Paestum tra Templi persi, Templi rimasti e Templi distrutti. Paestum non aveva solo tre Templi… ma molti altri. I Templi che non vediamo sono stati distrutti nel corso degli ultimi anni. Venerdì 21 febbraio 2020 nella Sala cella del Museo archeologico i protagonisti delle attività di scavo e ricerca condotta a Paestum nel 2019, hanno presentato le proprie indagini archeologiche. Gli scavi di quest’ultimo anno, gettano nuova luce sulla città, parola di Gabriel Zuchtriegel, Direttore del Parco Archeologico di Paestum e Velia. Gli scavi effettuati nelle terre private del Parco Archeologico e il disboscamento delle Mura Antiche, hanno messo in evidenza la ricchezza nascosta di Paestum. Paestum è uno scrigno di tesori. Dal lavoro di pulizia delle mura sul lato Ovest, sono emersi reperti databili all’inizio del V sec. A. C., elementi di arenaria e travertino riconducibili ad un’architettura classica, come quella del Tempio di Nettuno. Ritrovati pezzi di gheison, di architrave, pezzi di colonne, di un Antico Tempio, anteriore al Tempio di Nettuno, distrutto negli anni ’60 dalle ruspe di un contadino. Per coltivare il suo pezzetto di terra, il bifolco, pensò bene di distruggere un’opera d’arte. Questo è quello che scopriamo oggi, figuriamoci quante altre architetture antiche sono state distrutte nei 100 ettari di terreni privati del Parco Archeologico. Gli elementi che componevano il Tempio del V sec. a. C., ritrovato sul lato Ovest delle Mura Antiche, permetterà agli scienziati archeologi di definire meglio e con miglior condizione di causa la nascita e l’evoluzione dell’architettura classica del Tempio di Nettuno. Il Direttore Zuchtriegel, ha evidenziato che il ritrovamento del Tempio Dorico distrutto, contribuirà a leggere meglio il Tempio di Nettuno. Con questo ritrovamento si conferma che a Paestum si è sviluppata un’architettura autonoma dalle altre Città Greche. Nella zona di Porta Marina vi è una concentrazione di elementi architettonici antichi, che gli studi di Emanuele Greco avevano già messo in evidenza. Il ritrovamento nell’area della Lupata, del Tempio Dorico del V sec. a.C., conferma che l’area privata di Paestum è piena di Templi e strutture architettoniche antiche, molto importanti. Solo lo scavo potrà dare risposte e conferme certe. Bisogna approfondire lo scavo, la ricerca, la tutela, la fruizione, parola del Direttore Zuchtriegel. Il Tempio ritrovato alla Lupata non è l’unica scoperta. A Sud delle Mura Antiche, poco sotto il Nettuno, sono venuti alla luce elementi architettonici di un Tempio Dorico del V sec. a. C. La ricchezza di Paestum è sotto i terreni privati. La ricerca deve essere pubblica e condivisa. In tempi remoti e perigliosi, gli ideatori di Paestumanità, avevano individuato nello scavo, nella ricerca, nella tutela e nell’esproprio, la via da seguire, inascoltati e malamente apostrofati. Ma nessuno è profeta in patria. Annotiamo con soddisfazione che il Direttore Zuchtriegel, riprendendo i temi di Paestumanità, sviluppa tesi e azioni già individuate. Rimane aperta comunque l’antica questione del Testo senza Contesto, del mancato rispetto della legge 220, sia dentro che fuori la Città Antica. A tutt’oggi nessuno parla di esproprio dei 100 ettari di terra archeologica, che nasconde un patrimonio immenso, alla merce’ di tombaroli, di distruttori seriali, di ruspe ed aratri. Per coltivare un po’ di mais e quattro carciofi, si perde un’opportunità storica, quella di ridare nuova dignità alla Città più Bella della Magna Grecia. Solo Mario Napoli con la scoperta della Tomba del Tuffatore restituì a Paestum la visibilità e la dignità che gli compete. Non solo la scoperta dei due Templi Dorici, ritrovati nei terreni privati, ha gettato nuova luce sull’evoluzione di Paestum, ma anche gli scavi nell’area del Tempio di Athena, hanno contribuito a nuove conoscenze. Ritrovati molti oggetti di bronzo e la testa in pietra tardo-antica. Un ritrovamento ad opera dell’Università di Salerno, durante gli scavi del 2019 diretti da Fausto Longo, nell’Area dell’Athenaion. L’immagine di un volto scolpito, realizzato con lo stesso materiale con cui furono realizzati gli elementi decorativi del Tempio di Athena, fa ipotizzare che possa appartenere ad una metopa del fregio dell’Athenaion. Una scoperta eccezionale, perché rappresenterebbe la prima metopa del Tempio di Athena. Il ritrovamento della testa in pietra, dimostra ancora una volta che il sottosuolo di Paestum è ricco e fecondo, parola