Melbourne è adagiata su una placida baia costellata di stelle che si alternano in un firmamento molto vicino alla quotidianità di chi vi abita e vive. Incredibilmente, non ti fa sentire estraneo al suo mondo. Nella capitale dello stato di Vittoria, io e Gina, siamo arrivati il 13 di gennaio e dallo stesso aeroporto siamo ripartiti il 1 di marzo.
A Melbourne abbiamo soggiornato la prima e l’ultima settimana ospiti di zia Maria e zio Filippo, lei Calabrese e lui Cilentano.
Sono stati così premurosi da farci diventare “bambini” messi sotto tutela sia quando eravamo a casa sia quando ci allontanavamo per andare in città o per incontrare persone. A loro era affidata la regia dei nostri incontri e “l’agenda” dei Cilentani da intervistare.
Filippo arriva a Melbourne da Rofrano nel 1958 sulla scia della prima sorella, Maria, che aveva sposato per procura, Emilia De Marco, chiamato da suo zio, Antonio, il numero 0 dei Rofranesi in Australia. A 18 anni Filippo vorrebbe farsi carabiniere, ma il padre Giovanni, lo trattiene nel paese perché, dopo la partenza del primo figlio per la Germania, ha bisogno di lui per mandare avanti l’attività di buoi ad Alano con la quale assicura da vivere alla famiglia composta ancora dalla moglie Antonia ed altri 5 figli.
Appena può, va in Francia per farsi una vita senza stenti, vi rimane pochi mesi, fino a quando non arriva la chiamata in Australia dalla sorella.
Maria, arriva con suo padre dalla Calabria, sulla scia dello zio, a 14 anni. Dopo 2 anni li raggiungono anche la madre e la sorella. La famiglia non resterà unità per molto tempo perché la madre rientra con la sorella dopo pochi anni in Italia e lei resta con il padre ma non per molto.
Sono Maria Scandizzo ed Emilio De Marco che portano Filippo a casa dello zio di Maria. Lì si incontrano, si conoscono e poi si sposano nel giro di 6 mesi. Il padre torna in Calabria e lei resta agganciata all’uomo che a scelto come compagno di vita.
Mettono su casa ed anche famiglia. Lui trova lavoro in una fabbrica di materassi e vi rimane con mansioni sempre di più alta responsabilità fino a 68 anni. Lei comincia in una fabbrica, interrompe il lavoro per crescere i figli, John e Tom, e poi lo riprende fino alla pensione.
Il lavoro consente loro di cambiare in meglio l’abitazione in cui vivono e, dopo la terza casa, la stessa dove ci hanno ospitato, comprano anche la casa al mare.
Filippo e Maria tornano ogni due anni in Italia e vi restano per un lungo periodo dividendosi tra Rofrano e Cisternino. A Melbourne, invece alternano la cura delle due case, entrambe dotate di orti che li tengono occupati per buona parte della giornata. Il resto lo dedicano a tenere vivo il rapporto con fratelli, sorelle e i parenti della due comunità di provenienza che, grazie all’opera propiziatoria di Maria e Filippo, hanno incrociato molte vite di nipoti e cognati.
Dopo Maria e Filippo, arrivano in Australia da Rofrano, Giovanni, Angelo, Toni, Demetrio ed Amelia. Tutti i fratelli maschi e una delle sorelle. L’altra è in Argentina con una storia tutta sua, anch’essa da raccontare …
A Rofrano li chiamavano i “Tudisco”, figli di Giovanni ed Antonia, uno sepolto al cimitero del paese e lei in Australia dove è arrivata dopo la morte di lui che non era mai voluto solcare gli Oceani.
Giovanni ed Angelo non li ho mai incontrati e mi resta difficile poter raccontare della loro vita che, in ogni caso, è stata improntata al lavoro ed alla scalata sociale come quella dei fratelli. Maria, arrivò a Melbourne dopo un matrimonio celebrato per procura con Emilio De Marco che l’aveva preceduta nel ’52 chiamato dallo zio, Antonio De Marco, il primo rofranese che si stabilì a Brisbane dopo esservi stato prigioniero di guerra. Hanno 4 figli, Vincenzo, Caterina, Antonella e Lory. Lui, dopo la canna da zucchero, si impiega nelle ferrovie, lei lavora in due o tre fattorie.
Toni arriva a Melbourne chiamato da Filippo e Maria, trova lavoro e trova anche tanti amici. È molto irrequieto e va alla ricerca di ogni occasione per vivere in pieno lo spirito di chi, giovane, non vuole fermarsi alla prima “stazione”. Lavora e gira per conoscere varie realtà. Si sposta fino a Sidney, poi torna indietro fino a decidere di rientrare in Italia al paese dove pensa di restare. Le condizioni economiche della piccola comunità cilentana lo fanno ricredere: sposa Elvira, appena uscita dall’orfanatrofio di Atena Lucana e poco più di una bambina, ritorna a Melbourne dove si stabilizza con il lavoro, mette su casa insieme al fratello Angelo, fino a quando non ne prende una solo per sé ed Elvira. Hanno 3 figli e 5 nipoti e vivono in una farm che, ora comincia ad essere assediata dalla città che avanza.
