- Si è ormai arrivati agli sgoccioli della campagna elettorale a Capaccio Paestum. Le ultime battute e scaramucce rispolverano vecchie vicende che invadono inevitabilmente il campo personale e talvolta anche quello giudiziario. Tra chi privilegia il primato del codice etico e chi quello della competenza, ne nasce un derby nel quale il vincitore esibisce il proprio attestato di onestà. Ma cos’è davvero l’onestà e quando la questione morale diventa una discriminante? Cominciamo con la percezione di questo fenomeno che varia a seconda della propria posizione e della propria convenienza. Ogni soggetto politico si sente onesto a seconda del contesto in cui opera e in cui interagisce. Inevitabilmente, poi, tutto questo si scontra con la realtà e la legge; e le vicende giudiziarie (indagini o rinvii a giudizio) sono certamente schermate dal principio di non colpevolezza, ma suscitano inevitabilmente dubbi e incertezze nel corpo elettorale. Si chiama “principio di precauzione” dal quale qualsiasi personaggio politico deve giustamente difendersi e/o ravvedersi agli occhi di chi rappresenta o ha rappresentato o che ambisce a farlo; sarebbe assurdo il contrario. Ma il confine che delimita l’onestà è malleabile e opinabile e varia a seconda, appunto, della propria convenienza: sia personale che anche da cittadino. Non esiste, purtroppo, una regola generale che delimita il confine dell’onestà e della disonestà (tranne in presenza di condanne definitive) e dunque, nel calderone delle chiacchiere, un rinvio a giudizio può diventare un’assoluzione e una indagine può diventare condanna; o viceversa. Poi bisogna avere degli elementi e delle conoscenze giuridiche abbastanza approfondite per poter sostituirsi alla giustizia. L’ideale sarebbe non candidare chi ha processi in corso sopratutto se si parla di procedimenti riguardanti la pubblica amministrazione. E qui già il concetto di onestà, o di quella percepita come tale, assume forme diverse.
Tralasciando le vicende giudiziarie ed entrando nel puro campo politico, ci imbattiamo in quella che comunemente viene chiamata “onestà intellettuale”, la più importante. Quella che traccia lo sviluppo della persona in quanto infividuo e dunque della società. Affidare i comandi di un territorio ad una classe dirigente che riesce a trasformare continuamente il proprio ideale politico e dunque sociale con estrema facilità, è anch’esso rischioso e fortemente controproducente per lo sviluppo di un territorio. Passare dalla sinistra più a sinistra della corrente PD alla destra più estremista e più radicale che l’Italia non vedeva dai tempi di Almirante, è un chiaro segnale di inaffidabilità intellettuale. Anche se è forse facilmente comprensibile, nel mondo dell’opportunismo politico, perché il cambio repentino sia combaciante col successo del partito del momento. Ma onestà intellettuale, appunto. Non potersi fidare della parola del proprio sindaco è pesante come situazione. Non riuscire a capire dove andremo domani o come ci andremo, costituisce motivo di sconforto in gran parte dell’elettorato.
Onestà: un concetto percepito che troppo spesso sfocia nell’ipocrisia e nella vanità. Ma che viene piegato, modificato e cancellato per ragion di ideale o di interesse. Che tiriamo fuori quando conviene e sopprimiamo per ragion di causa maggiore. Insomma, una Onestà Sostenibile.