Era il 23 febbraio, circa un mese e mezzo fa, quando c’è stato il primo caso confermato di coronavirus in Italia e più precisamente in Lombardia. Mi ricordo ancora che in quei giorni un po’ tutti tendevano a minimizzare. Il 25 febbraio fu lo stesso governatore della Lombardia Attilio Fontana a definire il coronavirus poco più di una normale influenza. Da quei giorni sembra passata un’era geologica, ma tutti noi sappiamo che non è così.
Oggi, a distanza di un mese e mezzo, gli esperti di Economia dicono che dobbiamo scordarci i viaggi all’estero e che sarà come l’Italia degli anni 50. Gli operatori prevedono che l’epidemia farà chiudere molti alberghi e che la ripartenza punterà su un turismo di prossimità.
Intanto, mentre in questo periodo siamo tutti costretti a stare in casa da provvedimenti governativi e da ordinanze regionali, il capo della Protezione Civile Borrelli si è fatto sfuggire in un’intervista radiofonica, che la fase 2, la cosiddetta fase di convivenza col virus, potrebbe iniziare solo a partire dal 16 maggio. Una botta in fronte per tutti noi che di questa quarantena non ne possiamo proprio più! Non sarà di certo facile reggere né psicologicamente, né tantomeno economicamente.
Ma lamentarsi troppo non è neanche giusto. Cosa dovrebbero dire i titolari di tutte quelle professioni che non possono essere fermate dalla quarantena!? Stiamo parlando di persone in carne ed ossa, non di numeri. Gli eroi di questo tempo sono coloro che continuano a svolgere la propria attività lavorativa “normalmente”: i panettieri, le cassiere del supermercato, gli operatori sanitari, gli agricoltori, i fruttivendoli, gli edicolanti e tanti altri ancora. Medici e infermieri negli ospedali, forze dell’ordine coadiuvati dai militari dell’Esercito sulle strade, sono probabilmente le persone che rischiano ancora di più.
Non è facile parlare di queste persone, perché parlarne significa immedesimarsi in loro e in quello che fanno. E io dico sempre che immedesimarsi è più facile a dirsi che a farsi. Non è un ritornello e questo non è un gioco. In certe situazioni bisogna prima trovarsi, solo così si può fare lo sforzo di provare ad immedesimarsi. Perciò, io che non penso di essere un ipocrita, provo solo ad immedesimarmi nelle emozioni che stanno provando, uomini e donne che lavorano instancabilmente nell’unico forno che c’è ad Auletta mentre mi consegnano il pane, con la mascherina ben attaccata al volto, ben distanti anche oltre il metro consigliato. Giusto il tempo di mettere il pane su un tavolino piazzato fuori, dove ripongo gli spiccioli contandoli per bene per evitare di rubare troppo tempo agli altri miei compaesani. Prima, per averlo fresco, prendevamo sempre una panella di un chilo alla volta, ora che le cose sono cambiate, ne prendo quattro tutte insieme, una si mangia subito e le altre tre si congelano. Vi garantisco che il pane è buono lo stesso! Grazie a queste persone che lavorano tutti i giorni per noi!
Avendo mio padre di ottantanove anni e mia madre di ottantasette anni (per fortuna per il momento in buona salute psicofisica), mi sono subito preoccupato per reperire le loro medicine che stavano finendo. Ho dovuto contattare il loro medico che non è il mio. Ad Auletta per fortuna abbiamo due medici di famiglia che stanno facendo un lavoro straordinario rischiando tantissimo come tutti gli altri medici di famiglia d’Italia e del mondo. Li ringrazio a nome di tutta la comunità aulettese. Ho provato a contattare il medico, ma non sono riuscito a raggiungerlo telefonicamente e più di un amico/a mi ha consigliato di andare fisicamente allo studio, cosa che sinceramente volevo evitare. Per fortuna non c’era nessuno in attesa. Il medico era impegnato al telefono e quando ha terminato la telefonata mi ha ricevuto stampandomi le ricette da portare in farmacia. Mentre stavo lì fermo, a debita distanza, per ricevere le ricette, gli ho detto, giusto per scambiare due parole, “è un momento difficile per tutti”. Il medico mi ha risposto, “è difficile per chi sta in prima linea”. Lì per lì sono rimasto un po’ deluso dalla risposta. Poi, riflettendoci a fondo, mi sto rendendo sempre più conto che tra quelli che stanno in prima linea ci sono i medici e quindi anche lui. Fino a pochi giorni fa, dal tg3 regionale era uscita la notizia della positività dell’altro medico di Auletta, poi smentita sia dal sindaco di Auletta sia dal tampone fatto al medico e risultato per fortuna negativo.
Nell’unica farmacia di Auletta ci sono andato per il momento una sola volta da quando si è aggravata la situazione. Nel momento in cui mi sono presentato davanti alla farmacia, non erano ancora arrivate le mascherine ad Auletta, ed io senza ho dovuto fare molta più attenzione stando a una distanza di circa tre metri. Ed anche in farmacia ho trovato grande professionalità e tanta solidarietà: la stessa farmacia ha donato le prime mascherine alla comunità aulettese. Per stare più tranquillo ho preso appuntamento col farmacista. Mi ricordo ancora che sono stato il primo ad arrivare ma solo il quarto a presentarmi dinanzi al farmacista, perché c’era chi andava più di fretta di me. Quel giorno faceva freddo ed io ho preferito aspettare in auto fino a quando si è sfoltita la fila indiana (ad almeno un metro di distanza l’uno dall’altro) che si era creata davanti alla farmacia. Di questi tempi non vado di fretta.
