In questi eventi drammatici, dove l’opinione viene colpita da un’onda emotiva forte che tocca le corde più profonde dell’istinto umano, si tende inevitabilmente a cercare il colpevole che ripaghi in qualche modo l’ingiustizia a cui è andato incontro il giovane pizzaiolo Francesco De Santi. Al netto del fatto che un colpevole c’è e si è costituito, la domanda che serpeggia più di ogni altra è questa: c’era modo di evitare tutto questo? Lo Stato aveva elementi validi per poter evitare la tragedia?
Cominciamo col dire che a Torino si sta svolgendo un processo ad un uomo che rischia 4 anni di galera per aver rubato 2 bottiglie di liquore al Discount e aver tentato la fuga dalle forze dell’ordine. Arresti domiciliari perché, motiva il giudice “Il soggetto è recidivo e sussiste la reiterazione del reato” preso atto che “non disponendo di risorse economiche sufficienti per soddisfare le proprie esigenze che per il soggetto risultano essere indispensabili”. Insomma, il soggetto, per il giudice, è portato naturalmente a delinquere per procurarsi alcolici; quindi arresti domiciliari, quindi niente furti, quindi niente resistenza a pubblico ufficiale e quindi nessun tipo di altra situazione pericolosa.
Proviamo adesso a rapportare questa storia a quella di Galdoporpora e di De Santi. Al netto dei numerosi precedenti per droga e spaccio, ci sono molti episodi attenzionati alle forze dell’ordine di aggressione da parte di Vincenzo che in questi anni si sono susseguiti incessantemente. Molte attività di Capaccio, come bar o pub, hanno ospitato risse e tafferugli innescate da Galdoporpora. In un’economia non proprio fiorente i proprietari dovevano anche pensare a scongiurare risse e le conseguenze che queste comportavano per l’attività. Insomma, tra Agropoli e Capaccio tutti sapevano, compreso le forze dell’ordine, com’era difficile da gestire Galdoporpora. Dopo un lungo periodo di assenza sul territorio, conseguente al processo per spaccio che ha comportato un allontanamento di due anni, dal 2017 al 2019, Vincenzo è ritornato a Capaccio Paestum. E dopo pochi mesi si rende protagonista di un’altra rissa cruenta che stava rischiando di far perdere un occhio ad un giovane ragazzo suo coetaneo. Una rissa così violenta e rumorosa da far scendere giù l’intero vicinato per intervenire e fermarlo. Calci e pugni al ragazzo ormai a terra; “non si fermava più” racconta chi ha assistito alla scena. Il ragazzo non denuncia ma la questione viene comunque portata all’attenzione delle forze dell’ordine e della procura che a quel punto si mettono sulle tracce di Galdoporpora. Dopo poco tempo Vincenzo si costituisce e i Carabinieri della Stazione di Capaccio Scalo chiedono una misura cautelare restrittiva, non per tentato furto ma per tentato omicidio a carico di Galdoporpora. Il giudice titolare delle indagini non accoglie l’istanza, tra l’incredulità dell’intera opinione pubblica che si aspettava quantomeno un percorso di reinserimento nella società civile per Vincenzo; invece niente, come se nulla fosse successo. Consideriamo che per applicare il regime di custodia cautelare deve esserci almeno uno di questi tre motivi: pericolo di fuga, inquinamento delle prove o pericolo di reiterazione del reato (come per il signore che ha rubato le due bottiglie al supermercato). E’ ovvio che è discrezionalità del giudice decidere se sovvengono tali motivazioni per applicare questa o quella misura, ma ci dovrà pur essere una metratura equivalente al rischio di lasciare a piede libero un ladruncolo piuttosto che un aggressore. Sarà la stessa Italia quella che decide di rinchiudere una persona per poche bottiglie e lasciare, col senno di poi, un potenziale assassino, o comunque un aggressore seriale, libero.
Tutto questo si è scaraventato contro Francesco De Santi, vittima del paradosso giudiziario che incatena il Paese e che finisce per diminuire ancora di più la credibilità delle istituzioni e dello Stato di Diritto. Come faccia a reggere una società in cui il furto è punito più del tentato omicidio; come fa lo Stato e la giustizia a rimediare a tale errore di valutazione e a spiegare ai cari, agli amici e alla comunità intera come tutto questo sia potuto accadere. Questo rimane ormai un mistero inspiegabile, ma l’eredità che questa storia ci lascia è preziosa: non esiste nessuna legge più grande di quella che ci diamo da soli e sarà proprio quella a rendere questo posto un mondo migliore.