Appena si aprono le porte della Tenuta Chirico, azienda agricola e zootecnica sita ad Ascea, avverto subito un profumo inconfondibile. Unico ed irripetibile, lo stesso di quando da bambina ho messo piede qui per la prima volta. Ho un appuntamento con Silvia Chirico. Una donna, una madre, un’imprenditrice. Ciò che mi colpisce di lei è la nostalgia di un’infanzia trascorsa nelle ‘valli di Heidi’ ma anche i tanti progetti innovativi che ha per la crescita della sua azienda e per il territorio.
Chi è Silvia? Illustraci la storia della tua azienda.
Chi sono… non saprei rispondere. Ci proverò illustrandoti la storia della nostra azienda. Negli anni ’70, mio padre – all’epoca allevatore di maiali – lasciò la sua terra d’origine Massa, vicino Vallo della Lucania. Decidendo così di dedicare la sua vita all’allevamento e all’agricoltura. Giunto qui ad Ascea incontrò una vegetazione arida, perché non c’erano impianti di irrigazione né energia elettrica. Non si fece spaventare dalle tante difficoltà, perché era convinto che la filiera agricola potesse dargli tante soddisfazioni. Il suo obiettivo era fare l’allevatore di vacche con latte di alta qualità. Un punto di svolta furono i terreni presi in affitto dal barone Mazziotti, già in difficoltà economiche. Nel frattempo nacque un grande amore per nostra madre, originaria di Battipaglia. Così cominciarono a lavorare insieme e ad ampliare la cosiddetta ‘casa vecchia’. A questo punto arrivammo noi, tre fratelli che hanno vissuto anni felici con poche agiatezze. I nostri passatempi erano animaletti, galline, coniglietti. Le capriole nel fieno, a mo’ di Heidi. Una vita bucolica, insomma, non priva di una ferrea educazione. Intanto, mio padre era diventato tra i produttori più bravi della provincia di Salerno. Saranno le Quote latte a metterlo dinanzi ad una scelta: trasformare la zona sottostante della casa in un caseificio, che prese il nome di Chirico.
Cosa ti ha spinto a portare avanti il lavoro della tua famiglia?
Io raggiunta la maturità scientifica non ho esitato a continuare il loro lavoro. Scelta certamente coraggiosa. Il mio più bel ricordo siamo noi bambini intorno al nostro papà intenti a fare le mozzarelle. Tutte le mattine infatti devo mettere le ‘mani in pasta’. In una prima fase ho seguito mio padre nel laboratorio, poi anno dopo anno ho cominciato ad affrontare le difficoltà di una piccola distribuzione. Tengo a dire che la tenuta non la si può riassumere in una singola persona. Sui social appaio io, ma alle spalle c’è una realtà più ampia. Mio fratello si occupa dell’allevamento degli animali; mentre io della trasformazione e della commercializzazione. Ma ci compensiamo, perché l’unione familiare è imprescindibile. L’azienda oggi è il risultato di più forze, non potrei immaginare di essere sola.
La vostra azienda è un caso esemplare di “Impresa Verde”. Nel 2013 avete inaugurato il primo impianto di Biogas nel Cilento, sperimentando la strada della green economy.
Il mio papà, visionario, già negli anni ‘80 parlava di Biogas. Ciò che ha contraddistinto l’azienda è stata la diversificazione del nostro lavoro, che si è tradotta nell’essere partecipi dello sviluppo economico del territorio. La terra è madre. Se noi la concimiamo con il letame, lei ci darà frutti migliori. L’azienda si sostiene con un impianto fotovoltaico, mentre il biogas serve a processare il letame. L’insegnamento che abbiamo ricevuto è rispettare sempre i tempi, perché danneggiando il terreno con i fertilizzanti chimici, non si otterrebbe un prodotto eccellente.
La Tenuta Chirico ha ricevuto preziosi riconoscimenti: la mozzarella nella mortella rientra nei presidi Slow Food; tu sei entrata a far parte del Gruppo Direttivo del Comitato Gelatieri Campani.
La nascita dei Presidi coincide con la fortuna della nostra mozzarella nella mortella. Dopo il riconoscimento – avvenuto intorno agli anni 2000 – pensammo che questi prodotti potessero essere distribuiti nei comuni limitrofi. La mortella viene prodotta tutti i giorni, perché rappresenta la storia di tantissime famiglie. Immagino che già mia nonna l’avesse visionata dalla madre. È il mirto a conferirle un aroma inconfondibile. Quest’essenza è presente in virtù del fatto che anticamente i pastori la avvolgevano in fasci di mirto per conservarla – un prodotto, oggi diremmo della green economy. Così, la sua stessa forma allungata era imprescindibile per poterla sistemare in modo regolare.
