È evidente che l’attesa dell’elezione del nuovo presidente “che ormai tutti chiamano Governatore” e del consiglio regionale ha di fatto bloccato ogni residuo atto di governo e di programmazione.
Ogni scelta amministrativa è avviata o fermata in funzione di possibili schieramenti e alleanze: molto più evidenti nelle parte di chi detiene il potere di governo, ma con il silente accordo di chi vi si oppone.
In fondo fa comodo a tutti giocare con le carte che si hanno in mano e, soprattutto, quelle che hanno a disposizione gli avversari.
Tra le decisioni da prendere messe in sordina c’è la nomina del presidente del Parco Nazionale del Cilento, Diano e Alburni.
Però, se questo é vero per la carica di presidente che è di nomina politica (ci vuole accordo tra governatore e ministro dell’Ambiente) e per l’indicazione dei rappresentanti ministeriali, così non è per i rappresentanti dei sindaci (4 su 8 componenti del consiglio direttivo).
Infatti, nessuno impedisce che l’assemblea della comunità del parco elegga i suoi delegati nell’organo di governo dell’ente. Purtroppo, siccome sono troppi i sindaci che rispondono più all’interesse di parte che a quello generale, ecco pronta la scusa che è meglio aspettare i nuovi “equilibri” che verranno fuori dalle urne regionali che dare una scossa positiva per dotate del suo organo di governo l’ente parco.
È la stessa motivazione che provocò il rinvio nel 2014 prima delle elezioni europee!
La prova provata che l’assemblea è eterodiretta sta nel fatto che, nonostante il vicepresidente, Antonio Radano, abbia convocato più volte l’assemblea per eleggere il sostituto di Angelo Vassallo, atrocemente ucciso mentre era in carica, i presenti hanno rinviato sine die la scelta: sempre per attendere che qualcuno cali dall’alto il pacchetto di nomine con pesi e contrappesi misurati con il manuale cencelli.
Tutto ciò priva la governance dell’area protetta più grande d’Europa della potenziale capacità strategica di programmazione nel medio e lungo termine.
La gestione dell’ordinaria amministrazione e le valutazioni sull’opportunità di agire di fronte ad improrogabili decisioni da assumere è nelle mani del direttore Angelo De Vita e del commissario straordinario, Amilcare Troiano che possono solo assecondare il corso degli eventi già programmati.
Fiaccare la capacità di governo dell’ente parco proprio quando le riforme lo hanno posto nella posizione di poter incidere in modo decisivo nel nuovo assetto organizzativo del territorio, provoca danni incalcolabili alla stessa credibilità del territorio.
L’identità conquistata nei venti anni di vita de parto merita più rispetto e meno baratti …