Dall’agendina di un tredicenne seminarista:
Venerdì 5 gennaio 1968
“Sono ritornato in Seminario con la macchina di Don Alfredo e come al solito il viaggio mi ha fatto male: oggi ci hanno dato le medie a scuola, mi devo impegnare di più.”
Sabato 6 gennaio
“Abbiamo trovato i regali della befana sul sedi-letto: tre pezzi di cioccolato e cinque caramelle; stasera cinema: La Brigata Di Fuoco.”
Domenico 7 gennaio
“Ho offerto la Santa Messa e la Comunione per me e per gli altri affinché facciamo il grande passo.”
Lunedì 8 gennaio
“Ritorno a Scuola.”
Giovedì 11 gennaio
“Sono caduti malati 40 alunni, anch’io ho misurato la febbre, ma è a 36,9.”
Venerdì 12 gennaio
“In classe eravamo in cinque e non abbiamo fatto scuola.”
Domenica 14 gennaio
“Dovevamo vedere il cinema: La spada di Zorro, ma non è stato possibile per gli ammalati.”
Lunedì 15 gennaio
“Stasera mi sono coricato con la febbre (!) a 37, 2… speriamo bene!”
Mercoledì 17 gennaio
“Siamo andati a scuola e anche il professore di francese è malato.”
Venerdì 19 gennaio
“E’ cominciato il Ritiro, predicato da P.Petacciani (?), don due filmini sulla Vita di Gesù.”
Sabato 20 gennaio
“Questa è la terza sera che andiamo in cattedrale, siamo stati impreparati a scuola per il ritiro spirituale.”
Martedì 23 gennaio
“Impreparati a scuola perché stiamo preparando canti e recite per San Biagio.”
A rileggere questi brevissimi appunti, ritornano alla mente tanti ricordi; e prevale una sensazione di annullamento del tempo, come se un’immagine distante venisse per effetto di uno zoom trasfusa a reminiscenza di emozioni e momenti vissuti tanto tempo fa. Che sensazione strana! E i ricordi si affollano… Quei giorni freddissimi prima del Natale ’65, non c’erano termosifoni e nessuna fonte di calore in quell’edificio che a me appariva grandissimo: corridoi lunghissimi, buoni anche per fare passeggiate nelle giornate di pioggia, soffitti così alti da poterci portare statue in processione e un’aria così fredda e pungente che la mattina, quando venivamo svegliati alle sue, fuori naturalmente buio, per andare in bagno a lavarmi, mi vestivo anziché spogliarmi. Non so se i sacrifici di un bambino di dieci anni (tanti ne avevo io quando entrai in Seminario quel fine settembre del 1965) sono necessari per capire il senso della vita (come dice Bonolis), sicuramente alzano la soglia di sopportazione del dolore e sicuramente fanno apprezzare i semplici e piccoli divertimenti. I nostri istitutori ci proteggevano, a loro modo, descrivendoci il mondo esterno come un luogo pieno di pericoli, tentazioni, cattiverie e soprattutto… c’era il Peccato, che stava sempre lì pronto a farci cadere, a prenderci al laccio, a tentarci, per farci sprofondare all’Inferno. Capitava così che qualche notte mi svegliavo sudato, poiché oltre al peso delle coperte, combattevo con il diavolo che mi tratteneva tra le fiamme che mi ero meritato per non essere in grazia di Dio. E quelle risposte già confezionate a domande usuali come: “Ti hanno chiuso a Vallo?” “No, vedete che là nessuno mi trattiene.”. Dell’organizzazione della giornata così come era concepita durante i tre anni in cui sono stato in Seminario, ricordo molto nonostante il tempo trascorso. Ad esempio la scuola, all’interno stesso del Seminario, e il barbiere, di cui non ricordo l’intervallo per il taglio dei capelli (credo ogni due mesi) a cui poi seguiva la doccia. A quell’epoca in inverno, mia madre mi faceva indossare delle magliette intime di lana di pecora fatte a mano che per almeno due ore dopo indossate graffiavano come un cilicio. E ricordo ancora il numero del gioco della tombola che ti veniva gioiosamente consegnato quando ti sfuggiva qualche parola dialettale (noi eravamo in tre a riconsegnarlo quando capitava ad uno di noi). E quelle interminabili Funzioni in Cattedrale. Ricordo quella volta in cui descrissi (beata sincerità) nel tema in classe il mio stato d’animo in questo modo: “Mi sono scocciato a mantenere la coda del vestito del Vescovo per tutto il tempo che è durato il Pontificale.”. Il Rettore che allora era Don Rocco, mi convocò nel suo studio e mi rimproverò biasimando l’espressione usata come offensiva ed irriverente, e per punizione rimasi senza cinema. Con piacere ricordo le passeggiate giornaliere (impedite solo dal cattivo tempo) nei dintorni di Vallo; praticamente abbiamo assistito in diretta alla crescita della città. Le Sante Messe giornaliere, il Rosario recitato sempre e comunque tutte le serie, gli esercizi spirituali, le mezz’ore di ricreazione, i tornei di pallone, il seminario estivo ad Ascea Marina. I giornalini vietati, letti di notte alla luce della torcia sotto le coperte. Gli ordini che non si discutevano e i divieti violati; e… la meditazione già quei venti minuti di raccoglimento giornaliero in cui ti estraniavi dalla realtà a cercare un colloquio con Dio, o forse con te stesso. E’ questa una abitudine che ho mantenuto anche se di durata diversa a seconda dei momenti. Ogni esperienza nella vita insegna qualcosa, ed è così che si acquisiscono punti di saggezza. L’esperienza vissuta in seminario a quell’epoca, di punti ne dava molti. Altro che servizio militare!
Giovedì 1° febbraio 1968
“Prova generale per la recita, domani ritoccheremo finalmente il pallone.”
Venerdì 15 marzo
“Succede un pandemonio: abbiamo criticato il prefetto e il vice che annotano tutti continuamente.”
Sabato 16 marzo
“Il Rettore ci ha convocato: una volta senza televisione.”
Domenica 17 marzo
“I giorni passano veloci e mi chiedo: che cosa sto facendo io perché il Regno di Dio si realizzi sulla Terra?”
Giovedì 4 aprile
“Sono cominciati gli esercizi spirituali.”
Venerdì 28 giugno
“Il Rettore mi ha consigliato durante le vacanze a casa di verificare la mia vocazione, si può essere – ha detto – buoni cristiani anche senza essere Sacerdoti”.
Sono stato d’accordo.