Sabato 28 Settembre 2019 si è celebrato il cinquantenario della fondazione della casa delle suore “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” di Ponte Barizzo avvenuta grazie a una donazione del barone Roberto Ricciardi. La cerimonia, avvenuta alla presenza della Madre generale, Madre Giancarla, di una folta schiera di suore provenienti da varie città italiane, del sindaco di Capaccio Paestum Franco Alfieri e, in rappresentanza dell’assise civica, del presidente del Consiglio Emanuele Sica e del consigliere comunale con delega alla sicurezza urbana Pasquale Accarino, è stata presieduta da S.E. mons. Gerardo Pierro, arcivescovo emerito della metropolia salernitana e concelebrata dal parroco don Giuseppe Sette e da numerosi altri chierici intervenuti. Dopo la solenne celebrazione tutti i presenti sono stati allietati da un buffet conviviale e subito dopo intrattenuti dalla compagnia teatrale “Per gioco” che ha rappresentato, nella piazza del sagrato gremita da oltre 400 spettatori, la commedia in lingua napoletana ’A ricchezza d’a povertà recante nel finale un grande insegnamento morale. Alla fine della solenne cerimonia è stata data lettura di alcune testimonianze personali, Qui di seguito riporto, come portavoce della prima generazione allevata dalle suore Piccole Operaie, il mio integrale excursus, che può già aggettivarsi come “storico” in quanto traccia a grandi linee i trascorsi della benemerita istituzione che ha segnato in modo così profondo e indelebile il nostro territorio: “Mezzo secolo! Quasi senza accorgercene, è passato mezzo secolo da quando le nostre amatissime suore “Piccole Operaie dei Sacri Cuori” sono giunte nella nostra comunità cambiandone la storia per sempre. Correva infatti l’anno 1969 quando a Ponte Barizzo giunsero alcune giovanissime suore per coadiuvare nella cura pastorale il compianto don Gennaro Jadeluca, l’allora parroco di San Cesareo, a cui Ponte Barizzo era aggregata in quanto non ancora parrocchia. Carissime suore, in quel momento storico la chiesa parrocchiale non era stata ancora edificata e le messe della comunità venivano celebrate nella vostra cappella, anche se all’epoca la sua disposizione interna era molto diversa. Quanta strada abbiamo percorso da allora e quanta acqua è passata sotto il nostro storico ponte. Io e i miei coetanei siamo cresciuti nella vostra casa e abbiamo trascorso insieme a voi tutti gli anni più belli della nostra gioventù, costellati di gioie e di indelebili e struggenti ricordi: per questo la sentiamo ancora oggi come la nostra casa. Quando cinquanta anni fa siete arrivate qui, si era nel pieno fermento delle rivoluzioni del ‘68 e del Concilio Vaticano II ma quel 1969 era anche l’anno straordinario dello sbarco dell’uomo sulla Luna e della definitiva conquista dello spazio. Il primo uomo nello spazio, il russo Yuri Gagarin, aveva detto: “Sono stato in cielo e Dio non l’ho visto.” Invece noi abbiamo avuto la possibilità di intravederlo nell’azione permeante delle Piccole Operaie, inviate in missione nel nostro territorio e sostenute solo da un grande spirito di abnegazione, senza disporre neppure delle minime cose essenziali. Infatti mancavano di tutto: dalle tazzine, alle posate, ai piatti, alle pentole… mancavano di tutto ma non della fiducia nella Provvidenza. Oggi sarebbe impensabile affrontare un’impresa simile con il loro stesso ardimento. È vero, erano altri tempi e queste terre, da poco bonificate, erano territori di frontiera su cui la casa delle suore si ergeva come un’isola in un oceano umano affaticato dal duro lavoro, divenendone ben presto baricentro e lido sicuro. Pioniere della prima ora, sotto la guida della prima superiora suor Ivan, sergente di ferro, c’erano suor Genoveffa, suor Giannina e Suor Orlanda. Cominciarono a strappare le erbacce a mani nude ma occorreva il soccorso di altre energie e fu così che arrivarono i rinforzi: dopo meno di un anno arrivò suor Ettorina e poi tante altre suore tra cui, le altrettanto storiche veterane, suor Rocchina e suor Balbina. Fu così che cominciammo a leggere “Granello