E ancora oggi apro la mia casa non a chi mi consola ma a tutti i venti, le correnti di filosofia. Apro gli scrigni delle mie fiabe per giocare insieme con un po’ di fantasia, in tristezza e in allegria. La mia casa è chiusa per gli aridi di cuore e gli avari, per chi calcola con la bilancia ciò che deve dare, a piccole dosi e con fatica, e ciò che deve arraffare immediatamente. Continuo ancora a prestare libri sacri e giocattoli d’argento agli amici che non mi restituiranno un bel niente, il mio laboratorio accoglie innocenti e colpevoli senza giudicare. E ancora ascolto Sergio Endrigo e Luigi Tenco, canzoni fuori moda, niente abiti griffati o concerti irripetibili all’aperto, costosissimi eventi e spettacoli da non perdere. Nel mio scomodo e incompleto giardino non sono previste poltrone per le autorità e ospita chi vuole bene ai bambini, agli anziani e non ha paura del mio bestiario domestico di tigri feroci e mansuete. E d’Estate e d’inverno ancora dipingo senza il coro dei forzati delle corriere e delle abbronzature, dei gitanti del catrame e delle coste incontaminate di spazzatura. Nella mia stazione della fantasia c’è posto per chi ha ancora voglia di scrivere con gli occhi puliti storie di pirati e di regine che non svendono il proprio culo per una poltrona, per chi ancora s’emoziona se incontra un gatto che ruba il cibo al cane e viceversa.
Nel mio porto di campagna senza ormeggi, attraversato da treni perduti e barche in avaria, ancora oggi apro le mie mani bucate a cuccioli abbandonati sugli asfalti di periferia. Nel mio cuore di errori ancora apro le mie porte a nuove stagioni non volgari e con un po’ di poesia. Non m’inchino ai distributori di incarichi e di premifici, sono ancora qui con la mia pittura nel mio bosco senza compleanni, basta entrarci senza arroganza chiudendo la porta ai salvatori della patria, ai proci ed ai nuovi profeti di sciagure.