Nel 1821, circa due secoli fa, l’Europa era in piena restaurazione con le teste coronate impegnate a ricacciare indietro le idee illuministe poste alla base della Rivoluzione Francese.
Nonostante la determinazione delle monarchie, non ci fu verso di riportare le lancette della storia al 1789: prima dell’evento che aveva aperto i cancelli dei recinti in cui erano stati confinati gli stati sociali: nobiltà, clero e borghesia.
Anzi, da quel momento, il processo innescato è inesorabilmente avanzato fino a quando quel motto non si è tradotto in realtà almeno in Europa e nel l’occidente in generale.
Tant’è vero che in nessuna delle democrazie dell’Europa e delle Americhe nelle costituzioni sono assenti quei principi, tantomeno sono stati messi in discussione senza provocare sollevazioni e rivolte.
Oggi assistiamo ad una “privatizzazione” di questi diritti, in quanto sono esaltati quando riguardano l’individuo e, al contrario, sono fatti oggetto di ridimensionamento quando sono altri a volerli far valere.
Per quel che riguarda la libertà, diventa un concetto liberticida quando si tratta di un diritto rivendicato da chi ne è privato; invece diventa un oltraggio alla costituzione se sono messe in discussione le proprie prerogative.
Sull’eguaglianza c’è da dire che la distanza economica tra chi sta peggio e chi sta meglio si sono accorciate, ma la classe media si vede compressa più verso il basso che spinta verso l’alto. Sostanzialmente, però, le condizioni di vita sono generalmente migliorate e gli stati si fanno carico di chiunque è in condizione di non poter badare a se stesso.
Ma è sulla fraternità che crolla in modo inesorabile il trittico illuminista. L’umanità intesa come sostantivo ha perso per strada “l’umanità” come l’aggettivo che qualifica ogni essere che appartiene al genere umano. Da tempo sentiamo parlare di sovranismo, supremazia, prima noi poi gli altri … e non oso ripetere frasi ancora più crude, per non dire inumane.
In sostanza, cosa differenzia le bestie dall’essere umano?
Non è forse il sentimento che si spinge a tendere la mano, compatire chi non è fortunato, piangere di fronte a chi soffre, tenta di alzarsi e ricade sui suoi problemi?
È umano immedesimarsi in chi è in difficoltà, augurare a chi non ha di poter salire la scala del ben essere, compatire chi non ha speranze …
Molti programmi televisivi invitano i telespettatori, che sono anche cittadini con diritti e doveri, a fare offerte in favore di bambini che non hanno di che mangiare, di che sopravvivere alle malattie, di quanti non hanno una scuola dove andare ad istruirsi per elevare la propria e quella della propria famiglia …
Ma la “fratellanza”, come scrive Antonio Spadaro nell’editoriale dell’ultimo numero dell’Espresso, “non è solamente un’emozione o un sentimento o un’idea, ma un dato di fatto!” La Fratellanza è ciò che consente agli eguali di essere persone diverse. L’odio elimina il diverso e tende a bruciarlo sul “rogo” delle proprie eccitazioni.
un concetto che non sopravvive nemmeno tra fratelli e sorelle di sangue perché è decaduto dall’alto stallo dove i rivoluzionari illuministi e lo stesso Gesù Cristo posero a base della società umana occidentale che non perde occasione di richiamarsi alla cultura cristiana e giudaica.
Al contrario, 4 febbraio del 2019, ad Abu Dhabi, Francesco, il Papa cattolico, e Ahmad al – Tayyeb, il grande Iman di al – Azhar, hanno firmato uno storico documento sulla fratellanza: i due leader si sono riconosciuti fratelli ed hanno provato a “strappare cristiani e musulmani dal bordo del baratro”.
La storia ci ha insegnato che sa avere pazienza per prendersi le proprie rivincite. Questo, al di là di ogni rivendicazione anacronistica, dovrebbe far riflettere chiunque ha capacità di intendere per sé e per quanti sono destinatari del loro voler “bene”.