Costola del caseificio è il gelato. Idea nata per gioco, per golosità. Di tanto in tanto, portavo le bambine a mangiare un gelato ma era una delusione perché non lo apprezzavamo. Così ho comprato una gelatiera. Visti i tanti apprezzamenti, ci siamo detti: ‘Perché non proviamo a farlo per tutti?’ Non avrei mai immaginato però di vincere il premio ‘miglior gelateria artigianale’, anche perché se il caseificio può vantare 50 anni di storia, l’idea del gelato ha due anni di vita. Motivo di grande soddisfazione e gioia.
Producete molti altri prodotti degni di nota.
Tra le tante produzioni spicca il “Caso re vacca ammurriato.” Si tratta di un formaggio che una volta raggiunta la stagionatura viene cosparso (ammurriato) da una crema ricavata dagli scarti della farina e dall’olio. Per poi essere conservato in anfore di terracotta. Non è altro che un metodo di conservazione che si utilizzava anticamente. Lo scopo è stato quello di riutilizzare lo scarto e farne una risorsa. Ma anche un modo per raccontare da dove provengo ed omaggiare il lavoro delle famiglie dell’epoca.
Interessante l’idea “Orto Didattico”. Vi siete aperti anche al mondo della scuola: cosa imparano i bambini?
Raccontare soltanto non ha senso. Sono costantemente mossa dal principio di diversificazione ma soprattutto dal fatto che i consumatori sono sempre più vittime della grande distribuzione. Così educando i bambini, facciamo sì che diventino adulti consapevoli. Con le loro mani apprendono come nasce un prodotto caseario, ma imparano a conoscere anche i principali tipi di ortaggi e comprenderne la stagionalità.
Dai social si evince che questo lavoro sia diventato anche una passione.
A me piacciono molto. Oggi con i social c’è questa possibilità in più. Contribuiscono anche alla crescita di questa azienda. Puoi comunicare ciò che fai anche a chi sta lontanissimo da te.
La tua azienda nel tempo ha avuto molti successi. Hai mai percepito ostacoli in quanto donna?
Questo è un periodo molto felice per me, devo ammetterlo. Ostacoli non proprio. L’ambiente produttivo è piuttosto maschile, quindi se inizialmente puoi essere guardata con una certa diffidenza perché donna, nel momento in cui si rendono conto che hai delle potenzialità, cambiano approccio. Credo, ad ogni modo, che la donna in un’organizzazione aziendale abbia dei valori aggiunti. Non dimenticherò mai la spontaneità e la dolcezza che trasmetteva mia madre. Perciò sì dico che la donna è dotata di una sensibilità diversa. Sebbene ci siano le eccezioni. Un mondo di sole donne non ha senso così come non ha senso un mondo senza donne, ma se tutto coesiste si crea la biodiversità.
Possiamo dire che fai parte di quei produttori accomunati dal desiderio di preservare e valorizzare le eccellenze del Cilento e della Dieta Mediterranea.
Quando mi reco alle fiere, agli eventi o convegni non parlo solo della Tenuta Chirico. Che certamente non sarebbe la stessa se la spostassimo altrove. Mi preme far conoscere il Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni e tutto ciò che ne consegue. È proprio il territorio a contribuire alla sua crescita e al suo benessere. Produrre il gelato mi permette di valorizzare il latte sì, ma anche di far conoscere i prodotti che ci legano al territorio, come olio, fichi, frutti, fiori. Il 24 marzo è la giornata europea del gelato artigianale. Quest’anno l’Olanda ha scelto un gelato allo yogurt variegato alle fragole. Prodotti che la nostra azienda produce e attraverso questi mi piacerebbe comunicare, come attraverso un metodo scientifico, il gelato può rientrare nel concetto di Dieta Mediterranea.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere alle nostre lettrici?
Andare avanti e perseverare nei valori, quali impegno, sacrifici, correttezza, onestà intellettuale e morale. E che qualsiasi cosa si decida di fare da grandi di non lasciarsi scoraggiare, perché prima o poi viene ripagati. Noi vogliamo sviluppare ancora progetti, non pensiamo di essere arrivati in cima; abbiamo voglia di innovarci, ma senza mai tralasciare la tradizione. Chi non ha avuto la fortuna come me di avere un’azienda in avviamento, consiglio: puntate sulla diversificazione dell’offerta. Diversificare, per stare insieme e dare vita al mondo.
Anais Di Stefano