A voler star dietro ai creduloni degli oroscopi, ai chiromanti e via discorrendo, quel 5 febbraio 1960 doveva rimanere fuori da ogni impresa umana: era venerdì e di un anno bisestile e si sa cosa si dice di quei giorni e di quegli anni. Invece la Cineriz e il regista, Federico Fellini, decisero proprio quel giorno per la prima assoluta, a Milano, del film “La dolce vita” con Marcello Mastroianni e Anita Ekberg. Un film che ha compiuto 60 anni e che è stato simbolo di un’epoca vissuta, soprattutto in estate, dalla prima generazione di giovani del secondo dopoguerra all’insegna di una spensieratezza dove la goliardia si miscelava con il dolce far niente dell’estate. Un film che fece epoca per la sua spider decapottabile Triumph TR3, per il maglione “alla dolcevita”, per aver coniato parole entrate nel linguaggio corrente, come “paparazzo”, fastidioso fotografo, soprattutto dei vip, in cerca di un bacio proibito, di un semplice “mano nella mano” o di qualcosa che, comunque, facesse notizia. Era stato presentato di venerdì di un anno bisestile, ma al Festival di Cannes, presidente della Giuria George Simenon, si aggiudicò la “Palma d’oro”.
Si chiudeva, finalmente, un’epoca, la nazione, la Repubblica Italiana girava pagina e sulle piste a danzer ci si scatenava in balli frenetici o dolcemente si accarezzava la fiamma del momento su qualche “rotonda sul mare”. Così dall’immaginifica Via Veneto del film, quella dolce vita si trasferì in tutte le più rinomate località balneari.
Non scampò a questo benefico tornado neanche la Costiera Amalfitana, che, anzi, ebbe il punto clou nella mitica “Africana” del compianto Luca Milano, ricavata in un antro di roccia a picco sul mare: di grande suggestione erano gli oblò nel pavimento a mostrare l’illuminato mare sottostante con la danza dei pesci attirati dalla luce. Luca Milano amò questa sua invenzione come una bellissima donna e la teneva in pugno come una frizzante coppa di champagne. Un mito l’Africana nel mito de la dolce vita, per la qualità delle serate (vi era sempre qualche sorpresa), ma anche per la gente che la frequentava: era il luogo della “notte viva”. E fu su questa pista levigata, al centro di un ampio circolo di tavolini, che Jacqueline Kennedy, la first lady americana in vacanza a Ravello, riuscì ad alterare l’impassibile far-play di Gianni Agnelli, preferendo il giovane rampollo al maturo genitore per un ballo a piedi nudi.
Bastavano pochi passi e si era con i piedi nel mare dei miti e della storia: erano gli anni degli amorazzi e delle “amicizie particolari” che transitavano gli italiani dal fidanzamento al flirt e che facevano sognare i giovani per un romantico “baciami Marcelo” richiesto da una bionda vichinga o da una figlia di Albione, da una teutonica fräulein o da una trasognata mademoiselle. Ce n’era per tutti i gusti: quella sì che era un’Europa unita!
La Costa Diva sognava e faceva sognare con le magie di Positano, Praiano, Ravello, Amalfi. I rocciosi e lunati tornanti della SS.163 erano frequentati da “familiari” FIAT 600 decapottate e da fiammanti spyderini – leggendario il 750 rosso della Innocenti – con a bordo “giovani leoni” vogliosi di prede straniere. Comoda, per quella strada, anche la Vespa, diventata mitica due ruote dopo le “Vacanze romane” di Gregory Peck e Audrey Hepburn. “Dove sta la fabbrica di queste diciassettenni” si chiedeva, guardando una ragazza in bikini, il giovane e indimenticato Vittorio Pugliese nei “Leoni al sole” di Vittorio Caprioli, girato a Positano: giungevano dai paesi nordici con le loro biondissime chiome sbrigliate nel salmastro vento della costa. Poche erano le parole italiane che le bionde vichinghe o le figlie di Albione sapevano pronunciare: “Questo posto è (in)canto” e “Ti amo, bacia mi”. I giovani leoni, a digiuno di lingue straniere, avevano imparato “i love you” e “besame mucho” ricordando una canzone senza tempo lanciata dal messicano Emilio Tuero; ci mettevano tutte le inflessioni passionali italiche, ma non era la stessa cosa: la magia scattava quando, quasi in un sussurro, dicevano “Baciami, amore”… ed era l’armonia del mare.
Da Cinecittà e Hollywood i big del cinema come quelli della musica e del jet-set scendevano su queste coste. «E anche regnanti» sottolineava Luca Milano. Negli incontri “per pochi amici” che ogni tanto organizzava al di fuori dell’ufficialità, Luca amava raccontare squarci di vita nella grotta: «Qui, all’Africana, una sera giunse a cena la Regina Giuliana d’Olanda con il marito, il Principe Bernardo. Mentre li guidavo alla visita del locale, feci apparecchiare un tavolo sospeso sul mare e improvvisai un barbecue sugli scogli, mentre di fronte due lampare tiravano a bordo le reti, il cui pescato fu subito messo sulla brace e servito ai reali olandesi. Inoltre feci nascondere due posteggiatori che rimandavano suadenti musiche con chitarra, fisarmonica e un mandolino che parlava d’amore. E fu la magia: la Regina si lasciò andare ad un gesto fuori ogni protocollo».
Le mille luci dei paesini appesi ai maceri o distesi sul litorale marino irretivano con lo sciabordio delle onde, il profumo di fritture di fragaglia spruzzate di sfusato amalfitano, con la musica del sax di Fausto Papetti o la calda voce di Fred Bongusto: tutto era complice perché “la dolce vita” continuasse a vivere oltre gli anni da dimenticare e negli anni di quello che sarà il miracolo economico italiano. Ancora ci si chiede come si riuscì in quella trasformazione e in modo così rapido: forse fu proprio quella pellicola presentata un venerdì di un anno bisestile a dare la stura a fantasie nascoste, a genialità represse.
Anno dopo anno, in quei fulgidi anni sessanta, le estati si accendevano di nuovi, sfavillanti colori, di nuove conquiste, di sempre più complici musiche: Peppino Di Capri scatenava i giovani con il suo “Let’s twist again”, mentre Nico Fidenco confidenzialmente raccontava “Come nasce un amore”; Los Hermanos Rigual guardavano all’orizzonte con “Cuando caliendo el sol” e la voce suadente di Dean Martin lanciava anche in Italia il memorabile “That’ Amore”. Una sera alla rinomata “Buca di Bacco” di Positano, Jackie (Kennedy) chiese a Cesare Feraboli, delizioso maitre, di cantargli “Volare”, ma lui, stonato com’era, girò la richiesta a Marino Barreto jr. che era nel locale: e fu la magia.
In quelle estati di dolce vita vi erano amori di vip, nascosti e palesi, e amori di giovani “campatori” squattrinati, amori giurati eterni al mormorio del mare… che si scioglievano ai primi soffi di vento autunnale. “L’estate se ne andrà insieme al sole, l’amore se n’è andato già con lei, settembre poi verrà ma senza sole e forse un altro amore nascerà” cantava Peppino Gagliardi. Ma si sa: quelle erano le estati della dolce vita.
Vito Pinto