A seguire, arriva Demetrio che ha appena 18 anni. Abita da Filippo e Maria. Grazie a loro conosce Concetta, appena quattordicenne. Dopo un travagliato fidanzamento la sposa, ed hanno due figli, Jon e Jowa, e 4 nipotini. Ultima, arriva Amelia, la più giovane rimasta a Rofrano ad accudire i genitori, a 17 anni, con il destino già segnato, parte con Toni ed Elvira alla volta del nuovissimo mondo. Lì conosce Sabino, arrivato da Sanza chiamato dal fratello, in 6 mesi si sposano ed hanno 3 figli: Antonella, Adriano e Roberto e 4 nipoti.
A Melbourne la comunità Rofranese è molto nutrita, Biagio Mazzeo, l’anima della comunità insieme a Toni Lettieri e Giovanni Losinno, organizza ogni anno alla festa della “Madonna di Costantinopoli”, la patrona del paese di origine, Rofrano. Tutti gli anni, il sabato successivo all’8 settembre, la data in cui si svolge la festa a Rofrano, è festa anche a Melbourne tra la vasta comunità rofranese. Biagio, arriva poco più che diciottenne in Australia. Alloggia a casa di Emilio De Marco, suo zio, e passa i primi sei mesi in un ambiente dove spadroneggiano i 4 figli di Maria. Non gli danno pace fino a farlo piangere. Il lavoro che ha trovato non gli piace … pensa di tornare a casa, quando viene preso a lavorare in garage che è anche un’officina meccanica. Da quel momento scala, gradino dopo gradino, la vetta del benessere. Chiama in Australia il fratello Alfredo e poi l’intera sua famiglia. Sposa Antonietta, figlia di Nicola Cetreola e insieme costruiscono un’azienda tutta loro che oggi dà lavoro ad oltre 50 dipendenti. Gli piacciono le auto sportive e coltiva l’hobby del volo: ha comprato ed assemblato insieme ad Alfredo un aeromobile con 4 posti sul quale ci ha fatto vivere un’esperienza di volo sulla splendida baia di Melbourne.
Tony Lettieri, insieme a suo fratello Michele, arrivati alla fine degli anni ’60 a Melbourne, dopo una breve esperienza in Svizzera come camerieri, intraprendono la strada di imprenditori nelle costruzioni, prima di abitazioni, poi di capannoni industriali e poi nel ramo dei prefabbricati. Nel momento di massima espansione la loro azienda ha fatturato oltre 100 milioni di dollari.
Nello stato del Vittoria si possono contare tanti altri attori sul palcoscenico della vita economica e sociale. Per esempio, possiamo citare tre avvocati che si sono fatti strada: Giuseppe Mazzeo, Greg Isolani e Jessi Vermiglio. Operano tutti in Melbourne ed ognuno nel proprio campo fanno onore ai loro genitori ed ai paesi che da cui traggono origine i loro genitori.
In questa straordinaria realtà si incontrano molte storie di vita vissuta e, a volte, strappata con i denti. Come quella di Lucia Viola di Felitto, che ha subito un destino crudele ma che ha saputo reagire, fino quasi a sconfiggerlo.
Come i fratelli Vittorio e Antonio Francione con Angelina e Carmela che hanno potuto vivere la loro storia lontano da Roccadaspide che li ha generati.
Lo stesso vale per Livia Albanese, partita da Piaggine con il marito e figli, e Bruno Pipolo che qui ha incontrato la moglie Lucia, figlia di Livia. Due piagginesi che si sono uniti in una famiglia in Australia.
La lunga cavalcata lungo il periplo del continente australiano si conclude in un ristorante di Melbourne dove si raccoglie la grande famiglia Scandizzo per il saluto finale. È un universo che abbiamo tentato di raccontare senza troppi fronzoli ma con obiettivo senso del dovere nei confronti della storia che essa rappresenta per i suoi componenti. L’inconsapevole presenza dei più piccoli che riescono appena a ritrovare i loro giovani genitori, la serena passerella di più giovani che salutano i parenti con il rituale bacio rispettoso dei ruoli, il vigore dei quarantenni che portano con loro l’orgoglio di una generazione che ha saputo affermarsi senza rinnegare lo sgabello da cui hanno tratto lo slancio, l’orgoglio dei padri e della madri che li hanno allevati per essere loro il frutto di un’esistenza spesa bene e pagata con “moneta” straniera, lo sguardo scrutatore dei primi pionieri verso l’aurora di un tempo e il tramonto del giorno che verrà sotto altre vesti che coprono altri uomini e donne segnate dalla loro tenace volontà di averli procreati segnandoli per sempre.
Affondare le mani per scavare alla radice delle vite dell’umanità che li ha plasmati è un esercizio complesso e minuzioso che portano alla luce ogni tipo di reperto da incorniciare o accantonare, in ogni caso da far rivivere almeno un po’.