Il periodo che abbiamo attraversato in questi mesi di emergenza Covid-19 rappresenta indubbiamente un evento epocale, complesso e che chiama ognuno di noi a responsabilità ed azione. È stata messa a dura prova una parte più che consistente della nostra vita, sia da un punto di vista emotivo e psicologico, ma anche economico e sociale ed è in questo senso che le difficoltà in cui ci siamo imbattuti e che ci attendono devono necessariamente divenire opportunità di crescita ed evoluzione. È la fiducia in ciò che siamo stati capaci di fare come popolo attraverso il tempo, la storia e la resilienza che abbiamo dimostrato essere parte della nostra natura di italiani, capaci di risorgere, che devono oggi rappresentare le nuove certezze, in un momento in cui ci sembra di perdere ogni riferimento.
Ci sono storie di vita che raccontano proprio questa forza e questa determinazione a non soccombere, ad andare avanti, trovando risorse profonde e strumenti nuovi per disegnare il futuro. Ecco che la vita di Antonio Miniaci, gallerista e mercante d’arte, e le vicende professionali e umane soprattutto che la hanno caratterizzata, parlano di creatività e speranza, ma anche di volontà ferrea e capacità di vedere soluzioni e occasioni dove la nebbia spingerebbe alla rinuncia.
Antonio è un uomo venuto dal nulla e che si è creato da solo. Nasce ad Albanella nella campagna salernitana in anni in cui i bisogni fondamentali erano una conquista, siamo al principio degli anni Cinquanta in una zona d’Italia difficile ed egli cresce in una casa in cui acqua e luce rappresentano un lusso conquistato a fatica, con il lavoro duro e senza tregua di un padre e una madre infaticabili. Ma Antonio è circondato dall’amore di una famiglia allargata, in cui genitori e nonni sono presenti e riferimenti fondamentali, sullo sfondo di quella bellezza che sola è capace di regalare sogni e visioni: natura, storia e arte sono stati gli strumenti che hanno donato speranza al giovane Antonio fin dal principio.
Questo ragazzo, che sognava di conoscere il mondo, esce da casa a tredici anni per studiare in un collegio di frati domenicani ed è lì che incontra l’arte; la passione di un frate per il disegno e per la storia dell’arte lo incuriosiscono e rappresentano il primo contatto con quello che diverrà, dopo anni e percorsi differenti, il suo mondo.
Antonio sceglie poi di svolgere i suoi studi nel turismo, è la scuola alberghiera di Salerno a permettergli di visitare ed apprezzare prima i luoghi più suggestivi dell’Italia che tanto amerà nella vita, da Arezzo a Firenze, da San Gimignano a Rimini e ancora Orvieto e Roma, e successivamente sempre grazie a quegli studi ecco la volta di Bruxelles, dove le dure esperienze iniziali lo segnano e sembrano minare il suo grande entusiasmo. E’ proprio grazie a queste difficoltà che Antonio ancora una volta non demorde e scopre altre e preziose risorse interiori che gli permetteranno di trasformare un’esperienza complessa e sfidante in un periodo splendido della sua vita. Un significativo segno ad indicargli il suo destino è rappresentato da un incontro senza pari, nell’albergo in cui lavora a Bruxelles: casualmente si imbatte in Salvador Dalì, rimanendo folgorato e incantato da questa figura e dalla magia che lo circonda, inizia a sognare qualcosa di diverso. Solo a posteriori Miniaci comprenderà che quella non fu una casualità, ma un vero e proprio messaggio a suggerire una strada.
Rientrato in Italia per necessità e contro voglia, il giovane Antonio svolge il servizio di leva vicino a Milano, ancora una volta ecco che questo ragazzo pieno di entusiasmo e sogni vive il presente cogliendone le opportunità e gli aspetti più positivi. Questi sono gli anni in cui conosce la futura moglie e grazie a lei si avvicina concretamente al mondo dell’arte, Jose lo mette in contatto con un grande mercante, amico di famiglia, e sprona Antonio a studiare e a prepararsi a quello che sarà il suo lavoro e la sua vita.
Ecco che Antonio ricomincia gli studi, di giorno lavora e di sera è iscritto alle magistrali, che termina con la tesi sul grande scultore Antonio Canova. Prosegue e si iscrive allo JULM di Milano, studiando lingue, ma interrompe quando il lavoro lo assorbe totalmente e gli regala grande soddisfazione, decisione che mai si perdonerà.
