Il realismo storico consente di approssimarsi alla conoscenza del fatto grazie alla combinazione di esperienza, comprensione e giudizio per mettere in guardiacontro esagerate insistenze circa l’oggettività di ciò che conosce l’Io. Contemporaneamente, ridimensionata l’esagerata insistenza circa la mera soggettività della conoscenza, rimane il problema del significato che il testo effettivamente comunica al lettore. Gli storici sono convinti che il linguaggio possa rimandare alla realtà, quindi considerano i testi adeguati strumenti per comunicare idee, premessa che potrebbe aiutare a rispondere alla domanda: chi è il Gesù storico?
Un primo elemento di confusione da sfatare è determinato dall’espressione Gesù storico se gli si conferisce il significato di soggetto costruito dalla ricerca storica per delineare Gesù di Nazaret. Si ritiene scontata la possibilità e l’abilità di costruire, grazie ai dati a disposizione, il Gesù reale secondo il convincimento che un personaggio ricostruito possa corrispondere all’uomo oggetto della ricerca. Ma evidenti conseguenze, a volte, hanno effetti dirompenti per la fiduciosa pretesa che, analizzando su solide basi le fonti disponibili, sia possibile conoscere il vero Gesù della storia grazie all’analisi critica del Gesù delle fonti. In realtà, così disponiamo del personaggio costruito grazie ai dati dei sinottici; ma non è il Gesù del passato atto a criticare il Gesù della tradizione: è un personaggio storiografico, diverso da quello dei vangeli,un’illusione perché poco rispondente al Maestro di Nazaret crocifisso, che ispira la fede dei discepoli e trova espressione nei vangeli.
Con umiltà occorre riconoscere allora che il tentativo di rimuovere gli effetti teologici sui discepoli per poter scoprire il Gesù reale fa approdare solo ad ipotesi. Se è facile riconoscere che nei vangeli Gesù viene visto e percepito con gli occhi della fede, occorre anche riconoscere, con estrema onestà, che non esiste un Gesù storiografico, perché oggetto d’indagine può essere solo il Cristo storico. Prova di ciò sono proprio i tanti Gesù costruiti a tavolino dalla ricerca storico-esegetica: impegnata a presentare quello oggettivo, di fatto procede ad una creazione letteraria con l’aggravante dell’evidente paradosso. Questo Gesù storiografico risulta più teologico di quello che si deduce dalla lettura dei vangeli perché a condizionare è il processo di selezione dei dati basato su ipotesi e tesi solo apparentemente elaborate criticamente.
In realtà, la tradizione di Gesù non ci pone di fronte a fatti descritti col distacco del testimone algidamente neutro; essa non è solo un prodotto finale, ma un processo che fa dialogare due protagonisti. Prende avvio dalle parole o dai gesti di Gesù e dà inizio a un’esperienza di vita che influenza in modo determinante i narratori. Costoro producono resoconti che arricchiscono la tradizione dalla quale traggono spunto e che orienta i vangeli sinottici nell’approntare il racconto. Perciò, risulta fuorviante e superflua la domanda circa l’inizio della fede. Un’analisi scevra da pregiudizi dimostra che essa è presente fin dagli inizi della tradizione su Gesù, la quale è nata già come espressione di fede, anche se ancora ai primordi con la reazione pre-pasquale dei discepoli. Costoro percepiscono lo stretto legame che genera fiducia; lo consolidano grazie a ciò che odono e vedono compiere. Perciò, i pregiudizi rendono deleteria la tensione tra fede e storia a chi intende pervenire ad un attendibile racconto. Onestà intellettuale ed esperienza dimostrano che Gesù può essere percepito soltanto se si considerano le conseguenze sui discepoli dell’incontro avuto con lui.
