Franco Alfieri di nuovo nel “tritacarne” mediatico locale e, soprattutto, nazionale. Una festa per esultare a seguito di un risultato elettorale giunto al termine di una inesauribile campagna elettorale durata più di sei mesi, come ce ne sono state tante dal più piccolo borgo alle grandi città, è stata macchiata dall’intemperanza di un sostenitore “interessato” essendo marito di una candidata eletta nel consiglio comunale.
Il video messo in rete e registrato da Adriano Cammarano, consigliere regionale grillino e poco presente nella recente campagna elettorale per problemi di salute, non avrebbe varcato il confine comunale della città dei templi se non si fosse trattato di Franco Alfieri giunto agli onori della cronaca nazionale a seguito di una “battuta” di Vincenzo De Luca che, in un incontro del Partito Democratico, gli chiese di i suoi concittadini ad andare a votare per le primarie anche offrendo un “frittura di pesce” generalizzata.
Alfieri, un politico di lungo corso, che ha vissuto da protagonista le vicende amministrative locali e provinciali, ha fatto molte cose buone e tante altre scelte opinabili incappando anche in indagini giudiziarie che finora non hanno portato a vere proprie condanne. La sua ultima avventura elettorale tentata per farsi eleggere alla Camera dei deputati nel collegio del Cilento e Vallo di Diano, lo ha visto soccombere sotto la valanga grillina e del Centro Destra.
Per cui, pur occupando un posto di rilievo come capo dello staff di De Luca e gestendo al delega all’agricoltura, ha voluto ricrearsi una “verginità” elettorale individuando Capaccio Paestum come possibile “campo di battaglia”.
Certo non lo ha fatto in modo sprovveduto ma certamente l’ambiente in cui è andato ad infilarsi non era dei più facili soprattutto a seguito del fallimento dell’esperienza di Franco Palumbo, defenestrato proprio da un gruppo di suoi consiglieri, anche lui un sindaco preso in prestito da un comune viciniore.
Come testimoniano le cronache giornalistiche degli ultimi sei mesi a Capaccio Paestum, il guanto di sfida lanciato nel ginepraio di liste e di candidati alla carica sindaco (almeno una decina) ha fatto molto rumore e non erano molti quelli convinti che l’ex sindaco di Torchiara ed Agropoli potesse effettivamente scendere nell’arena.
La tenacia dimostrata da quando fece la prima uscita pubblica ufficiale a Ponte Barizzo, ha dell’incredibile e dimostra bene di che pasta è fatto l’uomo e il politico: non avrebbe certamente avuto bisogno di una “frittura di pesce” per convincere i suoi concittadini a recarsi ai seggi sia delle primarie che di una competizione politica.
Lentamente, ma inesorabilmente, i candidati sindaci autarchici si sono ritirati si sono accomodati sotto le bandiere di si pensava avesse più possibilità di raccogliere il consenso del popolo capaccese. Alla fine si sono ritrovati in tre a fronteggiarsi al 1° turno elettorale. A seguito di un’indagine della DDA di Salerno che, a pochi giorni dal voto si è recata al comune di Agropoli e a casa e in ufficio di Alfieri alla ricerca di documenti riferiti a fatti accaduti nel 2012, la posizione di Alfieri ha traballato ma non ha ceduto nei confronti dell’elettorato visto che ha raccolto quasi il 48% distanziando Enzo Sica e Italo Voza di diverse lunghezze.
Questi ultimi due, pur di non lasciare nulla di intentato, si sono apparentati con la speranza di poter sommare i voti dell’uno a quelli dell’altro al fine di ribaltare l’esito finale.
Chiunque avrebbe preso la possibilità del ribaltone come pura ipotesi accademica, ma Alfieri ha saputo essere umile ed è ripartito come se la partita stesse cominciando da martedì 28 maggio.
Ha serrato le fila dei suoi candidati consiglieri, ha puntato sugli argomenti programmatici pur non rinunciando a controbattere ogni provocazione e su ogni terreno: l’esperienza precedente del 2° turno tra Italo Voza e Franco Palumbo era la testimonianza che non basta essere avanti per essere certi di vincere.
Infatti, il facile calcolo della somma dei voti attribuiti a Sica e a Voza, tradotto in termini propagandistici: “possiamo farcela”.
Ed è stata questa la molla che ha indotto tantissimi che di solito scoraggiati dal modo in cui è andato il primo scrutinio (di solito chi ha votato per i perdenti) a tornare in massa a sostenere la rinnovata squadra scesa in campo nel secondo tempo.
Pertanto, ricordare il successo di Alfieri per la “sfilata delle ambulanze ululanti” sarebbe un ulteriore imbarbarimento del modo in cui si rappresenta l’impegno politico che è alla base del sistema democratico che, fino a prova contraria trova nel bilanciamento dei poteri il suo equilibrio.