Il 2 giugno si celebra la Festa della Repubblica: in questo giorno del 1946 gli italiani furono chiamati a scegliere la propria forma di governo, reduci da 85 anni di regno della dinastia dei Savoia, dall’epoca fascista e dalla seconda guerra mondiale.
Ripristinata in tale data dall’allora capo di Stato Carlo Azeglio Ciampi nel 2001, anche questa festività subì infatti l’incuria di un tempo senza memoria e le fasi alterne della piccola storia umana.
Negli anni Ottanta fu infatti progressivamente ridotta di significato e spostata alla prima domenica di giugno, per motivazioni legate alla crisi economica in atto che richiedeva di ridurre i costi della festività. Quando tornò in auge, riprendendosi i fasti delle parate militari, furono molti gli aspetti che le erano stati contestati. Non ultime le modalità della sua celebrazione, e le parate stesse, le quali si ponevano ideologicamente in contraddizione con uno Stato che promulgando la Costituzione si dichiarava apertamente anti-militarista.
Eppure la storia di questa festività, le sue premesse e i suoi esiti, tra cui il suffragio universale e la Costituzione del 1948, sfugge a qualsiasi categoria ideologica e ci ricorda che né il pensiero monarchico né quello repubblicano possono essere assimilati a dottrine.
I nostri monarchici furono moderati: colpiti a morte se non scientemente in ascolto del dictat nenniano “O la Repubblica o il caos”, si defilarono con eleganza dallo scenario italiano, troppo in fermento per consentire altre dilazioni. Giorni di grandi mobilitazioni che richiedevano a gran voce il consolidamento del metodo delle libere decisioni democratiche. Il referendum rappresentò così un crocevia nella storia contemporanea nazionale, nonostante la grande differenza tra Sud e Centro-Nord, inevitabile se si considera la Storia d’Italia nel biennio di transizione 1943-45. L’esigenza era quella di uno stato democratico ma se la tradizione monarchica era assai radicata, quella repubblicana era molto debole e l’esperienza precedente della Repubblica di Salò sembrava dare ragione di un legame ancora troppo forte con la direzione nazifascista e col suo disperato tentativo di rifarsi alle origini.
La repubblica vinse con 12.718.641 voti a favore, contro le 10.718.502 preferenze espresse per la monarchia (le schede nulle o bianche furono 1.498.136). Uno scarto non sostanziale che tuttavia segnò indelebilmente il futuro del nostro Stato.
Francesca Schiavo Rappo