Nei giorni successivi abbiamo consumato quello che c’era in casa per evitare di uscire a fare spesa. Abbiamo iniziato a consumare quello che avevamo conservato nel congelatore. Per fortuna sono stato abituato dai miei genitori a lavorare oggi per evitare di avere problemi domani. Un grande insegnamento di vita di cui li ringrazio. Avevamo conservato sottoli e sottaceti tipo melanzane, olive, fave, carciofi da imbottire, carciofini, asparagi e tante altre prelibatezze. Poi, ceci, fagioli secchi, il famoso fagiolo tondino che si fa qua ad Auletta. E pure tanta frutta secca: fichi secchi, nocciole, noci e qualche mandorla. Tutti prodotti che io ho portato in casa e mia madre con cura li ha preparati e li ha conservati. Nel frattempo un po’ di frutta e di verdura di stagione la sto raccogliendo io in questi giorni, tipo vezza, broccoli che a me piacciono tanto ed ho imparato anche a raccogliere e a selezionare la cicoria e qualche altra erba commestibile. Qualche uovo lo fanno di tanto in tanto le ultime 3 galline che ci sono rimaste. Tra poco comincia a spuntare pure qualche carciofo che è il nostro prodotto d’eccellenza insieme al nostro fantastico olio. Ho visto in giardino che sono già pronte da mangiare le prime fragoline. Spero di fare in tempo a fare almeno una foto prima che scompaiano.
Per quanto riguarda la frutta stiamo ancora mangiando gli ultimi mandarini che ho raccolto davanti casa, e la sera, non sapendo cosa fare, mi diletto a fare spremute di limone che pure abbiamo davanti casa ed in campagna. Ma come sappiamo tutti, è una mela al giorno che toglie il medico di torno, e le nostre mele annurche quest’anno non hanno reso abbastanza da arrivare fino a oggi. Ma per fortuna è venuto in nostro soccorso un’altra figura che in questi giorni si è prodigata, il fruttivendolo. L’ho chiamato due volte e gli ho inviato la lista della frutta da ordinare usando WhatsApp. Il telefono allunga la vita nel vero senso della parola. Marito e moglie si sono mostrati disponibili e solidali come sempre lo sono stati del resto. Con la mascherina sul volto e i guanti, a debita distanza, mi hanno consegnato davanti al cancello di casa una busta con cinque chili di mele Melinda che tanto piacciono soprattutto a mio padre, una busta con due chili di arance ed un sacchetto di patate. Per la seconda consegna ho tolto dalla lista solo le patate. Poche parole alla consegna e la speranza che tutto questo che stiamo vivendo in questi giorni finisca presto.
Anche per quanto riguarda la spesa alimentare ho fatto la stessa cosa. Ho contattato prima telefonicamente il titolare di uno dei negozi di alimentari di Auletta. Poi ho fatto seguire via WhatsApp una lista bella lunga per stare tranquilli per un po’. Già sto preparando una seconda lista da inviare nei prossimi giorni e da farmi consegnare a domicilio se le cose non cambiano a breve. Stessa trafila, stesse mascherine, stessi guanti, stesse chiacchiere di speranza, diversi i prodotti consegnati, diverse le persone che me le hanno consegnati. Un grosso ringraziamento va anche a loro.
In settimana avrò bisogno di una decina di marche da bollo che appongo regolarmente sulle fatture che emetto nell’ambito del mio lavoro e forse avrò bisogno anche di cartucce per la mia multifunzione. Ne ho qualcuna di riserva, devo controllare. Di fogli credo di averne abbastanza. In ogni caso, un passaggio presso uno dei due tabacchini che ci sono ad Auletta lo farò di certo.
Per quanto riguarda me e la mia professione posso solo dire che sono felice, orgoglioso e appassionato del mio lavoro. Da quando è iniziata l’epidemia o la pandemia, non ho mai smesso di lavorare. Anzi, ho lavorato di più, molto di più. Sono stato ancora di più a disposizione dei miei clienti, sempre a distanza, da remoto, ma sempre a disposizione per risolvere i problemi. A chi mi ha chiesto un aiuto a livello tecnologico l’ho dato gratuitamente. Continuerò a darlo nei prossimi giorni. Sono sicuro che ci sarà bisogno di me, di ciò che ho imparato in venti anni di attività. Lo metterò a disposizione della comunità anche e soprattutto quando ripartiremo. Non vedo l’ora di potervi riabbracciare tutti! C’è bisogno di formazione a tutti i livelli. Questa vicenda sta dimostrando che anche la singola persona deve munirsi di competenze tecnologiche, almeno il minimo, per poter comunicare se non altro con i propri cari. Ma la formazione va fatta in maniera più ampia, nelle aziende private e sugli enti pubblici a partire dai Comuni e dalle scuole. Sto utilizzando questo periodo per fare assistenza ma anche e soprattutto per elaborare una strategia per rilanciarci tutti. Io parlo nel mio piccolo del mio campo, altri consulenti in gamba hanno lavorato tantissimo come me in questo periodo. Ne usciremo, sono sicuro che ce la faremo.
Massimiliano De Paola