Serve, e subito, un milione e mezzo di euro per ridare slancio e competitività alla Cantina Sociale di Castel San Lorenzo. Lo dovranno sottoscrivere, sotto forma di aumento del capitale sociale, gli oltre mille soci, con versamenti di 2mila euro a testa. E’ la strada imboccata dal presidente Graziuso e dal consiglio d’amministrazione. Di fronte alle prime opposizioni, ha deciso di gettare la spugna, dimettendosi. E così il 16 dicembre si torna a votare. Ma la strategia aziendale è quella che lui ha tracciato. ‘In questa maniera la nostra base sociale si sceglierà la rappresentanza più adeguata per affrontare la sfida, che ha un percorso obbligato.’ dice Graziuso. Lui stesso non si ricandiderà. Nel frattempo è stato varato un programma di tagli alle retribuzioni dei dirigenti (in alcuni casi trasformate in consulenza), con gli straordinari diventati ferie e nuovi fornitori più “economici”. ‘La verità’ dice Giuseppe Graziuso ‘è che siamo una cantina sovradimensionata, nata per trasformare oltre centomila ettolitri di vino, ed oggi produciamo un terzo di quella quantità.’. L’altra leva è sui costi fissi aziendali: ‘Una struttura così grande ci costringe ad avere dei prezzi al consumo che ci mettono fuori mercato nel nostro segmento, che è quello medio dei vini.’ ricorda ancora Graziuso. Ed ecco allora venire avanti un piano di risanamento aziendale incentrato sulla riduzione degli oneri finanziari connessi al massiccio programma di investimenti (oltre 12 miliardi di lire) attuato nell’ultimo decennio. ‘A questo serve l’aumento del capitale che abbiamo chiesto ai nostri soci.’ racconta Graziuso. Ma i “proprietari” della cooperativa sono oltre mille e risiedono anche a Roccadaspide, Aquara e Bellosguardo, ed hanno risposto picche e costretto alle dimissioni il presidente e l’intero consiglio d’amministrazione. Ma l’orientamento, largamente maggioritario, resta quello di trovare la soluzione ai problemi ricapitalizzando la cooperativa. ‘L’imperativo è di “tagliare” i costi dell’indebitamento. I buchi nei bilanci, ed altre voci circolate, sono “fesserie” che rischiano di danneggiare irrimediabilmente il principale polmone produttivo della zona.’ denuncia Gustavo Peduto, direttore tecnico dell’azienda sin dalla sua fondazione. L’altra sfida, sui tempi medio-lunghi, è rappresentata dal recupero dei vitigni tradizionali, come Aglianico e Fiano, al posto della Barbera attualmente prodotto. ‘Ma siamo vincolati alle regole delle nostre doc e Igt, le denominazione di origine controllate, e solo da quest’anno possiamo derogare in direzione della tradizione campana. E poi un vigneto’ dice sempre Gustavo Peduto ‘ci mette almeno cinque anni per andare in produzione.’. Anche il direttore Gustavo Peduto lavora per trovare uno sbocco alla crisi della Cantina. Con dei veri e propri “focus group” di 70/80 soci, che riunisce ogni sera per cercare di trovare, insieme, una via d’uscita. Perché d’una cosa sono tutti convinti, qui nessuno può ancora fare a meno della “Valcalore.”
Trending
- “Fiumi, Briganti e Montagne”: Il Salernitano tra storie e storia, coraggio, mistero e resilienza
- Orientamento scolastico, Valditara scrive ai genitori
- Un Re venuto a servire
- Il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati chiede al MIM di garantire i diritti dei docenti precari: presentata diffida formale
- OMEOPATIA E DOLORE AI DENTINI DEI LATTANTI
- Scuola: emendamenti ANIEF alla Manovra Finanziaria 2025
- Modelli internazionali per combattere lo spopolamento delle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni
- 30 milioni alle scuole carcerarie, un emendamento alla Legge di Bilancio di Italia Viva