Il marinaio senza barca è stanco, senza abbronzatura, con un po’ di pancia, apre lo sportello del treno con il biglietto scaduto senza sapere dove andare in quale direzione l’Eurostar dei desideri lo conduca. Egli ha paura ed ha nonno. Sogna, agitato, nel tragitto, incubi e pirati vestiti in smoking e con il diamante al dito, che lo prendono in giro e che lo riconducono a Paestum, dopo averlo depredato dei suoi averi, e lo buttano dal finestrino, con il treno in corsa, nella città dei templi. Il marinaio si risveglia dall’incubo e si ritrova tra la spiaggia e le mura, in mezzo a cannibali e serpenti che vorrebbero divorargli la vita. ‘Ma la mia vita è già stata divorata dai naufragi e dalle ferite’ dice l’infelice marinaio ai suoi nemici. Ma questi non ascoltano ragioni ed allora l’uomo è costretto a difendersi inviando fendenti, calci e trafiletti, qui non è il caso del fioretto o della poesia, il gioco è duro, occorre essere spietati, ammazzare o essere uccisi, occorre colpire al cuore. Il problema però è che i cannibali s’alleano con gli uomini in smoking e i serpenti, non hanno un cuore, non hanno faccia né cultura e colpiscono alle spalle.
Paestum è l’eredità piovuta dall’Olimpo che abbiamo ereditato e svenduto per quattro denari. Paestum non è una ricetta né un convegno quando ti pare o un congresso, sia pure internazionale. E’ un tavolo di lavoro perenne, un cantiere aperto. E’ ricerca per la costruzione del dorico di domani, occorre amore ma anche cultura, impegno, onestà, con i dilettanti o i professionisti del denaro non si va da nessuna parte. Che vadano a casa coloro che hanno sinora lavorato qui, male, e incominciamo da capo. Riprendiamo il discorso, dopo avere prima fatto piazza pulita.
E’ tempo di cambiare, di lasciare il nostro campo, andiamo a caccia di alici nei boschi, a pescare funghi nel mare, a ridere e scherzare dei nostri guai senza pudore. Andiamo a strillare i nostri diritti per strada, seppelliamo nella spazzature i nostri ricordi, cambiamo vestiario e abitudini, cancelliamo i rimorsi, inventiamo altri percorsi. Partiamo senza bagagli in cerca di denaro, gettiamo alle ortiche le nostre riserve, ogni remora residua nel cestino della memoria, camminiamo in fila per destinazione ignota della geografia. Afferriamo al volo gli aliti di vento e aggrappiamoci al salvagente e lasciamo che la corrente del mare ci conduca in direzione del futuro, a seconda di quale bandiera ci indica la giostra.