Con umiltà e barcamenandosi tra lavoro e studio, il gallerista visionario inizia il suo percorso vendendo grafiche dei più grandi maestri del Novecento. Supportato e motivato da galleristi milanesi che riconoscono in lui doti e talenti preziosi, egli ha la possibilità di mettersi alla prova per la prima volta in una realtà tanto complessa quanto stimolante. Sono proprio le sfide che Antonio accoglie nella vita a temprarlo e a regalargli l’occasione di creare e fare sempre meglio. Determinato a divenire un gallerista d’arte coltiva relazioni e contatti, apre un primo piccolo ufficio a Milano fino a quando non si sente pronto al grande passo: sogna una vera e propria galleria d’arte tutta sua. Sarà la sua terra di origine, precisamente Santa Maria di Castellabate, ad accogliere il risultato degli sforzi di anni, ma sbaglia il luogo e le tempistiche, la galleria non funziona ed egli è costretto a scegliere se rinunciare o trovare forza ed energie per spingere ancora maggiormente sull’acceleratore: ne apre una seconda e questa volta sceglie Positano, con grande successo e risultati degni di nota.
Questo è l’inizio di un percorso incredibile, fatto di continue aperture e incontri irripetibili. Capri, San Gimignano fino a tornare a Bruxelles sotto una nuova veste e orgoglioso di poter dimostrare ciò che negli anni aveva conquistato.
Il momento forse più significativo e gratificante nella carriera di Antonio Miniaci è rappresentato dall’apertura della galleria in via Brera a Milano, un momento d’oro quello in cui inaugura gli spazi eleganti di quella che sarà sempre la base e la sede principale della sua attività, anche quando si troverà a girare per il mondo aprendo nuovi spazi, fino a contarne ben sette.
Moltissime le mostre che Miniaci inaugurerà a Milano di grandi maestri del Novecento, ma anche di giovani talentuosi nei quali Antonio crede e che sostiene, moltissimi i critici d’arte che passano di qui, i personaggi del mondo dello spettacolo e della musica attirati dalla bellezza e dalle atmosfere che la galleria di Brera è capace di offrire.
Ecco che Antonio si sente pronto per nuove sfide: prima nei Caraibi, ad Anguilla, accanto ad un italo americano che diverrà suo grande amico e poi a New York ed è la Quinta Strada che accoglie un nuovo spazio d’arte. Il gallerista visionario sta vivendo uno dei momenti più felici della sua carriera. Il sogno di New York però dura pochi mesi, siamo nel 2001 e la catastrofe legata al crollo delle Torri Gemelle colpisce economia, certezze e il cuore della Grande Mela e non solo. L’evento ha ripercussioni in tutto il mondo e Antonio questa volta sembra non farcela, lascia la galleria e affranto e spaventato si ritira nella sua Italia, tra gli affetti e il calore della famiglia. Forse è la prima volta in cui il gallerista dubita profondamente di se stesso, del futuro e i sogni e le speranze sembrano abbandonarlo. Ci vorrà tempo e calma perché egli possa riprendersi, ritrovando pace ed equilibrio, per risorgere nuovamente e trovare la forza necessaria per una nuova sfida.
Questa volta è il figlio Gianluca, artista e appassionato di cinema, a suggerirgli la nuova meta. Lo porta a Venezia, frequentano gli ambienti più stimolanti ed ecco che Antonio d’improvviso ritrova il suo piglio. Apre a Venezia e subito dopo a Hong Kong e poi ancora a Miami, affrontando tutta una serie di inevitabili complessità che è pronto ad attraversare e superare grazie alla forza che gli arriva dalla capacità di sognare.
Ed è proprio questa attitudine, acquisita da bimbo seduto a sognare nel cortile di una casa di campagna alle porte di Paestum, che rappresenta per il gallerista lo strumento più importante, è proprio tra le visioni e l’ardire di sogni senza limiti, che Antonio Miniaci trova ogni volta la forza e gli strumenti per rendere concrete realtà che per molti rappresentano improbabili utopie.
