La mitica figura di Medea è stata evidenziata da Euripide in quella che forse rappresenta la tragedia greca dove “l’antieroismo” attinge i più alti vertici: Medea, al culmine di una unione assai travagliata con Giasone che l’aveva sedotta e abbandonata,attua la più orrenda e innaturale delle azioni,l’uccisione dei loro due figli; l’opera, la cui trama si snoda tra sentimenti convulsi e situazioni dinamiche, fu rappresentata per la prima volta al Festival Dionisiaco nel 431 a.C. Dante (Inferno, canto XVIII, vv. 82-96) ascolta Virgilio che illustra le motivazioni per le quali la sciagurata figura di Giasone “meritò” la sventura del Regno dei dannati: reo di – inizialmente – insidia ed adescamento, in seguito di deriva e rinuncia alla prosecuzione del rapporto, linea etica di condotta moralmente riprovevole attuata nei confronti di Ipsipile e medesimo atteggiamento poi manifestato verso Medea. Il poeta, commediografo e scrittore Franco Pastore ha tradotto, in versione partenopea ovvero in lingua napoletana, il testo greco di Euripide; la narrazione, suddivisa in 5 sezioni, si svolge fluente e briosa. Le 5 parti sono state descritte: con circuiti elettronici stilizzati; matematicamente, con grafici di funzioni modellati in guisa da evidenziare il particolare evento; infine, musicalmente, con brani di musica new age; l’autore di queste elaborazioni matematico-musicali è lo scrivente. Nulla poteva alleviare lo shock del “colpo d’ariete” subìto dalla protagonista Medea, dunque raffigurazioni di “insidiosi” circuiti elettronici e diagrammi cartesiani dall’andamento particolarmente tortuoso, musiche rappresentative di stati d’animo d’estrema angoscia, con il cuore di una donna simile ad un circuito per il deflusso di acqua tragicamente inquinata da artigli velenosi esplosi dentro il suo animo devastato. Di seguito alcuni passi della trama, esplicitati dal prof. Pastore nella introduzione. “La vendetta è una dinamica del comportamento sociale e come tale è presente fin dalle culture arcaiche. Ad Atene, la vendetta personale, quale necessità di riparare l’equilibrio infranto da una colpa originaria, era considerata un dovere sociale. Fu, nel 620 a. C. che Dracone vietò ai suoi concittadini di vendicare da sé i torti subiti. Questa esigenza, infatti, produceva sia un eccesso di distruttività, sia profondi sensi di colpa per l’aggressività liberata. Nessuna arte ha rappresentato questa dicotomia con la stessa vividezza e lo stesso realismo del teatro greco… Su tutte le altre protagoniste della drammaturgia greca si erge, incancellabile, la statura tragica della Medea di Euripide; la tragedia più atroce di una donna, controversa e tormentata, che per vendicare l’ingiustizia subita dall’uomo che l’ha ripudiata, compie l’atto più innaturale e imperdonabile di tutti, l’infanticidio… La tragedia, così come la leggiamo in Euripide, espone il modello familiare tradizionale nella Atene del V secolo a. C. Di fronte allo sdegno ed alla disperazione di Medea per le nuove nozze del marito, Giasone contrappone motivazioni che potevano apparire sensate all’ateniese medio:la necessità di generare nuovi figli,una delle funzioni più importanti in assoluto soprattutto per motivi bellici era la procreazione; assicurarsi una adeguata posizione sociale;la convinzione dell’eroe ellenico che avesse fatto già molto per Medea, portandola via dal mondo barbaro in cui prima viveva (la Colchide) ed onorandola; la evidenziazione dei vantaggi che le nozze con la figlia del re di Corinto, Creonte, avrebbe recato ai loro figli. Motivazioni non efficaci a placare l’odio scaturito da un grave torto subito”. Traslando il discorso in ambiente africano (Cartagine, oggi città tunisina),il prof. Pastore ha “Napoletanizzato” ed io ho rappresentato (con grafici, diagrammi cartesiani sugli assi X ed Y,di particolari espressioni definite “funzioni irrazionali”) l’irrazionale ossessione della sovrana di Cartagine, Didone, verso Enea che l’aveva abbandonata in quanto la Sorte aveva prescritto all’eroe la futura eredità di Roma;la regina è vittima della freccia di Cupido che la colpisce provocando la sua follia e spingendola al suicidio. Altre tre rivisitazioni del professore sono le conversioni,in lingua napoletana: della VIII satira di Orazio, con la lignea descrizione, nella Satira delle streghe, di “Priapesche dimensioni” sortenti l’effetto d’allontanare le maghe Canidia e Sàgana, intenzionate a richiamare gli spiriti infernali nella zona dell’Esquilino; poi, della “Prima Catilinaria” ovvero l’accusa di Cicerone a Catilina, denuncia pronunciata di fronte a tutto il Senato, evidenziante la congiura ai danni dello stesso Cicerone e della Res Pubblica; infine, della “Vendetta di Ulisse”, dal libro XXII dell’Odissea,descrivente sanguinose lotte e ardue prove brillantemente superate da Ulisse. Di seguito le caratteristiche della pubblicazione, il volume concerne dunque l’interazione tra narrazione e rappresentazione grafica/musicale; il titolo: RIVISITAZIONE, IN LINGUA NAPOLETANA ED ILLUSTRATA CON GRAFICI, EQUAZIONI E BRANI MUSICALI, DI ALCUNE CELEBRI OPERE DELLA CULTURA GRECA E LATINA. Autore: Franco Pastore. Presentazione: Alberto Mirabella. Illustrazioni e brani musicali: Giuffrida Farina; pagine 74. Editrice: Antropos in the world.
Giuffrida Farina