Una festa fotocopia di tante altre, con i soliti comportamenti sdolcinati alla ricerca di pace e serenità a basso prezzo. È la Pasqua di tanti, di troppi: un pranzo insieme, un ramo di ulivo, un uovo di cioccolato, la pastiera… e il giorno dopo? Tutto come prima! Una ricorrenza che non incide sulle scelte, sugli orientamenti della nostra esistenza, che non semina nostalgia per un futuro diverso: è una parodia della festa cristiana. Intanto nessuno mette in dubbio che ci sia bisogno di un Salvatore. Nonostante si parli tanto di progresso, questa diffusa e costante aspirazione s’imbatte in una radicata esperienza d’ingiustizia per le palesi sperequazioni che determinano un’insopportabile povertà per tanti. A ciò si aggiunge la preoccupazione di preservare la pace almeno come esclusione dell’uso di armi, causa di distruzioni con un numero sempre maggiore di vittime.
Da anni qualcuno a Roma ripete che la ricetta per porre riparo a questo rischio è la civiltà dell’amore; ma non è ascoltato, come il suo Maestro duemila anni prima. Questi ha attraversato il tunnel della morte, lasciando una tomba vuota dalla quale proiettare una luce che avvolge l’umanità nel suo complesso. Ha detto di essere Lui la Via ma l’uomo segue un altro tragitto; ha detto di essere la Luce ma si continua a volgere lo sguardo altrove. Ha proclamato di essere la Verità ma se ne costruiscono altre per assecondare pervicaci egoismi; ha detto di essere la vita ma non la si cerca accontentandosi di condurre un’insulsa esistenza. Con le parole e con i fatti Egli ha dimostrato di essere il Maestro, ma lo si ascolta sempre meno per paura di compromettersi; si è proclamato amico ma non trova corrispondenza alle sue sollecitazioni. Intanto registriamo un crescendo d’infelicità, una debilitante ansia segna il nostro quotidiano; il dolore genera incontenibile angoscia. Imbocchiamo perciò il sentiero che porta alla Terra Promessa, sperimentiamo la Pasqua, celebriamo il passaggio dalla miseria alla gioia, dalla morte alla vita per riscontrare negli occhi luminosi di una umanità innocente le ragioni della speranza che non delude. Facciamo nostra l’esperienza di Pietro. Egli in pochi giorni appare radicalmente trasformato: da spergiuro diventa convinto testimone. Cosa ha determinato in lui questo radicale mutamento? Tutto inizia per un corpo assente e una tomba vuota. Ad asserirlo sono delle donne, testimoni poco credibili stando alla mentalità e alla prassi giuridica del tempo: ma proprio questo particolare rafforza la genuinità dell’evento. Un millantatore non avrebbe fatto raccontare una storia così poco credibile a chi non aveva capacità giuridica come testimone.
I protagonisti della vicenda, i quali hanno sperimentato il dramma della croce il venerdì precedente, non si aspettavano qualcosa di eclatante. Le donne attesero l’alba per completare il rito di sepoltura e, colte di sorpresa ebbero paura, non comprendendo si diedero alla fuga; avevano fissato l’entrata della tomba e notato che era aperta; dentro splendeva una luce, esperienza sconvolgente ma in loro ancora non aveva fatto evaporare la delusione. Soltanto Maria di Magdala riuscì a chiarire cosa era successo. Fu lei a scoprire, dopo le tenebre degli ultimi tre, la luce mattutina del giorno ottavo. Il suo annunzio divenne subito fonte di stupore e di meraviglia. Aveva fatto un incontro che l’aveva scossa dal torpore nel quale era precipitata al pensiero che la sua vita, dopo lo spettacolo della crocifissione, sarebbe stata per sempre buia ed arida senza l’amorevole presenza di Gesù. Nella penombra si approssimò alla tomba e rimase attonita nel vedere la pietra ribaltata. Nell’albeggiare ancora incerto, ella non distingueva nulla, non riusciva a vedere il corpo che avrebbe voluto lavare e ungere; non era più disteso dove lo avevano sistemato in tutta fretta il venerdì precedente. Decise di avvertire i discepoli. Appresa la notizia, Pietro e Giovanni corsero verso il giardino e costatarono l’assenza del corpo.
L’avventura della fede comincia da questo sepolcro vuoto, da quando, cioè, prima Maddalena, poi Giovanni e Pietro vi si sono imbattuti. La pietra è stata ribaltata e al posto di Colui che cercavano vi sono solo delle bende. È possibile incontrare il Vivente nella sua nuova vita solo se si desidera veramente cercarlo, una volta che il masso di una soddisfatta incredulità viene ribaltato. La pietra da rimuovere perché occulta Cristo è il conformismo, l’abitudine, l’indifferenza. A queste condizioni si acquista prospettiva e la capacità di scoprire il Risorto. Infatti, se la risurrezione come tale si sottrae all’esperienza della storia, essa rimanda comunque a una relazione personale con Lui; presuppone un cammino che non esclude smarrimento, perplessità e incertezze, ma, grazie alla Scritture, genera meraviglia, stupore, gioia, pace. La pietra tombale ribaltata fa saltare tutti i calcoli, le furberie, piani astuti che vorrebbero irretire l’umanità. I poteri forti vollero eliminare un personaggio scomodo, che proclamava una verità sgradita ai prepotenti. Ancora oggi Egli indica personalmente la via per evadere dalla tomba del male e approdare nella vera libertà.
La Pasqua cristiana, spartiacque della storia, comprende tre momenti: la preparazione, lo sviluppo, il compimento. Senza di essa non vi sarebbe cristianesimo, né la comunità dei credenti. Il sepolcro vuoto è solo un argomento per confermare il messaggio della Pasqua, cioè che