Milano 2020: ancora una volta siamo davanti ad una grande sfida, per Antonio e per ognuno di noi, l’emergenza Covid – 19 rappresenta l’evento incontrollabile al quale non si può sfuggire, ma allo stesso tempo è questa occasione per rimettersi in discussione e ripartire con nuova forza e nuove idee, possibilmente attraverso una consapevolezza ritrovata rispetto alla necessità di maggiore e imprescindibile umanità e fratellanza. Antonio è certo che come fu superata la crisi del 2001 con la tragedia di New York, anche oggi riusciremo a superare incertezze e paure, attivando quelle risorse che si trovano in ognuno di noi.
Miniaci ha risposto a questi mesi di sconvolgimento con rinnovamento e creatività, condividendo i progetti nati durante questo duro periodo con coloro che hanno dimostrato desiderio di rinascita, oltre a serietà e determinazione. A partire dalla collana di libri dedicata alle storie di vita, per passare alla rivista dedicata al mondo dell’arte e della bellezza dei territori, rinnovata e dotata di nuova linfa, per finire con lo sviluppo del Club Miniaci che dopo anni di quiete si espande verso nuovi orizzonti, dando la possibilità a molti di divenire ambasciatori di arte e cultura nel proprio territorio di origine.
Un esempio di coraggio quello rappresentato dalla vita di Miniaci, ma allo stesso tempo di evoluzione che vede un uomo di circa settant’anni mettersi in discussione e fare autocritica. Ma allo stesso tempo il gallerista ribadisce l’importanza di un cambiamento radicale che interessi tutta la società, si schiera contro le dinamiche distruttive che da troppo impoveriscono il Sud Italia ed è convinto non sia più derogabile una trasformazione a livello istituzionale: la presa di coscienza richiesta ai cittadini deve interessare il mondo politico e le Istituzioni perché davvero qualcosa cambi.
Ascoltiamo a completamento di questa testimonianza la voce di Antonio Miniaci, che non teme di esporsi e grida il suo appello. Il gallerista visionario, che ha fatto della sua vita una missione, non rinuncia a dire la sua innanzi a ingiustizie e ipocrisie e chiede l’intervento delle Istituzioni in un momento delicato e che dovrebbe rappresentare un passaggio catartico dopo il grave periodo di emergenza Covid.
“Nel ringraziare per questa opportunità di espressione concessami, voglio rivolgermi al pubblico che più amo, quello capace di pensiero critico e di mettersi in discussione giorno dopo giorno.
Il mio è un grido di dolore, di mortificazione e disperato. Sento alla mia età, ne ho compiuti ben settanta in questo complesso 2020, di poter e dover esprimere in modo diretto e senza giri di parole la mia delusione. Dopo anni passati a viaggiare per lavoro in gran parte del mondo e dopo aver acquisito una mentalità nuova ed evoluta grazie alla commistione inevitabile che l’incontro di culture differenti regala, ho il grande desiderio di far crescere quel sogno nato tanti anni fa, che si pone l’obiettivo di portare nuove energie e chance nella nostra Italia.
Italiani nel Mondo: questo non è per me uno slogan, né tanto meno un modo di fare business, ma al contrario queste poche lettere esprimono il mio grande amore per il popolo italiano, che esso risieda nella nostra terra o all’estero, e che in ogni caso considero un’unica grande famiglia. E come in tutte le famiglie continuo a credere che ci si debba aiutare reciprocamente, nei momenti di difficoltà e disperazione.
Sono circa quarantacinque gli anni che ho impegnato nel mondo dell’arte e circa venticinque quelli che ho dedicato al progetto che nasce all’interno del Club Miniaci e che si pone l’obiettivo di riportare l’attenzione dei nostri italiani nel mondo proprio nella loro terra d’origine, attraverso progetti, arte e cultura, energie ed investimenti da concentrare qui da noi per la soddisfazione di tutti.
Ciò che ho fatto io, nel mio piccolo, è stato ad un certo punto della mia carriera scegliere di investire nella mia terra natia, proprio mentre realizzavo sedi del mio Club in tutto il mondo ho scelto quale base principale e culla per ciò che stava crescendo proprio Albanella, vicino Paestum, luogo in cui sono nato appunto e che amo profondamente. Ma qui sono molti i progetti preziosi e capaci di bellezza e che necessitano di linfa e aiuto per poter crescere. C’è davvero tanto da fare, tante e tante energie da convogliare su un territorio dalle caratteristiche uniche che attende solo di poter fiorire come molti angoli del Sud d’Italia.
