Relativamente alla corrispondenza ed interazione tra l’arte musicale e la scienza rigorosa per antonomasia, la matematica, il primo nucleo di tale coniugio nacque nel 500 a. C. quando venne scoperta una connessione tra le altezze dei suoni (che sono prodotti da vibrazioni; per ‘suono alto’ o ‘suono basso’ intendiamo: ‘suono acuto’ – con vibrazioni sonore frequenti – oppure ‘suono grave’ – con oscillazioni meno numerose) e le lunghezze di una corda vibrante: quando viene pizzicata una corda di chitarra, la nota emessa non è mai “singola e pulita”, è accompagnata da NOTINE sempre più deboli e sempre più alte, questi suoni vengono definiti suoni armonici; è da tener presente che sul rigo musicale dove viene scritta la musica, il pentagramma, oltre a note, pause e ‘notine’, compare la CHIAVE MUSICALE DI LETTURA, tale in quanto ‘scardinantee schiudente’ le porte della musica assurgendo dunque a rango di fondamentale elemento per l’esecutore del brano (peraltro ho ascoltato ‘operatori culturali’ (?!) capaci di confondere chiave e notina: è stupendo!). Un perentorio impulso venne fornito nel 300 a. C. dal filosofo greco Aristosseno, studioso del comportamento di 2 suoni molto vicini tra loro, dunque percepiti quasi simili all’atto del loro ascolto. Le antiche filosofie – Pitagora ne è palese emblema – fiorirono su un intreccio stretto tra estro creativo e circostanziato studio metodico: Pitagora, fondatore della prima scuola di Matematica, era anche compositore e teorico musicale; la sua fama è legata anche all’aspetto dell’aver assimilato, nella sua scuola, 2 leggiadre realtà costituite dalla Musica e dalla Matematica. Il matematico greco Euclide correlò le lunghezze delle corde vibranti con il divario (intervallo) esistente tra 2 suoni “confinanti”. Parecchi secoli più tardi, intorno all’anno 1000, avvenne la reale svolta in quanto fu impresso un assetto rigoroso all’arte della musica: Guido D’Arezzo, monaco Benedettino, ideò la rappresentazione bidimensionale delle altezze dei suoni, che rimpiazzò l’allora dominante notazione neumatica, dove “neuma” equivaleva a segno grafico indicante il modo di esecuzione. Egli fu il primo a porre, nell’XI secolo, le fondamenta della moderna concezione musicale, attraverso l’invenzione delle note e del rigo musicale, che da quel tempo in divenire consentirono la conversione dell’arte musicale, da una connotazione mnemonica, in scienza matematica. Nel 1700 Bach riscoprì la cosiddetta “scala cromatica ben temperata” (consistente nel suddividere la cosiddetta ‘ottava’ -ossia da un DO al DO successivo- in 12 parti uguali definite ‘semitoni’) mentre nel 1900 vi fu la liberazione dal rigoroso vincolo della Tonalità che obbligava a seguire determinati percorsi compositivi, i compositori austriaci Hauer e Schonberg ne furono gli artefici. Il contrassegno della esistenza di Arnold Schonberg (1874-1951) fu l’eclettismo artistico, difatti la sua arte coinvolgeva poderose elaborazioni teoriche (con una serie di scritti fondamentali per le sorti della musica contemporanea) e la pittura. La sua opera più famosa fu il PIERROT LUNAIRE, straordinario caleidoscopio di numerose forme musicali: Lied, Valzer, Barcarola, Fuga, Passacaglia, poi Canoni estremamente complessi. Relativamente al Metodo dodecafonico, è datato, all’incirca, 1915, ed utilizzava 12 note libere dai procedimenti caratterizzanti la Tonalità; il procedimento dodecafonico rappresentava una sorta di ‘comunismo musicale’, nel quale le 12 note assumevano lo stesso rilievo. Il Metodo nacque alcuni anni prima del 1915, ideato dal compositore e musicologo Mathias Hauer (1883-1959), le cui idee prevedevano l’utilizzazione delle 12 note della scala cromatica (oltre alle famose DO-RE-MI-FA-SOL-LA-SI, entravano, nello sviluppo del brano, altre 5 ‘note diesate’ ovvero DO#-RE#-FA#-SOL#-LA#). Hauer fu l’autentico elaboratore, il primo che mise a punto la tecnica compositiva dodecafonica; egli, nel 1908, creò la cosiddetta ‘teoria dei tropi’; i ‘tropi’ erano raggruppamenti di 12 note, attraverso i quali si snodava la composizione. Volendo tracciare un parallelo di natura aziendale, tali insiemi potremmo associarli ad una sorta di “comunismo musicale”: l’irraggiungibile fantozziano ‘megadirettore galattico’, l’altrettanto astrale vice direttore, l’altissimo funzionario, tale triade uguale ad altri 9 lavoratori, pertanto l’azienda funzionerà con 12 dipendenti, tutti sullo stesso livello. Tra i vari testi trattanti la questione della attribuzione di priorità creativa, vi è “Musiche replicanti/Estetiche del plagio e nuove metafonie” (Girolamo De Simone, Liguori editore, Napoli, 2005). Ho interpretato l’evento di innovazione musicale, con una rappresentazione scultoria, una interazione evidenziante il legame tra due meravigliose discipline artistiche, la MUSICA e la MATEMATICA.
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