On. Conte, lei si sta mobilitando per bloccare il progetto di autonomia differenziata chiesto dalle Regioni Veneto, Lombardia, Emilia Romagna e sostenuto dal Governo. Ci spiega, innanzitutto, di che si tratta?
Nella Costituzione (art. 116) nel 2011 è stata introdotta la possibilità̀ di conferire con legge “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia” alle regioni che ne facciano richiesta. L’idea nasce per rafforzare il principio di complementarietà̀ tra Stato e Regioni. Le materie che possono essere delegate “a condizioni particolari” sono le 23 elencate all’art. 117 della Costituzione: tre fra quelle di esclusiva potestà̀ statale e le venti di potestà̀ legislativa concorrente. Veneto e Lombardia richiedono espressamente tutte le 23 materie sulle quali sono attivabili le “ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia”, mentre l’Emilia Romagna limita la sua richiesta a 15.
Perché lei sostiene che è un pericolo per l’unità nazionale e per il Sud?
Perché l’insieme delle funzioni che si chiede di trasferire in via esclusiva alle regioni connotano sostanzialmente il diritto di cittadinanza, uno dei doveri fondamentali dello Stato, il patto su cui si basa l’Unità nazionale. Delegarne l’esercizio in forma disuguale per territorio, in nome di pretestuose rivendicazioni autonomistiche, significa sottrarsi a tale imperativo, vale a dire costituzionalizzare la disuguaglianza e la divisione del Paese: in particolare tra il Nord e Sud. E del resto l’art.117, lett. M) dellaCostituzionale stabilisce che prima di concedere nuove forme di autonomia alle Regioni lo Stato dovrebbe individuare i livelli inderogabili di quantità̀ e qualità̀ dei servizi offerti da garantire su tutto il territorio nazionale, i così detti LEP.
Può essere più chiaro?
Lo stato dovrebbe stabilire per legge i parametri quantitativi e qualitativi che certa prestazione sanitaria deve rispettare, a Bolzanocomea Napoli, per garantire, ad esempio, a chi si rivolge al SSN per una certa patologia uno stesso livello di cure su tutto il territorio nazionale. Sappiamo che oggi non è così e che, per offrire un livello di assistenza omogeno su tutto il territorio nazionale, alla sanita meridionale servirebbero investimenti straordinari per dotarsi di infrastrutture materiali e immateriali adeguate a fornire i stessi LEP delle regionisettentrionali, che oggi incassano centinaia di milioni (circa 400 pagati dalla sola Campania) per le cure prestate ai cittadini del Sud che si vanno a ricoverare nei loro centri specialistici. Una volta recuperato il gap iniziale, allora si che le regioni potranno invocare una gestione autonome dei servizi e delle relative risorse statali senza pregiudicare le altre regioni meno ricche. Si chiama principio di uguaglianza, ed è il fondamento del nostro stato democratico.
Le Regioni del Nord, però, insistono dicendo che l’autonomia non toglie nulla a nessuno ?
E’ una falsità. Il Governo e la maggioranza fanno circolare versioni in bozza con profili sempre diversi, apparentemente moderati, sapientemente tarati per trattenere in loco il gettito fiscale, sottraendolo alla contribuzione nazionale. Sarebbe l’annullamento della funzione redistributiva delle ricchezze svolta dallo Stato attraverso la tassazione (art.53 Costituzione). Secondo l’agenzia di rating Fitch, determinerebbe in favore di Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna un aumento di risorse a carico dello Stato di oltre il 50 % rispetto allo status quo, ovviamente in danno delle altre Regioni, come è stato notato con preoccupazione anche dal Procuratore generale presso la Corte dei Conti della Campania. La proposta, ha gravi ricadute in particolare in due settori: il Servizio Sanitario Nazionale che, se segmentato in ambiti regionali, perderebbe definitivamente i caratteri irrinunciabili di universalità̀ e unitarietà̀ nazionale, e il sistema dell’istruzione pubblica, dove la rottura dell’unità di indirizzo e di gestione metterebbe in discussione la libertà di insegnamento e il diritto di apprendimento. Si spingerebbe il Paese verso un sistema confederale nel quale alcune Regioni si fanno Stato, cristallizzando diritti di cittadinanza diversi, a seconda della residenza: avremo tante cittadinanze quante sono le Regioni, con contenuti discriminatori. Per godere di servizi adeguati non basterebbe più̀ essere cittadini italiani, bisognerebbe essere cittadini di una Regione ricca.
Perché allora alcune Regioni del Sud, tra le quali la Campania, sembrano voler raccogliere la sfida dell’autonomia differenziata?
Ritengo profondamente sbagliato la scelta di avallare le richieste di autonomia delle regioni del Nord, di fatto legittimandone la strategia. Le pur comprensibili rivendicazioni di autonomia ed efficienza amministrativa dei governatori del sud rischiano di avallare l’avvio di un processo irreversibile di rottura del Paese e la definitiva marginalizzazione del Mezzogiorno. E’ un processo politico che vieneda lontano, dalla Lega Nord di Bossi,che va avversato in maniera radicale: senza se e senza ma.
Perché non provare a cambiare le carte in tavola ?
Se sai che le carte sono truccate al tavolo non ti siedi, lo fai saltare.
Una proposta, quindi, da bocciare totalmente?
Senza Lep, la richiesta di autonomia differenziata è fuori dalla Costituzione. È una secessione mascherata.