Quante persone ho incontrato, in quanti luoghi ho vissuto: da Capri a Positano, da Milano a Cortina e ancora la Toscana e poi l’America, penso a New York prima e Miami dopo e ricordo ancora Bruxelles e il soggiorno a Venezia. Ma come sede del mio Club e spazio a cui riservare le mie energie migliori e il frutto di una ricerca costante che si chiama vita ho voluto quella casa costruita tanti e tanti anni fa da mio padre, quattro camere che ho trasformato in una residenza artistica in cui proporre convegni e incontri con artisti e critici, in cui portare stimolo e occasione di evoluzione e cultura, per amore e solo per amore della mia terra.
Ho cercato di dare l’esempio e ho voluto investire proprio tra quelle persone che rappresentavano per me una grande famiglia. Allo stesso modo ho cercato di riportare nel nostro Paese energie e investimenti di italiani lontani, innamorati delle proprie origini e pronti a creare qualcosa di bello. Negli anni ho tentano di coinvolgere amici e collezionisti nel mio entusiasmo, italiani conosciuti nel mondo e che potevano vantare un percorso professionale di grande successo. Purtroppo in quel periodo scoprii quanto eravamo indietro rispetto ad altri Paesi e mi resi conto di quanto non fossimo capaci di valorizzare le bellezze di cui siamo sempre stati ricchi.
Un esempio dei tantissimi italiani nel mondo che hanno fatto fortuna è indubbiamente rappresentato da un grande imprenditore, Leandro Rizzuto, di origini siciliane e desideroso di fare la sua parte per quell’Italia che in quanto a potenzialità non è mai stata dietro a nessuno. Ne sono ancora certo, quelle potenzialità che potrebbero in qualsiasi istante farci rifiorire, creando spazio e occasioni per tutti, non furono sufficienti e continuano a non esserlo, furono infatti la burocrazia, lunga e complessa, e le dinamiche di clientelismo, vecchie e malate, a impedire a questo imprenditore, come ad altri, di investire da noi.
Leandro girò con me in lungo e in largo il Paese, si innamorò più volte di posti di grande fascino e possibilità, ma finì con il rinunciare e dovette scegliere quale meta per i suoi investimenti i Caraibi, dove aprì uno splendido resort, capace di far sognare e dare lavoro ed opportunità a molti.
Cosa non funzionò allora qui da noi? Purtroppo fu proprio ciò che dopo trent’anni continua a non funzionare e vede lo spreco di energie e talenti a causa dell’incapacità di evolvere e costruire che caratterizza il nostro Sud, soprattutto. Quando Rizzuto realizzò “Cuisin Art”, ad Anguilla nei Caraibi, furono le Istituzioni a sostenerlo, i suoi progetti furono apprezzati e supportati dalle Istituzioni stesse che non permisero a quell’idea di grande valore di naufragare, ma al contrario di ciò che era accaduto in Italia furono ben lieti di rendere possibile la realizzazione di un sogno che avrebbe portato bellezza e nuove energie in un posto stupendo.
Oggi come allora la società in cui viviamo segue modi e strade che troppo spesso non permettono di vedere la persona giusta nel posto giusto; in Italia e nel Sud in particolar modo, troppo spesso i meriti, la preparazione, le doti imprenditoriali non fanno parte di quella cassetta degli attrezzi che ogni dirigente dovrebbe portare con sé. Investimenti e finanziamenti vanno spesso dove non dovrebbero, lasciando senza nutrimento e benzina chi potrebbe per capacità realizzare grandi imprese.
Quante volte ho visto interrompersi costosissimi progetti solo dopo pochi mesi dall’incasso di finanziamenti e fondi stanziati: come per magia tutto si bloccava nell’incredulità e nell’impotenza di molti. Quante volte ho assistito allo scempio, allo spreco, alle scelte legate a favori e scambi e che non si basavano su valutazioni ragionevoli e concrete. Clientelismo e favoritismo continuano a farci perdere opportunità e a impoverire sempre più il nostro Sud, credo che senza un vero e proprio cambiamento di mentalità non potremo mai risorgere e le bellezze di cui è ricca l’Italia continueranno a non trovare la luce che si meritano. Fino a quando i grandi professionisti saranno costretti a scappare dall’Italia e a non trovare orecchie che gli ascoltino vedremo assottigliarsi speranze e possibilità di rinascita, con grave perdita per tutti noi.
