In tempi eccezionali saltano riferimenti e paradigmi. Ancoraggi e routine. Lo straniamento – di ciascuno rispetto al proprio “speciale quotidiano” e di un’intera collettività rispetto a luoghi e contesti prima liberamente attraversati e condivisi – rende “stranieri” alla propria esperienza, segnando profondamente un modo necessariamente “altro” di abitare. Un abitare che disequilibra frequenze e frequentazioni, dilata e sospende impreviste distanze, rende intensi – a volte inaspettatamente densi – spazi ravvicinati di relazione.
In tutto questo i bambini, ancora una volta, ci chiedono attenzione dedicata. Sono qui, accanto a noi. Immersi, insieme a noi, in un paesaggio inizialmente sfocato, in breve radicalmente mutato, tuttora indefinito. Sono qui a interrogare il mondo attraverso i nostri sguardi, a cercare significati che potranno costruire solo insieme, nell’incontro. Attraverso le “parole” – anche non dette – che sapremo raccogliere e accogliere e attraverso quelle che sapremo prestare noi ai loro pensieri. Attraverso vicinanze e gestualità nuove o ritrovate.
Una cosa è certa. Seguiranno i nostri passi. Apprenderanno da noi come si sta nell’incertezza, come si nutre presenza nell’assenza, come si può essere autentici nella verità delle informazioni e delle emozioni, ma anche capaci di speranza, di fiducia, di progettualità futura. Capiranno da noi cosa vuol dire responsabilità personale e collettiva. Cosa fa di noi una comunità.
È importante allora abitare questo tempo inedito condividendo con i bambini un modo per stare insieme attraverso il prendersi cura dei loro pensieri, di sentimenti da interrogare, di prospettive da immaginare. Per attraversare l’oggi accogliendo occasioni, anche in casa, che permettano di “stare” e di “so-stare” rendendo “densa” questa condivisione. Stando in ascolto di quello che i bambini potranno portare, di domande e questioni che potrebbero porre a volte in modo diretto ed esplicito, a volte con segni anche diversi dalle parole.
Potrebbe rivelarsi interessante anche realizzare qualcosa insieme da portare a scuola e da condividere con gli altri quando l’attività didattica riprenderà. Un modo per tenere fili per loro così importanti. Non una “occupazione” per riempire spazi imprevedibilmente dilatati, né un “compito” per recuperare quello che rischia di essere sentito da molti adulti come “tempo perso” e dai bambini come un tempo non facilmente leggibile. Qualcosa, invece, che sia segno di pensieri che – grazie a quel fare insieme in famiglia – possano trovare la via per essere espressi, possano trovare voce in gesti o parole e prendere poi eventualmente forma attraverso un’attività o un gioco fatti insieme. Attraverso un fare che sia un fare collaborando, tra persone che condividono un piccolo progetto e che, anche grazie a questo, si scambiano emozioni e riflessioni.
In questo tempo incerto, così povero di riferimenti e di esperienze passate a cui appoggiarsi, è e sarà importante non attraversare tutto ciò da soli, soprattutto non lasciare le famiglie da sole. È e sarà importante tenere viva la connessione tra adulti, perché gli intrecci – professionali, sociali, culturali – che sapremo tessere come comunità educante ci permettano di allargare “virtualmente” gli orizzonti dell’esperienza vissuta ora dai bambini. È e sarà importante continuare ad avere cura della straordinaria ricchezza e varietà delle famiglie, dei tanti modi diversi in cui sappiamo esserlo, della forza e della fragilità dei legami. Di ogni legame. Ricordando anche chi, da questo tempo eccezionale, è messo particolarmente in difficoltà per le inusuali implicazioni organizzative; per la gestione, rispetto al proprio lavoro, di tempi e modi per molti sovvertiti e incerti; per l’impossibilità di poter contare sui nonni, sui servizi educativi, ricreativi, sportivi, di partecipare a occasioni di incontro con l’arte, la scienza, la musica.
Gli insegnanti, tutto il personale della scuola, i gestori e i volontari stanno dimostrando grande vicinanza ai bambini e alle famiglie pur nella difficoltà del non potersi vedere e incontrare e nella mancanza della quotidianità della condivisione. Stanno cercando nuove strade e modi differenti e creativi per mantenere vivi i legami cosa che, pensando a bambini tra i tre e i sei anni, richiede proposte e modalità di comunicazione originali. Stanno cercando opportunità per costruire dialoghi tra contesti diversi – scuola e casa – che ora non possono essere condivisi. Perché crediamo che per i bambini sia importante ricevere un segnale che testimoni la loro presenza nel pensiero di chi a scuola incontravano ogni giorno, la vicinanza che si prova a costruire anche a distanza, qualcosa che aiuti tutti ad attraversare il presente e prepararci al momento in cui potremo ritrovarci, raccontarci, condividere, ripartire insieme.
Presidente FISM Campania