LO STATUTO DEL COMUNE DI ROCCADASPIDE
Un’occasione mancata
Con delibera consiliare dell’Aprile scorso è stato approvato il nuovo statuto del Comune di Roccadaspide. Sotto il profilo formale il testo, così come proposto e votato, appare ripetitivo e disordinato. Molti articoli hanno una forma romanzata e, più che in presenza di chiari dispositivi, il lettore ha la sensazione di trovarsi dinanzi ad espressioni rivolte a giustificare le scelte effettuate, come ad esempio è accaduto per il nome della città. Evidente è, poi, l’acerbità del testo e le grossolane manipolazioni che si sostanziano nello svuotamento di importanti istituti sui quali con fervore si è lungamente discusso nelle competenti sedi istituzionali nazionali. Eccessive anche le ripetizioni dei principi di imparzialità, legalità, partecipazione e simili e che restano però, nel complesso, vuote affermazioni. Per molti istituiti lo statuto è poi mera ripetizione del testo di legge senza ulteriore specificazione.
Sotto il profilo del contenuto specifico si osserva che, pur dandosi una timida apertura agli innovativi ed importanti istituti del difensore civico, dell’azione popolare e del referendum, nella sostanza con il sistematico rinviato a futuri deliberati e decreti e con l’esagerata previsione di preclusioni, incompatibilità e decadenze ne appare, in concreto, impossibile ogni loro realistica attuazione.
Sono stati invece completamente omessi la previsione e la disciplina degli importantissimi istituti dell’azione in sostituzione dell’ente e dell’esercizio di funzioni pubbliche in vista degli interessi collettivi anche ambientali.
Si sono ampliati i poteri del Sindaco e della Giunta e si sono ridotti quelli del Consiglio con la previsione, addirittura, di giustificazioni che limitano l’indipendenza dei consiglieri comunali e degli assessori che, per espressa norma statutaria, sono privi di ogni autonomia politica e amministrativa.
I principi democratici, reiteratamente enunciati in molti articoli, sono stati, poi, in concreto svuotati dagli esagerati poteri attribuiti all’organo sindacale: egli ha potere assoluto sulla Giunta e ampia facoltà di ingerenza in tutto l’apparato amministrativo; ha facoltà di nomina, revoca, ispezione e controllo del personale, che vanificano ogni indipendenza gestionale. Tutto ciò in aperta violazione del decreto Legislativo n. 29/93 che, com’è noto, distingue nettamente tra funzione politica, rimessa agli organi elettivi, e gestione amministrativa, riservata all’apparato dei responsabili degli uffici e dei servizi.
Il sindaco, secondo il modello proposto con l’approvato statuto, è in definitiva un podestà, unico motore della volontà politica dell’ente, con evidente mortificazione e ridimensionamento della volontà degli organi collegiali della giunta e del consiglio. Sotto il profilo dell’organizzazione generale, l’impostazione adottata appare, a volere essere benevoli, scriteriata.
E’ stato previsto, accanto alla figura del sindaco, una giunta composta da ben 6 assessori oltre al segretario, il vice – segretario, il direttore generale, e i responsabili degli uffici. Una pletora di funzionari politici ed amministrativi al vertice della struttura che invece di rispondere – come dovrebbe essere – alla legge devono, invece, rispondere direttamente al sindaco con evidente, inevitabile, lesione del principio costituzionale dell’imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa dato che in definitiva si è equiparata la legalità amministrativa all’attività e alla volontà politica del sindaco.
La sproporzione tra le figure di vertice e il numero degli impiegati comunali, la subordinazione non solo degli organi politici ma anche di quelli tecnici ed amministrative alla volontà del sindaco, unico centro monocratico amministrativo e politico, fa legittimamente ritenere che l’ispirazione della normativa statutaria sia priva di ogni sensibilità democratica e che non vi sia stata corretta programmazione tra esigenze dell’amministrazione e dimensioni dell’ente, con inevitabile ed inutile ampliamento della sola spesa per il funzionamento degli organi. Le uniche innovazione che dovevano essere apportate (come la previsione onorifica della carica di sindaco e di assessore, senza quindi indennità; la predisposizione di meccanismi a garanzia dell’effettiva partecipazione democratica; la predisposizione di procedure idonee a garantire la trasparenza del processo decisionale delle scelte amministrative) sono state invece disattese. E proprio in queste lacune si sostanzia la grande occasione perduta di innovazione che lo Statuto doveva introdurre e disciplinare.
Per converso sono state blindate le cariche elettive con l’esplicita previsione che, in caso di responsabilità per danni procurati dal sindaco o dagli assessori, a pagare sarà il solo Comune e non le persone fisiche autrici del danno stesso e tanto con una illegittima introduzione di una sorta di immunità amministrativa che danneggerà solo la città e renderà quanti si avvicineranno alla gestione della cosa pubblica quasi completamente irresponsabili.
Michele Gorga