Al Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano lavora Gianluigi Saponara medico cardiologo originario di Altavilla Silentina e con lui abbiamo riflettuto sulla emergenza Covid 19, sulla gestione della emergenza sanitaria nella zona più colpita d’Italia. “Qui la situazione è nettamente migliorata rispetto a qualche settimana fa – afferma il giovane medico – però l’emergenza non è finita, gli ospedali sono ancora abbastanza impegnati, le terapie intensive hanno ridotto di molto il numero degli ammalati ricoverati però il virus e l’infezione sono ancora presenti. Anche se molto lentamente tutto sta ritornando ad una situazione di controllo”. Sull’impegno svolto in una struttura ospedaliera d’eccellenza, il dottor Gianluigi Saponara afferma: “C’è stata un’onda impressionante. Inizialmente abbiamo ricevuto i malati provenienti dalla zona di Lodi e Cremona dopo c’è stata una seconda ondata nella quale abbiamo dato una mano ai colleghi di Bergamo e Brescia e successivamente c’è stata un’ondata proveniente da Milano e provincia. Al Niguarda, più o meno, abbiamo preso a varie fasi l’emergenza di tutta la Lombardia e quasi la metà dell’ospedale è stato occupato da malati Covid con circa quasi 90 – 100 posti di terapia intensiva”. Poi aggiunge: “Secondo me i numeri attuali sono decisamente minori rispetto a quelli registrati nelle settimane precedenti perché era molto sottostimato il numero dei casi nelle settimane precedenti. Infatti adesso riusciamo a vedere anche molti casi nella fase precoce della malattia invece che come prima, dopo due o tre settimane di sintomi e quindi anche la gravità della stessa è minore. Diciamo che sicuramente in passato tutti i malati con coronavirus non sono stati registrati come avviene adesso. Quindi noi stiamo vedendo la coda di un fenomeno che è molto molto più grande di quello che i numeri possono dire”. Sull’impegno della cardiologia in questo momento così delicato e anche sull’impegno del dottor Saponara chiamato in prima linea a dare il suo contributo. “Diciamo che la cardiologia è stata completamente messa da parte perché l’emergenza ha necessitato in pratica di una riconversione totale dell’ospedale e anche della cardiologia – dice ancora – adesso nell’ultima settimana si sta iniziando a riaprire il reparto di cardiologia. E all’interno della stessa patologia coronavirus, in una buona percentuale dei casi c’è stato un interessamento cardiaco, da forme di miocardite a forme di arresto cardiaco, altre forme di coinvolgimento cardiaco soprattutto nei casi più gravi. Infatti qui in Lombardia stanno creando un registro delle miocarditi dovute a coronavirus. E anche per il discorso relativo ai bambini e alla sindrome di Kawasaki che è una coronarite, una infezione delle coronarie del cuore sempre dovuta al coronavirus, c’è un interesse anche scientifico per cercare di capire quanto sia importante il coinvolgimento cardiaco e in che modo questo possa poi portare alla morte o meno nel coronavirus. Però sicuramente una buona percentuale dei pazienti con coronavirus hanno avuto anche manifestazioni cardiache. E inoltre anche la terapia che possiamo chiamarla empirica che comprende la idrossiclorochina, l’azitromicina e farmaci antiretrovirali, soprattutto in fase iniziale possono avere effetti collaterali sul cuore e vanno monitorati per quanto riguarda il rischio di aritmie ventricolari. Anche se si è visto che la terapia con l’idrossiclorochina è molto ben tollerata e difficilmente può dare problemi cardiaci”. Sulle riaperture e sui contagi di ritorno. “Oggi c’è più consapevolezza e ora sappiamo che ci sta questa malattia, prima non si sapeva, e l’altra cosa che è fondamentale è il rispetto delle norme sul distanziamento sociale e l’utilizzo della mascherina. Queste sono le due cose fondamentali che possono fare in modo che anche se ci sta un rischio di contagi ritorno, questi possono essere molto molto limitati. Quindi soprattutto la consapevolezza della malattia può fare la differenza, dobbiamo sempre essere consapevoli che rispettando le norme andrà meglio. Sia io che la persona con la quale sto parlando a un metro di distanza da me abbiamo la mascherina, la possibilità di contrarre il coronavirus se la persona è affetta è circa del 2% rispetto al 90% se nessuno dei due utilizza la mascherina. Ovviamente il rischio del contagio di ritorno sarà molto limitato se tutti si attengono alle norme di comportamento”.
Antonella Citro