La loro fede rimane l’unica chiave attendibile per verificare gli effetti e procedere a una valutazione storica; solo così si mette in moto il processo di elaborazione della tradizione. Gli effetti non potrebbero che essere diversi su individui con caratteristiche uniche e personalizzanti; perciò, la convergente omogeneità della tradizione sinottica può spiegarsi solo facendo ricorso alla sostanziale coerenza interna per l’influenza esercitata da Gesù su le psicologie dei testimoni. La reazione sostanzialmente coincidente dei discepoli è così forte e radicata nel suo amalgama complessivo da divenire da subito la base dell’esistenza e della vitalità delle prime chiese, le quali considerano i vangeli la biografia del Signore secondo l’accezione letteraria del bios greco o delle vitae latine. Non sono assimilabili alle biografie moderne, impegnate ad esaminare la vita interiore del soggetto tracciando lo sviluppo della personalità nel corso degli anni. In esse emerge, invece, il carattere fisso e invariabile del protagonista. Si narrano parole e gesta col fine di farne un esempio per i lettori affinché lo emulino; a questo scopo forniscono informazioni sul soggetto, preservano la memoria, difendono la fama,esaltano la personalità.
Circa la tradizione orale, oggi difficilmente riusciamo a renderci conto di come si siano articolate le fasi iniziali della sua trasmissione; occorre approfondirne la peculiarità per spiegare cosa debba intendersi per oralità. Quella relativa al maestro di Nazaret è derivata direttamente da Gesù ed è stata tramandata da responsabili autorizzati dalla comunità. Così si è perpetuato il ruolo unificante della tradizione, che garantisce uniformità pur nella diversità delle esperienze per la referenzialità tradizionale del testo. Ciò è stato possibile grazie anche all’azione dell’uditorio; la comunità ecclesiale è stata una vigile custode della tradizione, ricevuta e interpretata fedelmente in riferimento al contesto, che non è solo storico, ma anche geografico, sociale e religioso. In tal modo è possibile evidenziare anche le diverse stratificazioni considerando gli effetti suscitati da Gesù in chi per primo ha assemblato dati concreti confluiti nelle tradizioni. Perciò, pur non volendo considerare costitutiva la fede, senza di essa risulta impraticabile un resoconto attendibile della tradizione relativa al Maestro di Nazaret. Da qui la necessaria attenzione al Gesù comune come emerge dalle tante tradizioni, un processo dinamico che non considera solo i rapporti letterari tra i testi.
Una sintetica riproposizione della tradizione di Gesù ci fa conoscere che, emerso dalla cerchia del Battista, per un certo periodo egli opera in Galilea predicando la signoria regale di Dio. Intanto si diffonde la sua fama di guaritore, celebre per gli esorcismi, e soprattutto quella di maestro i cui aforismi e parabole sanno mantenere alta l’attenzione degli ascoltatori. Ad un certo punto del suo ministero egli invita con successo a seguirlo, ma concentra il suo insegnamento su una cerchia ristretta di dodici. Consapevole della sua azione di profeta, non esita a sfidare le autorità del Tempio, le quali congiurano per consegnarlo a Pilato, il quale lo fa crocifiggere fuori delle città santa perché accusato dai sacerdoti di essere un pericoloso pretendente messianico.
Questo incontestabile nucleo centrale della biografia di Gesù supera le revisioni di chi cerca la concordanza di tutti i particolari. Ad essere rilevante non è l’attendibilità di singole sfumature, ma il fatto che uno specifico fatto o insegnamento si colloca coerentemente nel quadro generale. In tal modo è possibile asserire che questo individuo ha suscitato rilevanti effetti ed evidenti conseguenze per cui il racconto rimane valido anche se, allo stato attuale delle ricerche, non si è certi di alcuni particolari. Questo Gesù storico o storiografico, oggi obiettivo di tante ricerche, non è un Gesù oggettivo, sia esso un filosofo cinico o no, ma la persona che conserva tutto il significato e spiega in modo unico e complessivo la fede cristiana, il Cristo determinate dal punto di vista storico per la fioritura della fede nella prima generazione di seguaci.
Una ricerca con questi propositi mantiene obiettivi realistici se si considera che il Gesù che s’incontra alla fine è quello ricordato perché la tradizione su di lui mostra chiaramente come egli viene evocato nell’uso e riuso che ne fa la comunità. E’ il modo usuale di procedere nelle culture dell’oralità, contesto nel quale hanno operato Gesù ed i suoi discepoli. Quindi rappresenta la forma appropriata per cogliere l’incidenza originaria e immediata del Cristo quando la tradizione su di lui si trasmette in racconti fatti e ascoltati da testimoni oculari. In questo senso è possibile parlare di un Gesù ricordato e il modo come viene descritto diventa anche il punto più vicino al quale è possibile risalire per tracciare le caratteristiche personalidel Maestro di Nazaret, figlio di Maria.