Giovanni Cutolo, un mio alunno delle scuole elementari che ha fatto strada nella sua professione sanitaria.
Ho un buon ricordo di Giovanni, un ragazzino tranquillo, educato, rispettoso delle regole, non litigioso e pronto ad aiutare gli altri. Non amava mettersi in evidenza in quello che faceva, studiava senza esibizionismo, lo faceva perché voleva imparare e infatti oggi, a quel che vedo, è diventato un esempio di laboriosità, professionalità e serietà. Svolge un lavoro importante in campo medico che in questo momento così difficile ha saputo ben gestire, consegnando sicurezza alle persone a lui affidate.
Giovanni presentati ai lettori di UNICO
Ho studiato all’Aquila, laurea triennale in scienze infermieristiche, poi ho fatto il corso di laurea magistrale in scienze infermieristiche e ostetriche e quindi il master per le funzioni di coordinamento e adesso sono in dirittura d’arrivo per un master di II livello in Management sanitario.
dove lavori attualmente?
Sono qui a Villa Santa Maria, una struttura residenziale che si trova nel comune di Montenero di Bisaccia, in provincia di Campobasso nella regione Molise. Da circa 4 anni sono alla guida di questa struttura ecclesiastica di proprietà delle suore missionarie della dottrina Cristiana. È molto grande, ha 100 posti letto divisa in due moduli: un modulo di 80 posti di casa di riposo e un modulo di 20 posti per residenza sanitaria per disabili.
Come vi siete organizzati per fronteggiare la pandemia?
In questo contesto epidemiologico, così grave, il 17 di marzo il comune di Montenero di Bisaccia è stato dichiarato zona rossa. C’erano stati vari contagi nel territorio comunale di Montenero, a causa di alcuni soggetti che erano stati fuori regione.
Come ti sei comportato allora?
Preso atto della situazione il 18 di marzo ho convocato e i miei collaboratori per decidere il da farsi. Avevo già le idee ben chiare su come muovermi, sapevo che avrei dovuto prendere decisioni molto restrittive, che se non avessimo fatto quello che è stato fatto il virus sarebbe entrato nella nostra struttura e, con i nostri ospiti di un’età media di 84 anni, ci sarebbe stata una strage. Le persone più a rischio in questo periodo di pandemia a causa del Covid 19, sono state le persone anziane ultraottantenni, perché pluripatologici e la percentuale di morti che si è registrata è del95% perché hanno uno stato di salute che di per sé è precario. Se non lo avessimo chiuso “fuori” il Coronavirus non avrebbe fatto altro che spazzare via l’intera struttura quindi un’intera generazione qui a Montenero di Bisaccia. Il 18 marzo, quindi, convocato il mio gruppo di lavoro, formato da 15 operatori: 5 infermieri e 10 operatori socio-sanitari, ho proposto, appunto, di far rimanere tutti in struttura, in quarantena volontaria per evitare contagi con l’esterno. 10 persone, tre infermieri e sette operatori socio-sanitari, hanno accettato la mia proposta e dal 18 di marzo siamo rimasti tutti all’interno della struttura. 5 di loro sono rimasti fuori per situazioni familiari un po’ particolari. sono rimasti a casa quindi dal 18 di marzo.
Come avete vissuto questa esperienza di confinamento?
Abbiamo trascorso intere giornate all’interno della nostra struttura ed è stata una bella, bellissima esperienza molto formativa sia a livello professionale che personale. Ci ha fatto crescere proprio come persone. Non abbiamo fatto nient’altro che amplificare quello che in un certo senso la nostra professione ci chiama a vivere tutti i giorni, ossia colmare quella che è la richiesta di aiuto che i nostri pazienti chiedono.
Cos’altro vi è stato richiesto di fare dopo la decisione di confinamento volontario?