di Gabriel Zuchtriegel. Finora le metope che conosciamo sono solo quelle ritrovate da Umberto Zanotti Bianco e Paola Zancani Montuoro, nel Santuario di Hera Argiva al Sele. Lo scavo, forse, metterà in luce nuove evidenze sia nell’Area della Basilica, un centinaio di metope mai ritrovate, che nell’Area dell’Athenaion. Il tempio di Athena è sottoposto ad un’intensa attività di scavo e ricerca, coordinata da Fausto Longo Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Salerno, volta ad indagare le fasi più antiche dell’Area Sacra. Il Santuario fu interessato negli anni ’20 e ’30 a scavi, che per fortuna non hanno interessato tutta l’area. Sono stati recuperati i documenti di scavo degli anni ’30 di Maiuri e mai pubblicati. Recuperati elementi d’archivio a Napoli, Pontecagnano e Paestum, che hanno permesso di ricostruire la cronologia e la tecnica costruttiva del Tempio di Athena. La campagna di scavo nell’Area dell’Athenaion, ha interessato anche il Tempio arcaico, costruito prima del Tempio di Athena, rinvenuti una serie di elementi architettonici, materiali che si riferiscono al tetto ed elementi ceramici del V sec. a. C., con tracce di bruciature. L’edificio arcaico fu distrutto da un incendio e al suo posto fu costruito il Tempio di Athena, che oggi possiamo ammirare. L’architetta Ottavia Voza, ha confermato che il Tempio di Athena fu costruito sulla cima di una collina artificiale. Le fondazioni del Tempio furono realizzate fuori terra e il riempimento fu fatto con scarti di lavorazione, fino a formare una collina artificiale, da cui spunta il Tempio, così come avevano evidenziato Albert e Rebecca Ammerman della Colgate University di New York. I saggi di scavo nell’Agorà di Poseidonia, a cura di Emanuele Greco, hanno dimostrato che il Museo Archeologico è costruito nell’Agorà, che misurava 10 ettari, simile a quella di Metaponto. Le ricerche compiute più sessant’anni fa, dal Sestieri, hanno permesso di scoprire nel 1954 l’Heroon, la tomba dell’Eroe Fondatore della Città e padre della Patria. L’Ekklesiasterion fu scoperto il 9 maggio 1978, da Emanuele Greco, lo stesso giorno del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro. I due elementi caratterizzanti l’Agorà Greca, che con la deduzione della colonia latina fu totalmente stravolta. Ad oggi, in quella che era la Grande Piazza di Poseidonia, si vedono poche cose greche che galleggiano nel gorgo della trasformazione romana. Per Emanuele Greco la scoperta dei due Templi Dorici, fuori dall’Area Demaniale, dimostra ancora una volta l’assurda presenza della proprietà privata nella Citta’ Antica. Dei 120 ettari che le Mura di Paestum racchiudono, solo 25 ettari sono di proprietà pubblica. I 120 ettari della Città Antica di Paestum non sono mai stati edificati, dunque la Città si conserva in buono stato sotto un sottile strato di terra, alla mercé di quanti la disprezzano ed esposta a distruzione sistematica con mezzi meccanici, a riprova di ciò, vi è la distruzione del Tempio Dorico ritrovato alla Lupata. Gli scavi a Paestum iniziarono nel 1907, ad opera di Vittorio Spinazzola, che scriveva “… I Templi piantati solidamente a terra, parevano che dovessero segnare il piano della Città…frugai sotto quel piano fin quando non trovai il vero piano della Città Greco-Romana. Paestum era là, sotto qualche strato di terra e non attendeva altro che un atto di volontà e la mano che la liberasse dal suo funebre lenzuolo”. A distanza di oltre un secolo quella volontà non l’abbiamo trovata in nessuno e il lenzuolo funebre fa fatica ad essere squarciato. Piccoli segnali provengono da tutta una serie di campagne di scavo condotte nel 2019. A tal proposito Laura Ficuciello, ha relazionato sugli scavi condotti dall’Università degli Studi di Napoli “L’Orientale”, che si sono concentrati nell’area privata del parco Archeologico, dove è stata messa alla luce una Casa Arcaica con Simposium, sono state scoperte le strade greche della fine del VI sec. a.C. al IV sec.a.C. Mentre Serena Scala, del Parco Archeologico, ha illustrato lo scavo, presso il Santuario Meridionale, della Casa dei Sacerdoti. La Zancani Montuoro, così la definì nel momento della scoperta tra il 1940-’50. Nello scavo condotto da Jessica Elia ed altri, nell’insula 10-12 poco sotto il Nettuno, sono state ritrovate due fornaci. Lo scavo condotto a cura del Parco Archeologico, ha messo in evidenza una area artigianale per la produzione di anfore da trasporto e relativi bolli. Successivamente