LA STORIA
Una fattura mai esistita ma che ti rovina la vita. Subisce una perquisizione a casa e in azienda alla ricerca del documento e così l’esistenza di Filadelfio Cammarano, da Ceraso, cambia radicalmente. Passando da celebrato imprenditore innovatore che aveva popolarizzato e portando alla portata di tutti l’illuminazione a led a pericoloso ed incallito evasore fiscale. L’8 agosto del 2011 verrà rinchiuso in carcere insieme ad alte sei persone con l’accusa di aver promosso ed organizzato un’associazione finalizzata alla frode fiscale con emissione ed utilizzo di fatture fiscali.
LA FORTUNA
Una storia, la sua, cominciata sotto tutto un altro segno. Per ventidue anni è stato dipendente comunale di Ceraso fino a diventarne il capo dell’ufficio tecnico. Poi lascia, e utilizzando i fondi che metteva a disposizione una legge, che udite udite, promuoveva l’imprenditorialità giovanile nel mezzogiorno, con intuito e lungimiranza crea la società “Elettronica Gelbison”. Nel 2001 vince gli viene riconosciuto il Premio regionale della qualità, inizia a fornire i colossi di produzione automobilistica e telefonia da Mercedes a Siemens, si propone di illuminare il futuro Ponte sullo Stretto di Messina. Un crescendo di successi anche all’estero con lavori a Londra. Illumina i grattacieli degli sceicchi di Abu Dhabi. Ha dato luce anche alla cilentana, la superstrada, quando dopo anni di attesa viene ultimata. Dieci anni di successi che terminano il 12 aprile del 2011. L’inizio del suo calvario giudiziario.
LA SFORTUNA
Nel suo ufficio vallese conserva ancora le copertine dei magazine che lo dipingono come un novello Adriano Olivetti che per suo accidente risiede nel profondo Cilento. Con i suoi ingegneri, ma non è Aiazzone, realizza l’illuminazione pubblica con consumi ridotti del 60% e altri ritrovati similari sulle auto. Olivetti più Archimede, va forte questo Cammarano qua. Non sa, o meglio si sente al sicuro nel suo Cilento, che non puoi rompere le uova nel paniere ai maggiori produttori di energia del mondo, o qui, alle imprese che lavorano con i comuni. Lui conosce i suoi polli, ci ha passato 22 anni a una scrivania dell’ufficio tecnico di Ceraso. La storia di Filadelfio Cammarano, imprenditore e innovatore, “deve” cominciare da questo punto. Apprenderà dopo che la Procura vallese lo teneva da quattro anni in stand by, in attesa. Nel 2011 c’è chi decide che è ora di farla finita con lui. Usano mezzi legali, evita così epiloghi più tragici, tipo Enrico Mattei o Angelo Vassallo, e così oggi può continuare a raccontare la sua storia. La Gip Valeria Campanile il 6 luglio 2016 ha sentenziato che l’imprenditore – scienziato innovatore è estraneo al sopraggiunto fallimento della sua impresa, “il fatto non costituisce reato”. Quell’impresa che era stata legalmente strangolata impedendogli di partecipare ad appalti e distruggendone la reputazione. Anzi i suoi soci gliela sottraggono.
RIPRENDERSI L’AZIENDA
Ora sta vedendo i modi per recuperarla. La Prefettura ha bloccato tutte le procedure esecutive ai suoi danni e sta accogliendo la sua domanda di essere ammesso al Fondo di Solidarietà per le vittime di estorsioni e dell’usura. Nel merito del procedimento, con lentezza, sta cercando di rimettersi in piedi. L’Agenzia delle Entrate ha messo nero su bianco che dalla clamorosa vicenda delle fatture false che lo ha coinvolto, al netto delle promozioni dei finanzieri artefici dell’operazione di polizia, lo Stato non ha recuperato un euro. False accuse o inefficienza? “L’unica cosa che m’interessa – dice Cammarano – è lo strazio che hanno fatto della mia persona. La società tedesca Eon, la nostra Enel, mi ha chiuso tutti i rapporti con una gelida mail, decine di miei interlocutori nel mondo degli affari da un giorno all’altro hanno smesso di rispondere alle mie telefonate”. Cinque anni fa, quando mi raccontò per la prima volta della sua disavventura si lamentava che gli inquirenti ricevevano i suoi esposti e non succedeva niente. Ora invece qualcosa si muove. Sono di Filadelfio Cammarano i cavi elettrici ultrapiatti per la sicurezza stradale prodotti d’intesa con l’Anas; quindi le luci da galleria. E poi la corsa vinta con i cinesi per i Led a energia fotovoltaica, per le basse temperature delle lampadine o per il controllo a distanza. O il lavoro sulle resistenze su film a basso voltaggio per non far appannare gli specchietti