Quando la signora Wanda, moglie di Raffaele mi chiama per chiedermi di scrive la presentazione di questo libro di memorie, resto un po’ perplesso. “conosco” l’autore come un nostro lettore che vive a Napoli, ma non credo di averlo mai incontrato.Le rispondo che farò del mio meglio ma resto perplesso.
Anche quando mi arriva il manoscritto non sono certo di poter rendere al meglio l’incarico ricevuto, ma decido di mettermi subito a leggerlo. Lo stampo e lo infilo nello zaino per portarlo a casa.
Comincio a leggere in una serata del mese di gennaio del 2019 seduto di fianco al fuoco che fa fatica a rendere tiepido l’ambiente. Quando arrivo al capitolo dedicato al “focolare” mi sento “circondato” dal “nonno nell’angolo più riparato, la nonna al su fianco, i ragazzi seduti sul <
Più lascio trasportare dal “cunto” di Raffaele che riporta in una dimensione lontana nel tempo e accovacciata nella memoria bambina che risale dai ricordi e riporta al tempo di un tempo.
Ed ecco che le vicende raccontate hanno il sapore di averle vissute in prima persona perché, in tanta parte, coincidono con il mondo antico di tanti che, come me, sono oltre i sessanta anni di cammino sulle strade del mondo.
Il “rione” dove tutti sono “vicini”, il collegio lontano dove andare a studiare, i frutti raccolti dagli alberi e le more dai rovi sono parte del nostro vissuto.
Il fiume Calore, che solca la Valle, che nasce dal Cervati, è lo stesso dove Raffaele va a bagnarsi da bambino insieme agli amici è lo stesso che mi ha cullato bambino
Il primo viaggio verso la città con l’auto da noleggio di “zio Ettore”, ha lo stesso impatto che ha provato ogni studente di paese destinato all’università di Napoli o Salerno.
Gli “spiriti” e le “maare”, “il malocchio” e le fattucchiere che impressionano l’animo e non fanno dormire, sono le medesime che le nostre mamme hanno nel loro repertorio.
Il sapore della “zuppa di siero e ricotta”,il maiale “sgozzato” e poi “sfasciato”; infine ogni sua parte tramutata in “abbondanza” che mette al sicuro l’approvvigionamento di insaccati della famiglia tutto l’anno. Le castagne raccolte anche con i “piedi” dalle donne di Castel San Lorenzo che attivano “scalze” fin nei castagneti. La mietitura e la trebbiatura del grano … tutte pratiche che toccano corde ancestraliche fanno sentire suoni lontani.
Le sveglie segnate un tempo dal passa parola dei “galli” e poi dalle “campane” che dettano legge fino alla “ventunora” ci fanno ritrovare bambimi.
Il mettersi insieme (sposarsi) cadenzato dalla “serenata”, la “mmasciata”, il “fidanzamento” il “contratto”, il “matrimonio”, la “tavolata” la “busta” e il “giro di nozze”, non sono termini vuoti per le nostre orecchie.
La devozione che richiama l’intera comunità alla “tredicina” di S. Antonio e le “compagnie” in pellegrinaggio a piedi fino al Sacro monte di Novi Velia, raccontano la fede che si confonde con il rituale che coinvolge la comune volontà di stare unita.
Quando poso i fogli sul tavolino di fianco al divano, volgo lo sguardo sulla fiamma nel camino e mi perdo nell’animo mio che sia è immerso nel mare dei ricordi di Raffaele che regala a chi leggerà questo libro un “giro” intorno alla boa della sua esistenza, anzi in quella vissuti prima di noi.