Quante fasi abbiamo attraversato durante queste settimane. Dallo sgomento iniziale, al desiderio di combattere. Dalla paura di non farcela, alla voglia di ricominciare. Notizie al tg disastrose, titoli di giornale agghiaccianti. E l’attesa in quei giorni è stata tanta. Aumento e diminuzione dei contagi; nuove cure e sperimentazioni; incontrare nuovamente parenti, amici, fidanzati; liberarci delle mura domestiche. Mura che sono state definite gabbie, stanze della tortura, ma anche nido, ritrovo, protezione. Infatti, molti – alla notizia delle riaperture – si sono scoperti fragili. Timorosi di lasciarsi alle spalle il dolore provato. Dolore che poi si è rivelato entità sicura in cui sentirsi a proprio agio.
Così, tra incertezza, angoscia e speranza, ha avuto inizio fase 2. Nuovi appuntamenti in agenda. Squilli del telefono ininterrotti. Sveglia di primo mattino. Non più giorni uguali a loro stessi. Ma lunedì che sanno di caffè al volo e partenze. Lunedì che sanno di capelli scompigliati e occhi assonnati, colpa di un weekend straziante. Lunedì di treni in partenza e traffico al semaforo. Un lunedì 18 che sa di brioche al banco, mangiata voracemente, causa treno in arrivo. Martedì, mercoledì, giovedì che sanno di pranzo al volo in ufficio tra carte e documenti. Giorni, settimane, ore che sanno di saracinesche aperte di bar, negozi, parrucchieri. Le strade cominciano a ripopolarsi. Il lungomare di Ascea, di primo mattino, è affollato dai tanti sportivi; al pomeriggio le mamme urlano contro i bambini euforici. Si corre in spiaggia, si ha voglia di sporcarsi di sabbia e sale. Ci si siede a guardare quel tramonto con la promessa di non farselo sfuggire più. Complici le belle giornate, i ragazzi sono in fila per rinfrescarsi con un gelato.
E poi i lidi. C’è chi tinteggia la struttura; chi sanifica; chi studia nuove norme. I bar hanno aperto le loro porte, allestito i tavoli con i dovuti accorgimenti. I ristoranti riaprono muniti di menù QR Code. Molti hanno preferito attendere il sabato; altri, invece, continueranno il servizio d’asporto. Altri ancora non ce l’hanno fatta: troppe spese e pochi guadagni per essere ottimisti. I negozi aperti e il consueto passeggio riportano alla normalità. C’è chi non si è lasciato sfuggire qualche articolo in saldo. Molte profumerie e negozi di abbigliamento hanno reagito così per attrarre la clientela. I parrucchieri, anche loro ben organizzati: misurazione della temperatura, pulizia delle postazioni tra un cliente e l’altro, materiale usa e getta o sanificato e impacchettato.
Hotel, B&B, residence si preparano alla riapertura. Studiando al meglio l’organizzazione della stagione. Molti di loro gravitano nell’incertezza, ma desiderano ripartire anche se sarà un’estate dimezzata tra giorni di vacanze e turisti. Questo ha comportato molti tagli tra il personale. Ad attendere i turisti non solo spiagge e sentieri, ma anche l’area archeologica di Velia, che riapre in tutta sicurezza. Ai visitatori, muniti di mascherina, si assicurano ingressi contingentati (accesso riservato a 120 persone ogni 90 minuti) e termoscanner. Il personale del Parco guiderà le visite secondo percorsi obbligatori. Il biglietto si potrà acquistare online; prenotare fasce orarie prestabilite; pagare in modalità contactless.
Nel complesso si registra buona organizzazione. I locali sono quasi tutti dotati di disinfettante all’ingresso, guanti monouso, cartellonistica con regole da rispettare. La maggior parte della gente è attenta, rispetta fila e distanziamenti, indossa le protezioni. Ci si aspetta buonsenso da parte di molti ragazzi che, nella smania di ‘vivere la vita’, passeggiano in gruppo, sorseggiano drink senza mascherina e sfidano la sorte!
Le saracinesche riaprono sì, ma i visi non sono più gli stessi. Incertezza, paura, abbandono. I commercianti imprecano contro lo Stato, visto come “ladro di energie e soldi.” Uno Stato che continua a “lusingare facendo promesse inesistenti.” E intanto si archiviano spese e bollette per poter comprare il pane. Si teme anche una ricaduta, che significherebbe – se non ben gestita – chiusura ulteriore e completa povertà. I segni della paura cominciano a riversarsi sul corpo. La maggior parte racconta di avere un sonno disturbato, di essere nervoso, di non riuscire a gestire l’ansia. Del resto, l’Oms ha già lanciato l’allarme, prevedendo che il cospicuo numero di pazienti affetti da disturbi depressivi dipende dalla preoccupazione per il futuro, giustificata dalla situazione finanziaria. Perciò si richiedono interventi mirati, volti ad aiutare la popolazione.