esterni di Mercedes, Bmw o grossi modelli Gm. Una corsa scientifica e imprenditoriale che non meritava di essere interrotta, che grida vendetta al cospetto di Dio, interrotta da inchieste giudiziarie impantanate da sole per la loro inconsistenza, amplificata da articoli di stampa scritti con il copia e incolla da veline da fante giudiziaria, e che stanno ancora su Internet. Che può fare un povero Cristo? Più cilentano di lui, anche nel nome che richiama certi patrioti dell’Ottocento, non si può. Filadelfio resiste resiste resiste. Testa dura, Filadelfio, nome di battesimo a omaggio agli antichi rivoluzionari cilentani. “Mi voglio difendere nel processo, non grido al complotto, ma…. “. Ma, cosa? “Facciano subito. Ho rotto le uova nel paniere a multinazionali, grandi aziende e ai tanti interessi nel settore dell’illuminazione pubblica. Facile pensare che a me l’abbiano fatta pagare. In grande, lo stesso torto lo stanno facendo a questa terra che diventando sempre più concorrenziale va fermata…”. La sua “Elettronica Gelbison” un posto nella nostra piccola storia già se l’è guadagnato: azienda innovativa dall’attività scoperta prima dall’Economist, poi dai cronisti locali (poco) e infine dai sindaci e dagli assessori all’arredo urbano. Nove anni sulla graticola, un tempo infinito. Aveva oltre venti operai, “in più calcolate anche l’indotto”, molti di loro erano ingegneri. Nella terra della fuga dei cervelli. Da solo ora se la cava come consulente di lusso nel settore dell’efficientemente energetico con la nuova Gelbison Electronics ( www.ledcity.it) nata come spin off della old company Elettronica Gelbison, canale apprezzato e ascoltato dalla comunità scientifica non solo nazionale. Per colpa della Cilentana messa così come sappiamo tutti è costretto a spostarsi. “Quelli che mi vengono a incontrare mi chiedono il favore di vederci a Battipaglia, a Ceraso non ci vogliono venire, sono spaventati dalle notizie sulle condizioni di percorribilità della Cilentana. Per non parlare delle frane e degli autovelox”. Biografia ricca la sua, attivo già nel settore privato, “ero un quadro della principale impresa di costruzione del Cilento”, poi passa nel pubblico, “dirigevo l’ufficio tecnico del comune di Ceraso”. Un cilentano atipico, sanguigno, non diplomatico e vagamente curiale, come se ne incontrano molti. Che conosce uomini e segrete cose che accadono. La nuova burocrazia è il suo nemico. “Io ce l’ho con chi ha sfilato all’Anas la gestione delle strade. Loro hanno un bagaglio di conoscenze e modelli di gestione che il mondo c’invidia. Ce ne siamo liberati per affidarci a tecnici assunti dalla politica e che rispondono solo a logiche clientelari se non di peggio. S’incarica non l’ingegnere bravo ma quello del partito o meglio della combriccola, che ha una famiglia vasta, ha il cognato che gestisce il comune x e che alle elezioni muove i voti. Escludo finanche il peggio delle tangenti”. Siamo ancora al quadro generale. “Nell’errata illuminazione delle gallerie della Cilentana si sprecano almeno 150 mila euro all’anno. Parlo a ragion veduta, la materia la conosco. Quante manutenzioni si fanno avendo a disposizioni quei soldi?”. Qui, però siamo alla solita storia degli incompetenti che comandano… “Se mi chiede su cosa è fondata oggi la società cilentana io non ho esitazione a dire che tranne pochissime eccezioni, talmente chiare che possiamo pure evitare di elencarle, nel Cilento di oggi la mediocrità organizzata agonisticamente è al potere dappertutto. Altro che poteri occulti, qui il nemico pubblico è chi, emergendo in maniera sana e quindi rompendo le uova nel paniere, che deve pagare pegno. Ho paura della corruzione sociale di massa”. Possiamo sempre consolarci dicendo che almeno la camorra non c’è… “Mi consentirà di dire che si tratta di una vittoria di Pirro se poi vedo, a cominciare da me stesso, effetti simili a sé quella cosa lì ci fosse. Il racket qui può evitare di mettere le bombe sotto le saracinesche…”. Così la pensa Filadelfo che nella sua Torraca per l’illuminazione pubblica ha impiegato solo lampade Led, risparmio energetico superiore al 60 per cento. Una lampadina Led dura anche dieci anni. E poi i sistemi di controllo a distanza così che ai sindaci e persino al vigile urbano non arriva più nemmeno la protesta del cittadino per il lampione spento. La mediocrità organizzata non perdona.
Oreste Mottola