Lunghi sono i tempi dell’arcaico sentiero della città che fu nota a Strabone, Plinio, Virgilio, Silio Italico e di tanti altri antichi scrittori. Storici che della maestosità di una città greca ne trassero prose e racconti, miti e canti. Ci furono epoche in cui elogiare ciò che lo sguardo dei visitatori coglieva fu per la città di Paestum motivo di vanto e di ricchezza. Qui sorsero le più belle frasi nel descrivere meraviglie di un passato, che glorioso si è ben saldato col presente. Sempre qui son nate le lodi del profumato roseto di Paestum, inebriando di intenso effluvio gli Argonauti di Giasone, l’edificatore del tempio a Giunone Argiva. Luogo di Dei e di leggende che apparire volle nei viaggi di Ulisse nel solcare il seno Posidoniate. Templi di raffinata costruzione, mura che cintano spazi meritevoli di protezione, città che un tempo dimenticata e quasi cancellata dalla memoria degli uomini, ebbe fortuna di salire agli onori della storia per impegno, nel XVIII° secolo, del nobile Conte Felice Gazola, incoronando così il meridione patria dell’antico splendore.
La storia di Capaccio Paestum è quasi impossibile non iniziarla dall’antica città Posidoniate la quale, della Magna Graecia, ne è stata un principale centro culturale, artistico e religioso. Già il periodo del “Lìthos-Palaios” (pietra antica, da qui Paleolitico) aveva dato ospitalità nelle terre del Silarus ad antichi popoli e non esitarono, nel 600 a.C., quei greci di Sibari nel dirigersi verso questa terra per ivi forgiare la città di Posidonia. Qui non poteva certo mancare il ringraziamento agli Dei e così eressero il grande Santuario di Era, protettrice della navigazione e della fertilità. Un secolo più tardi, quando i Lucani mossero conquista alla città, nell’apportare nuove realizzazioni alla stessa, dando iniziò così ad un periodo di massima espansione e prosperità, anche il tempio di Era (Hera Argiva) subì ammodernamenti e ampiamenti. Qui si pensa che giovani fanciulle tessessero vesti inscenando anche rituali per la Dea, rappresentata con una statua in marmo, seduta e con in mano un melograno.
Intorno al 273 a.C. i Romani, che già erano presenti nella bassa Campania, decisero di eleggere a propria residenza coloniale la città di Posidonia, dove non solo apportarono delle modifiche alle esistenti costruzioni e all’urbanistica, intrecciando così le due culture, seppur conserva culti e tradizioni greche, ma diedero anche un nuovo nome alla stessa, chiamandola Paestum. Sarà con questa denominazione che beneficerà poi nel tempo della sua straordinaria rappresentatività storico-culturale. La colonia di Paestum fu sempre molto vicino a Roma e alle sue politiche, un’alleata fedele anche nel fornire all’Impero Navi e Marinai. Aiuti che durante le guerre Puniche si rivelò importantissimo per i Romani, specialmente quando questi assediati da Annibale nella fortezza di Taranto, furono soccorsi da una flotta partita da Paestum al comando di Tito Quinzio. Paestum sin dai primi decenni della sua esistenza ebbe consenso a battere moneta propria, ed è stata la prima città antica a forgiare una moneta dedicata ad una donna, Mineia, la nobile signora di Paestum, moglie di C. Cocceius Flacco, senatore e questore.
Venne il tempo delle armi dei Lucani contro i Romani, in quella che fu la guerra dei popoli, prima alleati con Roma, eccezion fatta per gli Etruschi e gli Umbri. La guerra sociale, così è ricordata attualmente, che gli antichi chiamarono Bellum Italicum o Bellum Marsicum si svolse dal 91 all’88 a.C., dopo l’uccisione di Livio Druso, avvenuta su mandato di Lucio Marcio Filippo, il quale voleva estendere la cittadinanza romana a tutti gli Italici con la “Lex livia de civitate sociis danda”. Secoli dopo iniziò il declino dell’Impero Romano, che si concretizzò definitivamente intorno al 500, e Paestum in questi primi secoli d.C. non gli fu da meno. Già verso la fine del III° secolo d.C. la città Greco-Romana dai Templi maestosi e fedele a Roma cominciò a mostrare segni di decadenza politica, sociale e ambientale. Quest’ultima a causa dell’acqua proveniente dai fiumi che rendevano il terreno molto paludoso e malarico, costringendo i Pestani a muovere obbligatoriamente verso nuovi insediamenti.
