Un recente studio, condotto dall’Università di Vienna, ha evidenziato il passaggio di una nube radioattiva sull’intera Europa, la cui provenienza è una zona della Russia, a sud della catena montuosa degli Urali. Ed uno studio senza precedenti dell’Agenzia nucleare internazionale Threat Initiative ha indicato le nazioni che potrebbero tranciare la corda dell’equilibrio nucleare nel mondo. L’indagine ha analizzato le condizioni di sicurezza, reali o presunte, in 176 nazioni che dispongono di materiale radioattivo necessario per la produzione di energia nucleare. L’analisi ha coinvolto: la quantità di materiale “archiviato”; l’efficienza dei siti di conservazione; le politiche governative gestenti e coordinanti l’impiego in condizioni di sicurezza di tali insidiose risorse nucleari. Esistono una trentina di nazioni dotate d’almeno un chilogrammo di materiale destinato per un deprecabile uso bellico, utilizzabile quale potentissima, devastante arma nucleare. La Corea del Nord, munita di ordigni nucleari, non partecipa a trattati di sicurezza garantenti la non proliferazione di tali armi, il suo governo è instabile, inoltre è in conflitto con altri Paesi. Poi c’è l’Iran, che da anni continua un controverso programma atomico, fortunatamente ha raggiunto accordi con alcune potenze nucleari. La lista d’“estrema insidiosità” è integrata da Pakistan, India e Israele.Una delle centrali nucleari più pericolose del mondo è Metsamor, per problematiche legate alla obsolescenza degli impianti, ma anche a causa della sua posizione in una zona a forte sismicità. L’impianto si trova nell’omonima città, a soli 35 km dalla capitale dell’Armenia, Erevan; venne costruito contemporaneamente a Chernobyl (Ucraina), negli anni ’70. In passato, il reattore Metsamor fornì energia per soddisfare la crescente domanda di elettricità della vasta Unione Sovietica; purtroppo, nel 1988, tutto è cambiato: un terremoto di magnitudo 6.8 devastò l’Armenia, uccidendo circa 25.000 persone. La centrale nucleare venne rapidamente arrestata; adesso, a distanza di trentun anni, la centrale di Metsamor e il suo futuro costituiscono un tema assai dibattuto. Uno dei suoi reattori è stato riattivato nel 1995, ora soddisfa il 40% di fabbisogno energetico del Paese; eppure, parecchie risultano le posizioni critiche, viene palesata l’estrema vulnerabilità in caso di terremoto. All’opposto, rassicuranti posizioni governative evidenziano l’estrema sicurezza ed affidabilità, ed insistono sull’aspetto delle importanti modifiche apportate, garantenti la riduzione al minimo di pericoli e minacce. Nella centrale nucleare di Metsamor sono inseriti due vecchi reattori VVER, dei quali uno solo è attivo. Studi e ricerche condotte da Turchia e Azerbaijan, storici avversari, manifestano l’urgente opportunità di una immediata chiusura; le “amiche” Armenia e Russia propendono per la continuazione di fornitura d’energia elettrica. La Russia attualmente dispone di 10 reattori nucleari funzionanti con tecnica simile a quella impiegata a Chernobyl, nel 1986, il reattore che esplose era siglato RBMK. Ha subito modifiche e sono state apportate idonee variazioni onde eliminare innegabili e fatali precedenti difetti di progettazione. Un reattore nucleare è una caldaia, un generatore di vapore; in luogo dell’utilizzo di combustibile metano, impiega barre di Uranio, colpite (“bombardate”) da particelle neutroniche; dall’impatto di questi neutroni sulle barre di Uranio, viene a generarsi calore, energia termica che, riscaldando acqua, ne consente la conversione in vapore fluente in adeguati circuiti e ponente in rotazione delle turbine collegate con generatori di energia elettrica. Per moderare la vertiginosa velocità dei neutroni urtanti, dunque per rallentarli, un RBMK impiega blocchi di grafite; i problemi che nascono sono legati alla infiammabilità del materiale grafite, e nella instabilità del reattore quando fornisce bassi livelli di energia; dunque dovrebbe funzionare sempre con alte energie, come dire che un’auto, onde mantenere stabilità, occorrerebbe sollecitarla a viaggiare sempre al massimo della potenza. Il periodo di funzionamento di un RBMK è all’incirca un trentennio, purtroppo tali macchine hanno prolungato (e prolungano) i canonici 30 anni del normale ciclo di vita. La World Nuclear Association ha affermato che alcuni vecchi reattori di Kursk e San Pietroburgo realizzati negli anni ’70 suscitano perplessità e grande preoccupazione per il mondo occidentale, la Russia sostiene che i suoi reattori modificati soddisfano pienamente gli standard di sicurezza internazionali. È difficile immaginare un disastro peggiore di quello che devastò Chernobyl. È stata palesata la quasi certezza che la super potenza Sovietica abbia cercato d’evitare di far venire alla luce il più grande incidente nucleare della storia: nascosto, all’epoca, il reale numero di morti, difficile stabilirne in termini incontestabili l’entità, oscillante tra valori minimi delle autorità governative (ordine delle centinaia) e valori di estremo opposto, attingenti l’ordine delle decine di migliaia. Quando il reattore numero 4 esplose, diffondendo nubi radioattive nell’emisfero settentrionale della Terra, dall’Est Europa sino ai Paesi dell’Estremo Oriente, e rilasciando nell’atmosfera l’equivalente di centinaia di bombe analoghe a quella di Hiroshima, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica controllò le informazioni e fornì una propria versione dell’accaduto. Secondo Greenpeace, le conseguenze scaturenti dalla contaminazione radioattiva potrebbero causare ancora tra i 100mila e i 400mila morti nelle regioni delle ex repubbliche sovietiche. Esiste un comitato scientifico dell’ONU, l’UNSCEA, le sue minimizzanti stime mostrano che solo 31 sarebbero state le morti causate dalle radiazioni; ma la catastrofe nucleare di Chernobyl fu subito valutata di 7° grado della Scala Ines (Scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici), vale a dire il livello massimo. La Scala Ines fu introdotta nel 1989 dall’AIEA (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) con lo scopo di classificare incidenti nucleari e radiologici. Integro la “pesantezza” dell’odierno tema con uno schema grafico di reattore RBMK,ed in termini assai più leggeri con una elaborazione (conseguii,nel 1980,il premio di un’opera su tavola di Enzo Marco, in una manifestazione, di cui risultai vincitore, organizzata da Art Gallery Club di Marina di Carrara), riallacciandomi alla fragile condizione terrena di “leggerissima foglia” o di “acrobatica” barchicina sottoposta alle violente sollecitazioni delle onde del mare, resa ancor più acuita dalle evidenziate insidie nucleari.