Il bios di Gesù proposto nelle scorse settimane è un tentativo di esegesi romanzata frutto di una esperienza di ricerca che ha alternato ricordi e memoriale per riflettere sulla condizione umana e consolidare la consapevolezza che il nous da sempre è la migliore risorsa per porre fine ad ogni odissea e rendere fecondo ogni approdo che fa riscoprire le radici della fede nell’era della omologante globalizzazione. Il tentativo di riscrivere episodi e parabole evangeliche considerando il punto di vista degli apostoli e delle donne del circolo ristretto dei discepoli di Gesù ha fatto da cornice all’impegno di Tommaso, durato una settimana, di far luce dopo le prime notizie circa la Risurrezione. Paure e fantasmi s’incastonano in un quadro di vita quotidiana proposto nella sua semplicità, malgrado la drammaticità del tema. In filigrana emerge la durezza della condizione femminile, l’indifferenza di un insensibile mondo maschile, la precarietà di tante esperienze per le drammatiche condizioni che abbrutiscono il lavoro, per la povertà, l’assenza di amore e di speranza. Il tentativo di gettare un nuovo seme aiutando a trovare la verità alla fine consente di superare i limiti del contesto ricorrendo ai canoni del romanzo di formazione. Il protagonista cresce in consapevolezza e in conoscenza, impara dalle esperienze coltivate e sviluppate grazie ai dialoghi che riesce ad intessere. Così viene a capo di un destino che lo condannava a una condizione di minorità perché, rispetto ai compagni di avventura, non voleva credere. Missione di Tommaso diventa l’essere strumento angosciato ma efficace per conoscere il mistero della tomba vuota, confortato, sostenuto e aiutato in ciò dal racconto che Maria, la Madre, fa del suo Gesù proponendo un vangelo vissuto e interpretato dalla donna modello esemplare di obbedienza e di libertà. È un tesoro che non deve andare perduto o sperperato da menti incapaci di apprezzarlo e, soprattutto, poco disposte ad accoglierlo.
Didimo, alla fine della ricerca, raggiunge il culmine della propria formazione umana e spirituale trasformandosi in messaggero dell’unica vera conoscenza, la salvezza portata dall’Uomo-Dio che ha attraversato i confini della tomba vuota. Nel racconto persiste l’urgenza di non distrarsi mai perché è possibile rinvenire il tesoro soltanto dopo un’estenuante ricerca, urgenza che segna la missione e non nasconde le dinamiche insite in un’azione che suscita continue emozioni, paure e desideri. Scoperta e timidezza, passione e controllo sono amalgamati dalla determinazione, spontanea e innocente, di chi subito é disposto a credere, ma anche di chi esita perché la mente guardinga non vuole soggiacere all’illusione dopo la delusione della tragica e infamante morte del Maestro.
In riferimento alla centralità del messaggio che si è voluto enfatizzare, i personaggi appaiano pensare più di quanto agiscano, occasione per soffermarsi sul loro mondo interiore e offrire di essi un dettagliato quadro psicologico per far emergere la caratterizzazione socio-psicologica dell’ambiente nel quale operano. Un’eccessiva introspezione, estesa a tutti i componenti del gruppo, può risultare pesante, ma rimane l’intento prevalente nel rappresentare un contesto nel quale opera la cricca dei meschini e degli avidi figuri, guidati dall’ambizione personale.
Il saggio vuole essere un romanzo storico e contemporaneamente, propone una riflessione circa gli sviluppi esegetici degli ultimi anni sul caso Gesù intersecando piani temporali nel dare corpo al racconto per proporre un messaggio che attraversa il tempo e le culture e giunge ancora fresco e attuale all’oggi del lettore. A questo scopo i dialoghi dei protagonisti, che viaggiano e sostano in luoghi diversi, determinano un continuum che dall’antichità pagana, giudaica e cristiana, approda alla spiritualità odierna. Si favorisce così la ricchezza di una religiosità che fa divenire tesoro dell’umanità una piccola e sperduta comunità, sbandata perché ha perso il capo. L’affastellarsi delle vicende dovrebbe aiutare il lettore a compiere un viaggio spazio-temporale per cogliere spessore storico e identità culturale di una vicenda che lo riguarda nel suo intimo. Infatti, la scena su cui si muovono i personaggi e i motivi che spingono ad agire dovrebbero nobilitare la curiosità di chi legge per trasformarlo in custode di un tesoro posto al centro di una storia ricca e piena di fascino. Personaggi e ambiente storico-culturale sono protagonisti e comparse di un mondo da scoprire con pathos partecipativo. A volte la spiegazione storica può risultare stringata e dire troppo poco per proporre un quadro sufficiente della situazione, altre l’esposizione può risultare troppo lunga, soprattutto in termini di riflessioni teologico-culturali, col rischio d’incidere negativamente sul genere letterario prescelto. In alcune situazioni si è preferito conservare i panni del saggista rispetto a quelli del romanziere. La ricerca di Tommaso non poteva essere introdotta a piccole dosi e usata con parsimonia; brevi pennellate non avrebbero dato conto dei complessi problemi esegetici collegati al dibattito sulla tomba vuota. La resurrezione è una vicenda così sconvolgente che non può emergere soltanto dal mero racconto del fatto pur prestando particolare attenzione alle dinamiche storico-sociali della comunità. Una scelta necessaria, anche se può apparire didascalica, obbliga a trattare argomenti in genere poco noti nella loro specificità e soffermarsi con maggiore dovizia di particolari su alcune descrizioni. Palazzi, vie e piazze, emergenti come costruzione del racconto e calzanti con le esigenze narrative, anche quando hanno preso il sopravvento nel racconto, servono ad agevolare la comprensione dei fatti, riflesso di situazioni reali e rispondenti a quanto si è sperimentato nello spazio e nel tempo duemila anni fa.
