C’è un divario abissale tra la politica di ieri e quella di oggi. Su questo per molti non vi sono dubbi. Ma volendo essere più precisi potremmo dire che la differenza vive più nella interpretazione di cosa sia un partito politico e come questo venga oggi inteso per l’espleto delle sue funzioni, alle quali è chiamato, giuridicamente, socialmente e culturalmente. Che sia di maggioranza o minoranza non conta. Quello che invece è importante è che nei nuovi contesti sociali e quindi nell’attualità politica i partiti, con la loro originale essenza, vengono messi al bando per far spazio ad un nuovo soggetto la cui sintesi si richiama a quel movimento, detto appunto populismo, che in forma rivoluzionaria si sviluppò tra il 1850 e 1880 in Russia. Almeno questa è la risposta che darebbe uno storico se gli chiedessimo cos’è il populismo. Di contro se lo domandassimo ad un politologo, questi, ci direbbe che il populismo ha un concetto vario che cambia a seconda di epoche e soprattutto contesti, ma qui è difficile trovare un accordo univoco e condiviso. Tuttavia abbiamo però il pensiero politico che ci viene in aiuto: “il populismo è l’atteggiamento politico favorevole al popolo, che si identifica nei ceti socio-economici più umili”. Per dirla con Francesco Saverio Festa, docente di storia della filosofia all’Università di Salerno, il populismo considera il popolo depositario di tutte le virtù politiche e sociali e difenderlo dai raggiri dei ceti dominanti attraverso proposte politiche atte a gratificare i desideri del popolo, contrapponendolo all’élite.
Ma i partiti e la politica si gratificano in tutto questo oppure riscontrano serie e profonde difficoltà nell’avvicinarsi a questa tendenza informe alla originalità dei partiti di un tempo? E soprattutto l’Italia come e attraverso quali sperimentazioni sociali è arrivata ad esaltare il populismo e i populisti in politica? E inoltre vi è davvero una ineguaglianza culturale oltre che sociale tra ciò che comunicavano i partiti della prima repubblica e quanto oggi invece emerge nel totale disappunto verso questi e l’emergere, ambienti Social compresi, di una nuova forma di partitocrazia, che influenza la vita politica di ogni cittadino? Ebbene a tracciare, non solo un resoconto, ma ancor più la differenza tra l’uno e l’altro aspetto, in maniera garbata, chiara oltreché esaustiva, con un linguaggio significativo e allo stesso tempo virtuoso nella sua esposizione dell’argomento, ci ha pensato un politico navigato e contestualmente persona intellettuale, Carmelo Conte.
Un personaggio politico il cui nome e volto sono ancora oggi noti al grande pubblico, seppur a distanza di alcuni anni da quando ha ricoperto il ruolo di Ministro alle Aree Urbane dal 1989 al 1993. Carmelo Conte è nato a Piaggine, di professione avvocato, è stato anche Sindaco di Eboli all’inizio degli anni settanta, poi Consigliere Regionale e Vice Presidente della Giunta regionale della Campania, Deputato al Parlamento per ben quattro legislature e Sotto Segretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Non un politico sprovveduto insomma, ma un testimone di prima fila nella trasposizione socio-culturale e istituzionale della politica, dalla prima alla seconda repubblica. Il suo nuovo libro (ne ha scritto altri sei) con la prefazione di Michele Mirabella e l’introduzione al testo del giornalista Peppino Caldarola, descrive, racconta e argomenta in modo diretto il fenomeno del populismo e del sovranismo. Si spinge anche oltre il già Ministro Conte con il suo libro, indagando su questo fenomeno di massa, impreziosendo così il contenuto del testo e offrendo al lettore un approccio semplice, ma profondo nel suo essere argomentato. “Torno a scrivere di politica, partendo da una considerazione: l’Italia è l’unico Paese del Continente nel quale, dal dopoguerra, non si sono realizzati governi di sola sinistra né di sola destra, ma di coalizione e di compromesso, dei quali sono stati protagonisti indiscussi i partiti e non il partito”. Si legge nella premessa al testo. E la storia ce lo insegna, anzi possiamo ben dire che non era nemmeno terminata la guerra che già, con i primi governi provvisori, nell’Italia liberata, già si distinguevano per la loro nascita attraverso una forte presenza di compromessi, e non solo tra i partiti italiani.
Parte quindi da questo spunto Carmelo Conte per ricostruire l’attuale situazione politica italiana, ponendo attenzione alle contraddizioni che hanno incoraggiato il sorgere di fronti populisti, che attualmente continuano a canalizzarsi su sentieri sempre più ricercati, oltre che annidarsi, da una parte e dall’altra, nel emiciclo parlamentare. Conte descrive un percorso ben delineato tra partiti e partitocrazia, tra politici e fenomeni sociali attuali, per disegnare infine le coordinate della “proteiforme varietà del populismo”. Un libro che si presenta come una precisa genealogia del racconto e della cronaca politica dell’Italia. “Questo libro non è solo un ottimo esempio di analisi di teoria politica ma immerge anche il ragionamento nelle vicende a noi prossime, ad esempio mettendo in rilievo il prezzo che questa stagione politica fa pagare sia all’europeismo sia al meridionalismo” si legge nella introduzione di Caldarola. Un libro da leggere sia per chi ha desiderio di ripercorrere il significato di populismo sia per chi invece vuole, su questo tema attuale, saperne di più. L’argomentazione viene affrontata da Carmelo Conte con l’onestà intellettuale di non narrare faziosità o rivendicazioni di parte; è una onestà e probabilmente anche preoccupante fotografia di una patologia che non solo tocca le istituzioni, ma anche il contesto culturale e sociale, che da oltre vent’anni sta investendo l’Italia. Spingendo così cittadini ed elettori verso una “dialettica politica” di evidente narrazione populista.