Dopo la decisione presa io mi sono formato perché le linee guida nazionali richiedevano che ogni centro residenziale avesse un referente per la prevenzione e il controllo del Covid 19. La formazione è avvenuta tramite i corsi a distanza organizzati dall’Istituto Superiore di Sanità. Mi sono formato e sono stato nominato referente per la prevenzione e il controllo del Covid all’interno di questa struttura. A mia volta, ho formato tutti i miei collaboratori, compreso il personale della ditta che ha in appalto il servizio di ristorazione, il personale ecclesiastico, quindi le suore: tutti e siamo rimasti ben 46 giorni qui in struttura, fino al 5 di maggio.
Perché questa data?
Ho deciso di seguire del indicazioni dei decreti nazionali, decreti ministeriali e quelli del presidente del Consiglio e del Comitato Scientifico. Nel frattempo ci siamo serviti di quello che è la telemedicina, quindi per qualsiasi evenienza abbiamo utilizzato il supporto degli specialisti e dei medici di medicina generale. Tra 20 e il 22 di aprile la Asrm, l’Azienda Sanitaria regionale del Molise, come da protocollo, ha effettuato i tamponi orofaringei con il prelievo di un campione biologico ad ogni nostro assistito, a tutto il personale dipendente, a tutto il personale ecclesiastico e a tutto il personale della ditta che ha in appalto la cucina. Hanno eseguito qui circa 150 tamponi, ovviamente tutti negativi, i nostri ospiti ad oggi che è il 18 di maggio stanno tutti in ottimo stato di salute.
E adesso?
Il 5 maggio, dopo aver programmato per tempo l’uscita dal confinamento rigido in modo graduale, siamo entrati nella fase 2 che stiamo vivendo in questi giorni. La prima settimana è stata un po’ frenetica perché ho dovuto cambiare tutto l’assetto organizzativo però devo dire che già dalla seconda settimana tutto è andato per il verso giusto.
Come vi sentite a questo punto di pandemia?
È stata una grande soddisfazione portare a termine questa prima fase in maniera così tranquilla. Ascoltare le notizie disastrose al telegiornale e appurare che buona parte delle strutture residenziali delle RSA delle case di riposo hanno fatto delle vere e proprie stragi mi ha lasciato l’amaro in bocca.
Perché è successo?
Penso che il tutto sia dovuto sicuramente a superficialità e cattiva gestione. Secondo me il problema è stato sottovalutato dal principio.
Cosa pensi del Coronavirus?
Penso che il Coronavirus è sicuramente una brutta bestia soprattutto perché ci ha colti impreparati. Penso però che sistema Sanitario Nazionale italiano si è comportato bene. Secondo me può dare e sta dando esempio a molti paesi europei ed extraeuropei. Penso che sta procedendo tutto per il meglio, l’unico lato negativo è che purtroppo siamo molto restii al cambiamento, forse perché la comunicazione non è stata molto chiara. Sembra che le persone non vogliano adattarsi alle nuove regole di distanziamento fisico,non vogliono capire, o meglio non riescono ancora a concepire qual è il vero problema del contagio. Eppure alla fine si tratta di modificare semplicemente alcuni nostri comportamenti nella vita quotidiana, non ci stanno chiedendo l’impossibile.
Come giudichi l’azione del governo e della classe politica in generale?
Credo che più di quello che stanno facendo le autorità politiche, il comitato scientifico non si possa fare, adesso tocca a noi!
Vuoi mandare un messaggio a chi ti leggerà attraverso il nostro giornale?
Ormai siamo abituati a sentirne di ogni genere sulle case di riposo, sulle RSA, su tutte le strutture residenziali in generale. Tutti i giorni ai telegiornali parlano di maltrattamento e di abbandono degli ospiti che si trovano in queste strutture sia da parte degli operatori sia da parte dei familiari. Per me non è così, volevo dire che comunque le strutture residenziali, le case di riposo, le case di accoglienza non sono poi tutte così ci sono anche strutture dove l’ospite viene accudito con cura, dove viene amato, dove viene rispettato e dove viene accontentato in tutti quelli che sono i suoi bisogni…
Grazie Giovanni per la tua disponibilità e ti auguro un futuro sempre più ricco di soddisfazioni.
Maestra, spero tanto di rincontrarti magari per scambiare quattro chiacchiere a voce, appena il governatore De Luca lo permetterà.
Gina Chiacchiaro