per garantire a tutti che i prodotti che arrivano sulle nostre tavole siano sempre di più sani e genuini.
Bartolo Scandizzo