Intorno all’anno 300 d.C., mentre l’Imperatore Diocleziano era intento nella persecuzione contro i Cristiani, Paestum ebbe ben undici Martini tra i quali San Vito, oggi venerato come protettore di Capaccio Paestum. La città ebbe anche a soffrire diverse incursioni dei Barbari e guerre tra Goti e Bizantini. Giunse però il tempo di abbondare Paestum e di dirigersi più in alto verso le colline, non prima però di aver subito le visite guerresche dei Longobardi nel VII° secolo d.C. e due secoli dopo quelle dei Saraceni i quali causarono definitivamente l’abbandono di Paestum, costringendo gli abitanti a trasferirsi in un nuovo agglomerato urbano, Capaccio vecchia. Dell’antica Pesto non restavano che alcuni scritti di Ovidio, Properzio e Virgilio. Fu intorno al XVI° secolo che nei dintorni della chiesa Paleocristiana, oggi detta dell’Annunziata, ma già importante Tempio del passato di Paestum, si creò un piccolo centro urbano.
Mentre il caseggiato cittadino di Capaccio prendeva sempre più spazio in quella che fu la nuova meta dei Pestani, la città dei Templi invece, tra i roseti perduti e la palude che avanzava, si perse nei ricordi di pochi storici. Fin quanto anch’essa non beneficiò durante, il XVII° secolo, del Gran Tour. Sarà proprio in uno di questi viaggi che Goethe disse di Paestum “la più bella visione che porto con me verso il nord”.
Eccelsi letterati e importanti uomini e donne del XVII° e XVIII° fecero visita ai Templi di Paestum, intorno ai quali forse mille storie sono state raccontate e mille altre se ne potrebbero raccontare. Capaccio Paestum, tra i suoi Templi, il suo Castello al centro della congiura di Capaccio, le sue antiche Chiese e signorili Palazzi, i suoi Vescovi e le sue Famiglie nobili, costituisce una storia lunga di 2.500 anni. Anni ai quali vanno aggiunti capitoli di storia più attuale e non meno importanti, come la prima bonifica avvenuta tra il 1859 al 1861, furono bonificati 410 ettari di terreno, 295 solo nel territorio di Capaccio. La nascita del Consorzio di Bonifica Sinistra Sele, per interessamento del Barone Ferdinando Bellelli, nel 1926.
Lo Sbarco degli Alleati durante la seconda guerra mondiale, lasciando in logo atti di eroismo ma anche di sofferenza da parte della popolazione. Le prime grandi coltivazioni degli anni cinquanta, creando prodotti terrieri unici nel loro genere. Anni di vera trasformazione in tutti i settori produttivi che videro anche la definitiva bonifica di tutta l’area comunale (1951-1952) con l’assegnazione dei Poderi; la piantagione della Pineta sul Litorale, il ripristino e la nuova costruzione di impianti canalizzati per l’irrigazione. E ancora, la nascita della Banca di Capaccio nel 1953, i primi allevamenti di bestiame e le prime grandi produzioni lattiero-caseario; la creazione del Mercato Ortofrutticolo nel 1973 e tantissime altre realtà di significativa importanza nel panorama socio-economico del territorio.
Oggi Capaccio Paestum è un variegato di realtà straordinariamente legate l’una all’altra; offre una vastità di ricchezze archeologiche, storiche e culturali, ambientali, produttive e sociali che andrebbero sì tutelate ma accresciute nella loro potenzialità attrattiva. Nuovi quanto eccezionali interessi archeologici stanno emergendo nella città dei Templi; vecchi ed altrettanto importanti monumenti invece aspettano nel capoluogo di ricevere la giusta dose di rispettabilità, in quel che un dì fu non l’avanzo dei Pestani in altri siti, ma una storia nuova, diversa, la quale andrebbe, unitamente a quella di Paestum, messa sul piedistallo del riconoscimento storico e artistico.