Accompagno una turista francese a visitare il vecchio centro di Piaggine, sicuro dell’effetto che le strette viuzze, gli antichi archi di pietra sulle porte di case d’epoca e gli abitanti, “antichi” anch’essi, sicuramente donano. L’atmosfera è quella giusta anche dal punto più letterale della parola, era nuvoloso e pioveva a violenti sprazzi. Anche la temperatura pareva perfetta, quasi fredda per com’eravamo abbigliati, che tendeva quindi ad avvicinarci per riscaldarci a vicenda. Come immaginavo il fascino dalla storia di tanti piccoli momenti quotidiani conservati attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, secolo dopo secolo, ci aveva preso, e si era preso le nostre voci. La mancanza del mio generoso ma poco efficace tentativo in francese certamente non toglieva nulla d’importante. Eccetto per il mio accento italiano, che nel parlare francese suonava bizzarro alla straniera. La sua voce invece suonava come una gentile e fluida melodia. Sia a me che alle trasandate case ci mancarono le positive vibrazioni del suo tono di voce. Così i suoni che provenivano dal nostro di dentro lasciarono il posto ai suoni del di fuori. Chissà quanti rumori, quanti tumulti della natura circostante accompagnava giù il nostro cammino, sempre giù per diversi vicoli dello stesso paese. Eppure al mio udito, al mio ricordo, solo due furono i possibili suoni: la pioggia incostante come me, e il rumore simultaneo dei nostri passi. La discesa, le falcate già ampie per natura ci portavano a volte più rapidamente a volte meno, a seconda della natura, verso il luogo in cui già erano arrivati i miei pensieri: il Ponte. Il Ponte è una costruzione relativamente recente, è giusto un ponte, certamente più giovane del cuore del paese, ma per me i sensi li conteneva tutti. Dentro di me aveva occupato, sin dalla prima volta visto, il ricordo più prezioso, la certa incertezza di ciò che resta. Perché una volta ero un bambino; perché una volta sotto ci scorreva il fiume Calore e sempre sotto l’acqua rumorosa si agitava in una cascata, la più bella. Perché mio padre mi aveva detto più di una volta, sempre come prima e unica volta, con un lampo d’emozione negli occhi, che nella casa lassù, appena dopo il ponte, giusto dietro quella porta era nato. “Il Ponte” per me, per questo ed altro, era e sarà qualcosa d’incomprensibile, d’invisibile, d’importante. Ci arrivammo che l’acqua del cielo scrosciava intensamente sulle nostre teste non protette. Sperai che l’acqua per quel primo pomeriggio scendesse per altri via, per altra traccia: dal fiume, dalla cascata che erano più asciutti di noi! Pioveva a dirotto non sapevo dove riparare la mia turista per “limitare i danni”, dato che solitamente al ponte si va per starci sopra. Perché non starci sotto al ponte, mi fece capire più a gesti che a parole. Si stava veramente bene lì sotto, se non fosse stato per un piccolo particolare da me ignorato perché fisso a notare le conseguenze dell’imprevisto sui nostri corpi, ma non dagli occhi dell’attenta francese. In fondo al salto della cascata si era formato il perfetto habitat di una discarica, vario di ogni specie di immondizia, segno inconfondibile della conservazione delle non troppo antiche usanze, in chiaro segno di inciviltà, di arretratezza civica. ‘C’est n’est pas possible!’: con questa frase esordì dopo un silenzio mistico costretto dall’ambiente circostante, alla vista di quella sporcizia! Non vi dico com’è finita l’avventura con la turista! In cambio vi faccio presente tutta la mia disapprovazione per quello che ho visto sotto il “mio” ponte, nella “mia” cascata. In questi giorni è piovuto molto ma spero non abbastanza da risvegliare il vigore del fiume. Non voglio nemmeno immaginare dove potrebbe andare a finire tutta quell’immondizia trasportata dall’acqua. Le cose importanti sono invisibili, non si percepiscono con i sensi, ma che si fanno sentire dentro, partono e arrivano giusto dentro di noi. Questo è quello che ho imparato leggendo un libro per bambini. Ho imparato anche che ci sono dei luoghi che ci aiutano a vedere quanto di invisibile vive dentro di noi; dei luoghi che al solo ricordo ci fanno viaggiare, volare. Ad oggi non sono passati ancora quindici giorni da quando ho rivisto “il ponte”, mi capita anche senza volerlo di ritornarci col pensiero, rivivo qualche istante le invisibili sensazioni ma anche il tremendo paesaggio. Tanti sono i luoghi fascinosi della nostra terra non distruggiamoli, anzi, e mi rivolgo soprattutto a chi ne compete, recuperiamoli. Forse La prossima volta che mi troverò sotto quel ponte, spero con la stessa turista francese, percepirò dolci parole venire verso di me, e l’invisibile moto dentro di me si arricchirà di significati circa il posto incantevole che l’uomo, la natura e il tempo hanno contribuito a formare.
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