di Senape”, la rivista bimestrale delle Piccole Operaie dei Sacri Cuori. Nella mia ingenuità di fanciullo un giorno chiesi a suor Orlanda perché la rivista avesse quel nome strano e lei mi rispose che il Vangelo paragona il regno di Dio a un granello di senape, il più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma appena seminato cresce e diventa il più grande di tutti gli ortaggi, con rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra. E fu proprio così. Con dedizione, preghiera e tanto lavoro l’albero crebbe rigoglioso, le vostre porte si aprirono e una intera generazione di adolescenti fu accolta e allevata, proveniente non solo da Ponte Barizzo ma anche da altre località, grazie alla creazione di un collegio femminile. Fiorì in breve un’epoca d’oro tempestata di momenti irripetibili: campi scuola nazionali (memorabili quelli dei ragazzi di Milano con le loro chitarre e i loro gruppi di canto che lasciarono un segno profondo nella nostra formazione), convegni nazionali (sotto la guida del grande educatore romano Walter Trignani) e poi i recital (tra cui indimenticabile quello dei Fondatori), corsi di pianoforte, rappresentazioni teatrali, cineforum, gite, cacce al tesoro, tombole, quiz a squadre in cui, competendo, mettevamo alla prova la nostra cultura, giochi di gruppo (quanti!), palla avvelenata, mini baseball, sfide a calcio balilla e ping pong: era bello stare insieme per il semplice piacere di condividere i momenti ludici ma anche quelli di catechesi e di preghiera quotidiana: i Vespri in comunità e il Rosario pomeridiano. Pur essendo alla periferia della diocesi Ponte Barizzo divenne ben presto un solido riferimento territoriale per la pastorale giovanile al punto da riuscire a esprimere anche significative presenze ai vertici dell’Azione cattolica diocesana. L’allora vescovo mons. Giuseppe Casale ci concesse l’onore di rappresentare la diocesi di Vallo della Lucania a Roma per il Giubileo straordinario della Redenzione indetto nel 1983 da papa san Giovanni Paolo II. Durante l’anno che precedette lo storico evento ci impegnammo tutti in attività di volontariato volte a raccogliere fondi da inviare in Polonia per permettere ai ragazzi polacchi di poter venire a Roma in piazza San Pietro. E così, con il supporto di alcuni di quei ragazzi di Milano, oggi sacerdoti, ci mobilitammo per raccogliere carta straccia (36 anni fa eravamo già in anticipo sui tempi con la differenziata), andammo finanche a raccogliere pomodori nei campi e chi sapeva farlo produsse dozzine di lavori di ricamo e chiacchierino… Siamo cresciuti così, siamo cresciuti lì. Nella vostra casa. Oggi potete dire con soddisfazione di aver allevato architetti, avvocati, commercialisti, professionisti e lavoratori qualificati, sapendo di poter contare su di loro per qualsiasi necessità. Proprio a dimostrazione di questo, molti di noi, ex ragazzi della prima ora, siamo ancora qui a testimoniare un passato glorioso e a incoraggiare il futuro ancora da costruire. Guardando all’indietro, come in un album di vecchie fotografie, rivedo tutte le altre Superiore che sono venute dopo suor Ivan: suor Eufrosina, suor Evenzia, suor Fabiola, suor Osvalda, suor Teresina, suor Antonella e poi di nuovo suor Teresina, la nostra bis-superiora, e tutte le altre suore (tante) che si sono avvicendate a Ponte Barizzo fino a suor Regina e, infine, a quelle arrivate di recente. Ognuna di loro ha lasciato una traccia indelebile nel nostro cuore. Poi chiudo l’album dei ricordi, alzo lo sguardo e penso: “Mio Dio, mezzo secolo e sembra ieri!” Siamo invecchiati, anche se non nello spirito, qualcuno non c’è più e questo addolora, tuttavia è consolante sapere che tutto ciò che si costruisce nel tempo non si disperde nel vento ma resta una gioia per sempre. A nome di tutti noi, vostri figli spirituali, vi abbraccio con dolcezza, con gratitudine e infinito affetto per averci reso persone migliori e, oggi, genitori pronti a passare il testimone alle nuove generazioni che continuerete ad allevare.
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