Mi scontro ogni giorno con questa realtà, ma ogni volta la delusione e il dolore mi affliggono ed ecco che ancora osservo i raccomandati procedere nel loro cammino all’insegna dell’interesse privato, mentre i meritevoli e i competenti sono costretti a ritirarsi in silenzio, schiacciati da una mentalità sempre e troppo uguale a se stessa.
Le nuove generazioni rappresentano il futuro per noi tutti ed è a loro che si deve dare l’esempio, a loro aprire le porte perché facciano meglio dei padri, conducendoli e regalando esempi di correttezza e giustizia. I nostri professionisti di grande valore del Sud Italia, coraggiosamente rimasti nella loro terra, dovrebbero venir valorizzati e non esclusi dalle opportunità, ascoltati e messi nella condizione di dare una mano.
Non mi arrendo, però, non mi arrenderò mai e continuerò a “predicare”, come ogni tanto qualche mio amico mi dice sorridendo, quella giustizia che troppo spesso manca.
Quanti amici del Sud mi hanno confidato negli anni la loro disperazione, la delusione e la sensazione di impotenza che solo chi prova a lottare contro i mulini a vento può capire; alcuni hanno reagito, altri sono crollati sotto al peso della disillusione, altri ancora sono partiti per l’estero realizzando fortune per sé e per il luogo in cui si sono trasferiti. Mi domando come sia possibile lasciare che tutti questi talenti abbandonino la propria terra, per delusione e mancanza di possibilità.
Sì, è un grido il mio, un grido che non trova pace e si rinnova ogni volta all’ennesimo scontro con una realtà che non accetta evoluzione e cambiamento. Ed oggi ancora maggiormente quando sento di non essere compreso e quando capisco che le azioni e le lotte vengono travisate e stravolte, provo tristezza infinita. Il grande amore che mi lega alla mia terra mi ha fatto scegliere di investire dove più difficile; avrei potuto farlo in qualsiasi angolo del mondo ma invece è dove sono nato che ho scelto di portare il frutto del mio lavoro, affinché possa divenire motivo di crescita e condivisione.
Ma ogni volta che mi trovo a combattere con dinamiche che non accetto e quando lo sconforto mi sta assalendo trovo in fondo alla mia anima nuove energie, decido di non arrendermi ma di reagire attraverso ciò che mi compete. Oggi è ancora una volta l’amore per gli italiani che diventa strumento di rinascita e speranza per un futuro migliore: la collana di pubblicazioni nata proprio in questo anno complesso e promossa dal Club Miniaci vuole dare spazio alle preziose storie di chi non si è perso d’animo, tra i meandri di una burocrazia riflesso di ingiustizia, ma che ha saputo trovare forza e coraggio per combattere le proprie battaglie. E’ questo il progetto a cui dedico oggi il mio entusiasmo e l’amore per la vita, perché il racconto e la testimonianza di chi ha realizzato i propri sogni attraverso percorsi sani e meritevoli, diventino un bene comune e motivo di ispirazione per molti.
Viaggiando per l’Italia intera voglio dare spazio a chi si senta di gridare insieme a me, attraverso la propria testimonianza, per continuare a lottare insieme e a credere che una realtà migliore sia possibile. Che questo momento tanto complesso, che ci ha messo a dura prova a causa dell’emergenza Covid, diventi terreno fertile per idee e cambiamento, perché riflessione e rinascita siano possibili per tutti noi.
Mi rivolgo alle Istituzioni e ai Sindaci, mi rivolgo all’amato Sud, affinché vengano accolti e valutati i progetti e le idee nella loro complessità, per il valore che sono in grado di portare da tanti e tanti punti di vista ad una terra meravigliosa, la nostra. Da soli non siamo nulla e non possiamo realizzare nulla, abbiamo bisogno gli uni degli altri, credendo e sostenendo una realtà fatta di bellezza e capacità, dove talento e meriti trovino il giusto spazio. Grazie per questo momento di comunicazione, che diviene per me possibilità di raccontarmi e trasmettere ancora una volta il desiderio di evoluzione che ha reso la mia vita una vera e propria ricerca costante”. Antonio Miniaci
Claudia Notargiacomo