Il Coronavirus ci toglie la sabbia da sotto i piedi! Per quanto ci impegniamo a rinforzare i nostri “castelli” per difenderci dall’assedio del nemico invisibile, fatalmente la mattina dopo ci ritroviamo a dovere ricominciare a modellare il nostro vivere quotidiano.
Con questo spirito mi sveglio la mattina di venerdì 13 marzo, deciso a dare il mio contributo di “servizio pubblico” come operatore della comunicazione: giornalista, editore e distributore del Settimanale Unico.
In questo caso si tratta del nostro mensile speciale, Unico Patrimonio, che oltre ad essere diffuso tramite e-mail ed App, che viene anche stampato e necessita di essere distribuito nelle edicole e consegnato a mano agli abbonati.
Mi reco alla sede della CGM, nella zona industriale di Cicerale, di buon mattino, dopo aver compilato e sottoscritto l’auto certificazione sulla quale sono indicati i motivi dei miei spostamenti, per prelevare il carico di giornali già impacchettati. Trovo tutti gli addetti, attivi come al solito, ma con i visi celati da mascherine sulle quali brillavano gli occhi spaesati perché costretti in prima ed “unica” fila nei rapporti con gli altri.
Poche frasi di circostanza, come accadrà per l’intera giornata, e poi via per il solito giro di consegne.
Mi fermo in alcune aziende dell’area industriale e poi proseguo in direzione di Roccadaspide passando per Fonte.
Le strade sono semi deserte, la serrata di negozi e ristoranti è evidente. Gli artigiani e le attività autorizzate sono aperte ma l’accoglienza che di solito è foriera di scambi veloci di pareri sull’attualità, la situazione inibisce tutti e ci si saluta a distanza di sicurezza.
Passo per Serra e poi via fino al capoluogo …
Poca la gente per strada che si sposta radendo i muri della via Gaetano Giuliani con decine di serrande abbassate … solo i negozi di alimentari sono aperti ma chi vi si affaccia vede il vuoto.
Deposito le copie dei giornali nelle edicole, nelle cassette della posta o sotto le saracinesche abbassate con la speranza che l’abbia to di turno passi a ritirarlo.
Riparto con destinazione Tempalta e poi Albanella e Matinella fino a Ponte Barizzo l’estremo lembo di terra in Capaccio Paestum situata sulla riva sud del fiume Sele.
Sulla SS 18 sembra tutto normale la maggior parte delle attività sono aperte e il traffico, per quanto ridotto, è rallentato dall’andatura media al di sotto del solito. Sembra che chi è in strada senta il peso di trovarsi in un posto giusto al momento sbagliato.
Quando entro in Capaccio Scalo subito il panorama cambia e il Covid 19 fa sentire il suo effetto: tutto chiuso e i pochi passanti si guardano intorno in modo circospetto prima di avanzare verso la propria destinazione.
La giornata è splendida, l’aria frizzante preannuncia una primavera alle porte che manterrà ciò che promette come sempre alla nostra latitudine.
Il mondo di ogni giorno sembra svanito nella sua essenza di vita, ma resta intatto nella sua sostanza fisica e ambientale.
Esso è indifferente a ciò che ci rende la vita difficile da più di un mese. Orgoglioso del suo essere unico da tre millenni non si scompone di fronte alla catastrofe che sta stringendo l’Italia in una morsa mortale.
Quando arrivo a Paestum trovo Enzo De Lucia che si aggira tra i suoi roseti situati davanti al ristorante Oasi serrato come tutti i altri esercizi commerciali e il sito archeologico con annesso museo.
Riparto in direzione Agropoli. Arrivo sul lungomare San Marco senza incontrare anima viva. Solo all’ingresso del centro storico si incrociano persone che, con passo svelto, si dirigono in linee rette verso le loro mete.
Raggiungo la SS 18, questa volta in direzione Nord, e mi accingo a chiudere il cerchio del mio giro uscendo in via Sandro Pertini ( Rettifilo) sulla SS166 per guadagnare la via di casa.
Ho distribuito 200 copie del nostro giornale, ma ho avuto la sensazione di averlo fatto nel nulla. Eppure molti dei destinatari lo leggeranno, poi lo passeranno a qualche amico o parente, ma l’afono mondo in cui ho galleggiato per le ore in cui sono stato in giro mi ha reso triste e pensieroso.
Il silenzio dell’anima ha preso il sopravvento e ha portato via con sé una parte della mia vivacità intellettuale, ha rinchiuso in un anfratto la volitiva tensione verso gli altri, mi fa sentire colpevole di poter continuare a fare ciò che ho fatto fino a ieri …
Del domani non c’è certezza, ma per oggi penso di aver portato il mio secchiello d’acqua per contribuire a spegnere l’incendio che ci vuole costringere a retrocedere a spettatori passivi invece di essere protagonisti di un presente che ha voglia di futuro.
Lo si può fare evitando di sottovalutare la portata della sfida, per cui ciascuno si attenga il ruolo che gli è stato affidato e non lasci il posto dove tutti gli altri sanno dove possono trovarci.
Bartolo Scandizzo