Rispetto alle esigenze del romanziere e dello storico, emerge il ruolo del credente, impersonato soprattutto da Tommaso, l’uomo che spende la propria vita per mostrare lo stupore verso il messaggio evangelico, sentimento che lo trasforma nel testimone delle pagine e degli episodi più impegnativi della vita di Gesù. Le sue parole alla fine rievocano la forza del Maestro che legge dentro il suo cuore e dinanzi al quale ha paura, mostra orgoglio e procede all’auto-giustificazione che svanisce come neve al sole. A proposito della struttura dialogica la lettura agevola l’immersione nella Palestina dove, con Tommaso, s’incontrano gli altri apostoli, le discepole e Maria, la madre, nelle case, nei tuguri, durante i pranzi attorno al fuoco e ai matrimoni di povera gente e di ricchi israeliti. Si visitano le abitazioni sbirciando tra le poche cose, s’incontrano donne anziane e giovinette vestite di nero e a capo coperto, insaccate in lunghe e larghe gonne che coprono il dolore dei loro lutti; per le vie della Palestina si vedono fanciulli rincorrersi scalzi, si provano le loro angosce per le stagioni magre di pioggia e dense di tensione a causa della carestia, è possibile seguirli anche mentre a passi speranzosi si dirigono al Tempio e intonano antichi canti. Si lodano le donne e la loro forza, seguendone la sorte con partecipazione per la riconoscente e riconosciuta consapevolezza che a loro è toccato il fardello più pesante quando percorrono viottoli di campagna ricolmi di polvere e superstizioni a passi ora veloci per la paura, ora lenti per la stanchezza. Il lettore è invitato a faticare con Tommaso nel suo avanzare oltre il dubbio condividendo la responsabilità della ricerca malgrado l’angoscia del viaggio soprattutto interiore. Lo sguardo di sostegno e la comprensione di Maria incoraggiano ad andare oltre, a fare l’ultimo passo per abbracciare la verità oltre la soglia della tomba vuota. Così Didimo, assetato di conoscenza, prende in mano il suo destino per quanto sia umanamente possibile e, dati i tempi, quando chiede di annoverare definitivamente il suo nome tra i discepoli che hanno creduto. In questo senso Tommaso è davvero protagonista: non solo come personaggio di un romanzo, ma come fattivo autore della propria storia perché il filo rosso che lega discepoli e luoghi, solo apparentemente diversi, è la speranza, da intendere non come ciò che può accadere di bello domani, ma come coscienza di una certezza: avere la forza che permette di guardare al futuro con occhi sereni e coraggiosi.
La speranza s’incontra anche nel rapporto speciale che lega Gesù alla Madre e del rispetto che deriva al genere femminile. Gesù sembra esserne consapevole, e anche in ciò é rivoluzionario, nonostante la tradizione volesse le donne possesso del maschio. L’affermazione di un ruolo e di responsabilità diversi si esalta nel rapporto che intessono per cui rispondono con subitaneo trasporto e garantiscono una rete di appoggi nei suoi spostamenti, lo sostengono nelle necessità materiali, pronte per prime ad accogliere il messaggio non perché più semplici ed emotivamente condizionabili, ma perché vivono in contatto diretto con le cose essenziali della vita, come la conduzione della famiglia, il bene dei figli, la prospettiva nel guardare al mondo ridotta all’essenziale non per angustia di orizzonti, ma per la coinvolgente tensione verso i valori fondanti dell’esistenza. Le donne della Palestina di duemila anni fa non hanno difficoltà ad accogliere gli insegnamenti di Gesù perché condividono senza riserva un progetto di carità e il trasporto verso il prossimo. È sufficiente considerare i ricordi attribuiti a Maria, un quadro di sentimenti materni ed umani: dopo la gioia dell’attesa del figlio, con la rivelazione di Simeone inizia il confronto quotidiano con quel futuro di morte; ma persiste la speranza, come certezza che nulla è perduto per cui Maria non esita con fiducioso abbandono ad andare oltre quello che a tutti appare l’irreparabile.