Contrariamente alle urla strepitanti del fronte garantista, che in realtà si estende in partecipazione anche al proscenio impunitarista, l’abolizione della prescrizione (legge Bonafede) è ritenuta dal quasi 60% degli italiani (secondo SWG) una riforma giusta che ristabilisce un’equità difronte alla legge. Dato assai prevedibile e conseguente a ciò che l’opinione pubblica ha visto accadere in molte aule di tribunali dove la prescrizione, come l’acqua benedetta, ripuliva il colpevole e lo assolveva da tutti i suoi peccati (e reati). Un refugium peccatorum che riguardava, il più delle volte, imputati eccellenti che potevano organizzare la propria strategia giudiziaria cercando di difendersi dal processo e non nel processo. Tirare avanti più a lungo possibile per tagliare il traguardo della prescrizione è stato lo sport preferito della classe dirigente e imprenditoriale. Essendo i reati tributari prescritti dopo 8 anni e di corruzione dopo 6 (da quando il reato veniva commesso e non da quando veniva scoperto, e con il tempo rimanente fare indagini, primo grado, Appello e Cassazione) la prescrizione sembrava lo scudo ideale per il ceto manageriale e politico della società italiana che, generalmente, si rende protagonista di reati considerati minori dalla nostra giurisprudenza (anche se ogni anno causano un danno, tra corruzione e evasione, di quasi 200 miliardi) . Talmente minori da avere termini di prescrizioni così brevi da estinguersi ancora prima del processo. Infatti, su 120mila prescrizioni all’anno, circa il 60% si cancellavano nella fase preliminare. Con il risultato che le vittime non ottenevano giustizia e i colpevoli uscivano fischiettando dalle aule dei tribunali. Sempre se facevano in tempo ad entrarci.
Così facendo l’impunità, seppur ben camuffata e ben confezionata anche dalla legge ex Cirielli (che ha dimezzato i termini di prescrizione sopratutto per i reati corruttivi e fiscali), è stata garantita a chi commetteva reati con prescrizioni brevissime creando una voragine all’interno del sistema giudiziario grazie alla quale molti processi, anche quelli che riguardavano tragedie immane, ci sono finiti dentro.
Come ad esempio la strage di Viareggio che potrebbe rimanere senza colpevoli, cancellati dalla prescrizione. Dopo 4 anni di indagini e 7 anni di udienze, per l’estate è atteso il passaggio in Cassazione, ma potrebbe rimanere senza colpevoli accertati il processo per la morte di 32 persone, tra cui 3 bambini, che persero la vita in seguito all’incendio del 29 giugno 2009, quando un treno carico di gpl deragliò alla stazione versiliese intorno alla mezzanotte e le fiamme avvolsero le strade intorno alla ferrovia. Secondo i giudici della Corte d’Appello di Firenze ci furono omissioni e inadempienze a vari livelli e mancava una valutazione complessiva dei rischi
La prescrizione ha già cancellato i reati di incendio e lesioni colpose gravi e gravissime. Gli unici capi d’imputazione rimasti, ovvero il disastro ferroviario e l’omicidio colposo plurimo, sono legati al filo dell’aggravante dell’incidente sul lavoro. “L’omicidio colposo sarebbe già prescritto dopo 7 anni e mezzo, ma con l’aggravante dell’incidente sul lavoro si prescriverà il 29 dicembre del 2026. Il disastro ferroviario, invece, il 29 dicembre del 2021″, spiega a ilfattoquotidiano.it l’avvocato Tiziano Nicoletti, tra i legali dei familiari delle vittime. In estate è probabilmente atteso il passaggio in Cassazione ma, se la Suprema Corte non riconoscesse l’aggravante, il processo finirebbe prescritto.
Stessa sorte per il processo “Eternit” che, nonostante il disastro ambientale e la perdurata esistenza del materiale non bonificato dalla società palesemente colpevole, finisce in prescrizione nel 2015 nonostante i pm avessero tentato di inquadrare giuridicamente il reato come “permanente”. Ovvero non riconducibile alla data di chiusura della società, verificatasi nel 1986, ma avanzando una ipotesi di “reato continuato nel tempo” dato che l’Eternit continuava, e continua, a mietere decine di migliaia di malati e morti. Con un periodo di prescrizione irrisorio pari a 15 anni, l’imputato Schmidheiny Stephan Ernst viene prescritto dalla Cassazione che respinge la tesi del “reato permanente” (in base alla quale i pm erano riusciti ad andare oltre il limite di prescrizione che, stando a questo, avrebbe fermato il processo già nel 2001, prima ancora del processo di primo grado) interpretando la condizione perdurante come un aggravante al reato scoperto nel 1986. In altre parole gli oltre 6 mila morti all’anno a causa dell’amianto rimangono senza giustizia per merito di un ordinamento giudiziario che fa acqua da tutte le parti.
Non mancano anche casi di personaggi politici di alto rango; da Andreotti prescritto per mafia (per soli tre mesi, in un processo che è durato un’eternità) a Penati prescritto per corruzione, a Berlusconi nove volte prescritto per corruzione, frode fiscale e falsa testimonianza. Avrebbero potuto rinunciare alla prescrizione, rispettando lo spirito dell’articolo 54 della Costituzione che prevede che ai cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore, potendo così esibire all’opinione pubblica il certificato dell’assoluzione. Ma nascondersi dietro la prescrizione è stato il modo più semplice per tenere il proprio casellario giudiziario pulito e lontano da qual si voglia polemica.
A chi sostiene che la prescrizione sia un diritto sancito dalla costituzione e che abolirla sarebbe un atto giustizialista e incivile (Lega, Fi, Fratelli d’Italia e Iv), va ricordato ciò che accade negli altri Paesi dell’eurozona.
Nella civilissima Germania la prescrizione si interrompe appena la procura interroga l’indagato. Cioè all’avviso di garanzia. Inoltre se l’indagato è un politico la prescrizione comincia a decorrere da quando il reato viene scoperto. Perché, secondo i tedeschi, i reati di chi gestisce i soldi pubblici sono molto più gravi dei reati comuni. Infatti la Germania ha 8 mila detenuti per reati tributari e corruttivi contro i 200 dell’Italia. Con la differenza che i tassi di evasione, di frode e di corruzione in Germania sono nettamente inferiori agli standard italiani.
Così come in Francia la prescrizione si blocca ad ogni azione giudiziaria. In più una riforma ha reso imprescrittibili gran parte dei reati. Anche se lì non esiste per i magistrati l’obbligo dell’azione penale, e dunque non intasano le procure e i tribunali.
In Inghilterra, come in Svezia e in Danimarca, la parola prescrizione è intraducibile.
Ora il subbuglio politico, organizzato dalla costola della maggioranza giallorosa, ovvero Renzi e il suo gruppo Italia Viva, rimette in discussione una delle poche riforme sensate della giustizia. Rischiando addirittura di far cadere il governo Conte, o almeno a minacciare continuamente di farlo. Con le solite conseguenze sullo spread e sulla politica internazionale. Sembra rivoluzionario che dal primo gennaio del 2020 i processi finiranno o in condanna o in assoluzione ristabilendo il principio cardine del diritto. Solo così ci saranno le basi per riformare l’intera materia; ristabilendo dei principi fondamentali per rendere l’Italia un paese normale e civile.