l’area da impianto produttivo si è trasformata in area residenziale, come dimostra lo scarico di detriti su una delle fornaci. La campagna di scavo condotte a Paestum nel 2019, non ha interessato solo l’Area Archeologica, ma anche il Santuario di Hera Argiva al Sele, a tal proposito Bianca Ferrara dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” ha illustrato le scoperte venute alla luce. A 500 metri dal Santuario, in una zona allagata, dove pascolavano le bufale, sono stati messi in evidenza due edifici, uno della dimensione di 24,33m X 33,65m e un altro di 21,50m X 24,80m. La nuova scoperta ha consentito di poter affermare che l’Area del Santuario di Hera Argiva, da area sacra si trasformò in area produttiva alla fine del III sec. a.C. Il Santuario si trasformò in fattoria. Nello scavo sono state ritrovate ceramiche da cucina ed è stata individuata un canale che serviva ad allontanare l’acqua dal sito, opere di bonifica risalente al III sec. a.C.. l’area fu abbandonata dopo l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Identificato un edificio del VI sec. a.C. e trovata una strada di età arcaica, che probabilmente era percorsa da pellegrini che venivano da Pontecagnano ed Altavilla. Sulla scoperta dell’edificio individuato a 500 metri dal Santuario di Hera Argiva e sulla sua destinazione si è innescato un dibattito tra Gabriel Zuchtriegel e Emanuele Greco. Per Zuchtriegel l’edificio era un albergo, visto che le preziose derrate alimentari venivano custodite all’interno della Città. Per Greco invece l’edificio era un deposito, visto che il Santuario di Hera aveva una immensa proprietà terriera e tutta l’area era sfruttata a livello agricolo. Sulla tutela di Paestum è intervenuta Maria Teresa Granese della Soprintendenza Archeologica, delucidando la platea sulle azioni intraprese nel rispetto della 220 del 1957. Azioni che hanno interessato la Stazione di Paestum, albergo Elios e l’impianto di Biogas nella zona di Fuscillo sulle sponde del Solofrone. Alla Stazione di Paestum, lo scavo ha permesso di trovare una fossa settica, una latrina, costruita negli anni ’60, a servizio del bar-ristorante della palazzina rossa. La latrina fu costruita in un’area sepolcrale di età imperiale. Lo stesso parcheggio, a monte della stazione, è stato costruito su una necropoli repubblicana. Nello scavo sono stati recuperati materiali del I sec. d.C., ed elementi in ferro della lettiga di cremazione. In un territorio costruito in gran parte abusivamente, quello della 220, è stato posto sotto sequestro l’albergo Elios ex ACI, l’unico albergo ad avere una concessione edilizia nella 220. Nello scavo dell’area è stata trovata una strada antica che correva lungo le mura e una moneta di Valentiniano I del II sec. d.C.Dopo il dissequestro, per permette al Consorzio di Bonifica di effettuare i lavori per portare l’acqua alla Contrada Torre, è stato presentato un progetto di riqualificazione del complesso abbandonato, che prevede l’abbattimento delle opere abusive. L’intervento eseguito nell’area del costruendo impianto a Biogas a Fuscillo, ha permesso il ritrovamento di materiale della fine del IV sec. a.C., reperti che hanno permesso di individuare un’area portuale lungo il Solofrone. A Fuscillo inoltre sono state ritrovate tracce di un insediamento del III sec. a.C. e un altro di epoca romana. Un gran bella conferenza, quella che si è tenuta nella Sala Cella del Museo Archeologico, con ricco Coffee Break e Lunch. Rimane il mistero dell’uso di anglicismi per indicare colazione e pranzo…ma se c’è lo chiede l’Europa, ça va sans dire! Rimane il mistero del mancato rispetto della 220. Rimane il mistero su Paestum, sul suo “Particulare”, sul Testo senza Contesto. Rimane il mistero di conferenze sulla più Bella Città della Magna Grecia, che lasciano l’amaro in bocca. Mentre gli scienziati archeologi dissertano sulla datazione delle “Capuzzelle” trovate negli scavi, già scavati da altri, gli ignari e inconsapevoli astanti vengono messi al corrente che uno ha scavato nello scavo di Theodorescu. L’altro gli fa eco…ho scavato sullo scavo della Zancani Montuoro! Quell’altro annunciava di aver scavato sullo scavo già scavato da Jowannoscky. Si ha la sensazione che tutto il vincolato sia già stato tutto stuprato. Tra “Capuzzelle”, latrine e Templi distrutti, rimaniamo esterrefatti e basiti sulla bellezza persa e sulla mancata applicazione della 220 del 1957. Come aveva ragione Umberto Zanotti Bianco.
Lucio Capo